Avrà visto che recentemente sono nate polemiche riguardo al tema della salute, con la contestazione dello studio epidemiologico che la Regione ha richiesto all’Ars e che questa agenzia ha svolto assieme al Cnr. Lei che idea si è fatto?
«Non sono certo un esperto in epidemiologia ma noto che sia stato realizzato uno studio importante e utile. Si farebbe però un errore a sottovalutare alcune criticità di questo territorio che bisogna continuare ad approfondire e che nello studio, si sostiene, non siano in relazione con l’attività geotermica. Su questi temi, che vanno al cuore delle preoccupazioni dei cittadini, è bene continuare studi e approfondimenti per avere un confronto trasparente. Inoltre l’esperienza che mi deriva dall’essere quotidianamente in giro per il Paese, mi porta ad avere ben chiaro quali sono davvero le situazioni in cui si può avere un quadro penalizzante per la salute legato all’attività presente sul territorio, senza che nemmeno vi siano controlli di alcun tipo. Va sottolineato che la mole di studi che ha richiesto la Regione Toscana, sia per gli aspetti ambientali che sanitari, sono una vera eccezione nel resto del panorama nazionale e non vi sono motivi per pensare che le università e gli istituti che li hanno realizzati si siano prestati a nascondere qualcosa. Anzi credo che una conoscenza così approfondita di quest’area, sia sulle matrici ambientali che sanitarie, possa essere un ottimo punto di partenza per migliorare un’attività che – ripeto – deve essere migliorata in tutti i suoi aspetti ma che sarebbe sbagliato abbandonare, anche alla luce di quanto sta avvenendo in questo periodo sull’altra sponda del Mediterraneo che ci dimostra quanto sia necessario affrancarsi dalla nostra attuale dipendenza dalle fonti fossili. E l’unica risposta credibile, basta guardare ai Paesi europei più avanti come la Germania, è quella di puntare su un modello energetico diffuso, che integri le più efficienti tecnologie con la produzione da fonti rinnovabili nei territori e negli edifici.»
Il Piano nazionale redatto dal Ministero dello Sviluppo, che declina le modalità attraverso le quali il nostro paese parteciperà al raggiungimento dell’obiettivo comunitario del 20% di energia da fonti rinnovabili al 2020, che per l’Italia vale il 17% dei consumi lordi, delinea le principali linee d’azione per ottenere questi obiettivi che si articolano attraverso la governance istituzionale e le politiche settoriali.
La prima richiede il coordinamento tra la politica energetica e le altre politiche (industriale, ambientale e quella della ricerca per l’innovazione tecnologica) e la condivisione degli obiettivi con le Regioni, con la definizione di un burden sharing regionale che ancora però non sono stati definiti; riguardo alle politiche settoriali si prevedono interventi calibrati al peso di ciascuna area sul consumo energetico lordo complessivo.
Tra questi rientrano i consumi finali per riscaldamento/raffrescamento, che pur rappresentando una porzione molto rilevante dei consumi finali a livello nazionale, sono coperti in maniera assai minima attraverso l’utilizzo delle fonti rinnovabili, tra cui la geotermia.
È possibile quindi – alla luce di quanto prevede il Piano nazionale e delle caratteristiche del nostro territorio pensare di implementare l’uso della geotermia prioritariamente su questo settore?
