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Enel, i miracoli dello “spin off” conti salvati dalle energie rinnovabili

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SE IL GRUPPO È RIUSCITO A CONTENERE IL CALO DEGLI UTILI SIA NEL 2012 (SCESI DI 700 MILIONI RISPETTO AL 2011), SIA NEL PRIMO SEMESTRE DELL’ANNO (CON I PROFITTI CADUTI DELL’8,3%) LO SI DEVE IN PARTICOLARE AD ENEL GREEN POWER

Fonte: La Repubblica – Affari & Finanza

Autore: Luca Pagni

Milano Potrebbe essere il più stimolante dei paradossi: chiedere un intervento ai governi nazionali che limiti finanziariamente uno dei tuoi business principali. Eppure è quello che è accaduto alla seconda società italiana per capitalizzazione della Borsa Italiana. Nei primi giorni di settembre, il gruppo Enel è stato uno dei nove firmatari – assieme a tutti i grandi colossi europei dell’energia – del documento illustrato davanti al Parlamento europeo dall’ad di Eni Paolo Scaroni, in cui si chiede ai governi del Vecchio Continente di farla finita con gli incentivi alle rinnovabili, eolico e fotovoltaico su tutti. Il dossier è un atto d’accusa senza attenuanti: secondo la requisitoria dei nove big, gli incentivi «costano oltre 30 miliardi di euro l’anno» ai cittadini europei e «pesano per circa il 18% sulla bolletta energetica». Il loro punto di vista è comprensibile. Le rinnovabili – oltre alla recessione – sono una delle cause del crollo di redditività delle utility in tutta Europa. Un successo che costringe le aziende a chiudere centrali a gas (ma non il carbone, perché più vantaggioso economicamente) e a diminuire il flusso di utili ai soci. Eppure, sono state proprio le rinnovabili, con la loro crescita inarrestabile, a salvare una buona parte dei bilanci degli stessi gruppi che le mettono sul banco degli imputati. A cominciare proprio da Enel, il cui spin off Enel Green Power non solo è diventato una delle blue chip di Piazza Affari ma ha assunto sempre più peso all’interno del conto economico dell’ex monopolista italiano. Lo si vede chiaramente dai numeri. E viene sottolineato dalla stessa relazione alla semestrale delle due società. Se Enel è riuscita a contenere il calo degli utili anche sia nel 2012 (in calo di 700 milioni rispetto all’anno precedente), sia nel primo semestre dell’anno (con i profitti scesi dell’8,3%) lo si deve in particolare ai settori distribuzione, mercato e proprio alle rinnovabili. Non solo: guardando la tabella comparata dei risultati di Enel e della sua controllata (dopo la quotazione ha mantenuto il 70% del capitale) gli analisti fanno notare come il peso dell’utile netto di Egp sul totale del gruppo sia in costante crescita. Era meno dell’8% nel 2009, l’anno dello sbarco a Piazza Affari, è diventato il 17% nel semestre che si è appena concluso. E lo stesso vale per la redditività, che ormai ha raggiunto il 10% del totale del gruppo. Se ne sono accorti i fondi di investimento che, dopo un periodo in cui sono rimasti freddi sul titolo (era arrivato al minimo storico appena sopra l’euro per azione) dal marzo scorso è tornato sopra il livello della quotazione, a quota 1,6 euro. Del resto, lo si vede anche dai report degli analisti: negli ultimi dodici pubblicati, non c’è una indicazione sell( vendere), ma ci sono tre suggerimenti buy ( acquistare), mentre gli altri sono sostanzialmente convinti che l’attuale livello raggiunto dalle quotazioni corrisponda ai valori finanziari. Non rischia allora Enel Green Power di essere danneggiata dall’iniziativa in Europa da parte dei big dell’energia? Non è d’accordo l’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti. Il quale ad Affari & Finanza spiega che la strategia della società è stata quella di crescere il più possibile lontano dagli incentivi. «Siamo convinti – sostiene il manager – che le rinnovabili siano in grado di camminare con le proprie gambe e che gli incentivi debbano essere pochi, ben mirati e a supporto delle tecnologie meno mature. La formula vincente – prosegue – è quella della diversificazione geografica e tecnologica e della relativa flessibilità dei nostri investimenti, che sono mirati a paesi dove la grande disponibilità di risorse naturali rende competitiva la nostra fornitura di energia, a fronte di un rapido aumento della domanda dovuto a una forte crescita economica e demografica, in un contesto politico-istituzionale stabile». Ed è proprio così? I bilanci degli ultimi tre anni rivelano che il peso degli introiti da incentivi sul totale del fatturato varia a secondo dei periodi dal 20 al 25% del totale: mentre guardando il piano industriale del triennio, l’amministratore delegato di Enel Green Power, Francesco Starace, e i suoi manager hanno individuato nuova aree di sviluppo dove gli incentivi rappresentano solo una minima parte dell’appeal finanziario. Privilegiando, invece, i mercati con maggiori possibilità di sviluppo. Per questo motivo, sono state escluse aree come Cina e India. La prima perché è un mercato molto presidiato dai produttori locali e in cui è difficile entrare. La seconda per le carenze delle infrastrutture. Al massimo, ci potrà essere uno sviluppo nel Far East, ma di sicuro non a breve. Il nuovo fronte di sviluppo riguarderà così la Turchia, una delle nazioni a maggiore crescita nonostante il rallentamento degli ultimi mesi. Ma soprattutto l’Africa. In particolare, l’area politicamente più stabile e che offre maggiori opportunità: in sostanza, tutto il quadrante sud-est, dal Kenia al Mozambico fino a scendere in Sud Africa.