L’efficienza energetica è ormai ritenuta il modo più efficace per ridurre la spesa energetica e le emissioni di gas serra. Una delle tecnologie che si sono sviluppate nel nostro Paese, con punte d’eccellenza come in Toscana, è quella del teleriscaldamento: sono quasi 3 milioni gli abitanti equivalenti (utenze domestiche, terziarie e industriali) che usufruiscono di servizi di teleriscaldamento e/o raffrescamento, che hanno permesso a famiglie e attività di risparmiare in bolletta e di ridurre inquinamento e emissioni. Secondo il rapporto “Teleriscaldamento in Italia – Stato attuale e potenzialità di sviluppo”, presentato oggi da Associazione Italiana riscaldamento urbano (Airu) e Legambiente, si tratta di «risultati importanti che ci confermano quanto sia interessante questa direzione per ridurre la domanda di energia per riscaldamento e raffrescamento, in particolare se legati a interventi sugli edifici e sui quartieri, anche perché è qui la quota più rilevante della spesa energetica delle famiglie e quella in maggiore crescita nei consumi dei diversi settori».
Il teleriscaldamento o riscaldamento urbano a rete, che consiste nella distribuzione di acqua calda o surriscaldata a mezzo di reti interrate, destinata al riscaldamento degli edifici ed alla produzione di acqua calda igienicosanitaria è presente soprattutto nei centri urbani ubicati in aree climatiche fredde. «Ad oggi – sottolinea il rapporto – il teleriscaldamento è presente in dieci regioni italiane: tutte quelle del nord escluso il Friuli, e in tre del centro Italia: Toscana, Lazio e Marche, con 192 reti al servizio di 150 centri urbani, con 291 milioni di metri cubi serviti, pari al 6% del fabbisogno totale termico nazionale. Il 62% della volumetria teleriscaldata serve edifici residenziali con oltre 182 milioni di metri cubi, il 35% edifici di tipo terziario con 101 ,5 milioni di m3 e il 3% il settore industriale con 8,2 milioni di metri cubi tele riscaldati».
Attualmente sono 70 i Comuni teleriscaldati con l’uso di fonti rinnovabili con 88 reti, «concentrati in Toscana dove è ricca la risorsa geotermica e in Trentino Alto Adige, dove sono noti gli impianti a biomassa. 59 sono invece i comuni che ospitano nel proprio territorio le 72 reti alimentate da una sola tipologia di combustibile come gli impianti cogenerativi fossili, caldaie, centrali termoelettriche e recupero di calore da termovalorizzatori; 21 quelli con impianti alimentati da un mix di combustibili, fossili più recupero di calore e fonti energetiche rinnovabili».. il 67% della potenza totale utilizzata è costituita da impianti di cogenerazione alimentati da combustibili fossili, con 2.120 MWt (megawatt termici), mentre il resto è coperto da impianti di cogenerazione che utilizzano «fonti energetiche rinnovabili e rifiuti solidi urbani per 615 MWt e da produzione termica semplice da fonti rinnovabili termiche per il 13%. Circa l’1% della potenza installata appartiene invece alla categoria delle pompe di calore ad alta temperatura».
Katiuscia Eroe, dell’ufficio energia di Legambiente, spiega: «Abbiamo realizzato questo rapporto congiunto Airu – Legambiente per contribuire a una discussione che riteniamo fondamentale sulla prospettiva delle reti che vanno nella direzione di città sempre più efficienti e smart. L’obiettivo è di far comprendere il funzionamento di questi impianti e le possibilità che possono offrire per il nostro paese e nelle diverse realtà. Il teleriscaldamento potrebbe arrivare fino a coprire una percentuale molto più elevata del fabbisogno termico nazionale, ma per questo dobbiamo fare finalmente della riqualificazione energetica la priorità nei prossimi anni, in modo da ridurre la domanda di riscaldamento, che è la principale spesa delle famiglie, e soddisfarla con le tecnologie e i sistemi più efficienti».
La segretaria generale di Ariu, Ilaria Bottio, sottolinea che «l’idea di redigere insieme a Legambiente il rapporto Il teleriscaldamento in Italia – stato dell’arte e prospettive di sviluppo nasce con l’obiettivo di unire due esperienze e metodologie, e quindi di raccontare e fotografare lo sviluppo delle grandi e piccole reti di teleriscaldamento in Italia, mettendo in luce gli aspetti energetici e quindi ambientali tramite l’uso di mappe intelligenti Ma lo stato dell’arte non basta. Interessante è l’analisi delle possibilità di sviluppo che potrebbe avere questa infrastruttura se debitamente sostenuta. Infatti, seppur degna di rispetto ad ogni tale tecnologia soddisfa solo il 6% del fabbisogno nazionale di domanda per riscaldamento, mentre dalle valutazioni, seppur parametriche, si potrebbe arrivare ad un 25% . Il pregio del teleriscaldamento e quindi suo intrinseco valore è proprio di collettare tutte le risorse energetiche disponibili sul territorio e di veicolarle verso l’utenza potenziale».
Per Legambiente e Airu «occorre guardare al teleriscaldamento come a una opportunità per l’Italia con potenzialità importanti in particolare nelle aree urbane e in quei territori compresi nelle fasce climatiche E ed F. La forza di queste reti sarà soprattutto nella capacità di dimostrare quanto possano essere convenienti in termini energetici e ambientali, perché oggi sono tante le tecnologie efficienti ma abbiamo bisogno di attente analisi rispetto ai risultati ambientali e economici delle diverse soluzioni per capire anche le politiche più efficaci per spingere questa prospettiva (incentivi, credito agevolato, fondo per l’efficienza energetica, ecc.). Questa è, del resto, anche la prospettiva spinta dalla direttive europea sull’efficienza energetica, dove si propone di partire dalle analisi dei costi-benefici ambientali ed economici per individuare le soluzioni possibili e quindi gli interventi capaci di recuperare sprechi nei sistemi produttivi e energetici».