«La geotermia ha avuto storicamente nel nostro paese un utilizzo, quasi esclusivo, per la produzione di energia elettrica. Se questa prospettiva aveva senso in passato oggi diventa fondamentale valorizzare anche la componente termica per l’importanza che ha rispetto ai complessivi consumi di energia. Oltretutto ci sono possibilità molto interessanti di sfruttare la cogenerazione, ovvero la possibilità di utilizzare il calore che deriva dalla produzione di elettricità per il riscaldamento o il raffrescamento, in sostituzione di altri sistemi che utilizzano fonti fossili e inquinanti. Questa strada va percorsa con grande decisione, per recuperare sprechi energetici oggi insopportabili, valorizzare il calore attraverso reti di teleriscaldamento o per utenze industriali. Questo per la geotermia “tradizionale”, perché oggi ci sono possibilità importanti di sviluppo nella media e bassa entalpia, che è ancora pochissimo esplorata nel nostro paese, mentre invece potrebbe permettere di valorizzare potenzialità importanti, soprattutto se integrata con impianti a pompe di calore. Oggi sono sempre di più le tecnologie e le possibilità per cui diventa interessante una prospettiva di valorizzare la geotermia in maniera assai più diffusa di quanto è stato fatto sino ad ora, che in pratica si è limitata ad alcuni Comuni della Toscana perché lì erano presenti i maggiori giacimenti»
Dove tra l’altro si stanno registrando insofferenze da parte della popolazione che mettono in dubbio, in alcuni casi, anche il fatto che la geotermia sia da inserire tra le energie rinnovabili.
«La geotermia è una fonte di energia rinnovabile, ma come per tutte le altre fonti rinnovabili questo non la rende automaticamente esente da possibili impatti e rischi. Per questo motivo vanno considerate con attenzione le aree e le possibilità di utilizzo, ma in ogni caso stiamo parlando di impatti sicuramente meno gravi di quelli che può determinare in termini locali e globali l’uso del carbone o di altre fonti fossili, senza considerare scorie e impatti di una centrale nucleare. E’ importantissimo considerare con attenzione tutti i motivi di preoccupazione ambientali e i possibili impatti, per affrontarli, ridurli e individuare mitigazioni e compensazioni necessarie come prescrivono le Direttive europee. E poi occorre investire nelle migliori tecnologie per ridurre emissioni in atmosfera, sia inquinanti che olfattive, e qualsiasi impatto sulla falda idrica dovuto a perforazioni e estrazioni, in modo da rispondere alle preoccupazioni dei cittadini che vivono nelle aree di maggior sfruttamento della geotermia, come sono quelle toscane. E’ rispetto a queste garanzie, che in passato sono state in alcuni casi generiche, e all’informazione che scontiamo i maggiori ritardi e anche i motivi di diffidenza di una parte della popolazione. »
Sta quindi dicendo che Enel avrebbe potuto investire di più per ambientalizzare le sue attività di sfruttamento geotermico?
«In passato come per tante attività industriali nel nostro Paese la produzione e il lavoro sono venuti prima delle preoccupazioni ambientali, e vale anche per un attività ultracentenaria come la geotermia. Ma certamente l’accordo firmato da Enel con la Regione Toscana, siglato poi dai territori presenti nelle aree geotermiche, è un segnale positivo. Così come la recente legge che – nei fatti – apre il settore della geotermia anche ad altri operatori, e che spinge la ricerca e l’adozione di tecnologie a minor impatto sull’ambiente e sulla popolazione»
Ma sarà sufficiente questo a rendere più accettabile la geotermia da parte di chi vive nei territori dove sono agli impianti?
«Questi sono passi imprescindibili per dare un messaggio ai territori dove la geotermia c’è o dove potrebbe esserci: regole chiare e obiettivi fissati dalla Regione, criteri entro cui le imprese debbono lavorare. Poi bisogna creare le condizioni per cui valorizzare le possibilità che questo settore ha di creare occupazione nuova, nella ricerca applicata (anche nella riduzione delle emissioni), nella gestione di questi processi nei territori. Se si legano poi le opportunità dell’alta a quelle della bassa entalpia in termini di sviluppo, ricerca, lavoro si può fare di questo territorio una punta avanzata a livello europeo del nuovo scenario delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. Non è una strada semplice ma vale la pena percorrerla, ragionando altresì di come contemperare in un territorio ricco dal punto di vista geotermico le potenzialità di produzione di energia elettrica e termica con quelle turistiche. Che significa obiettivi di tutela ma anche del nuovo indotto che può creare l’uso dei vapori caldi con il turismo termale. Curare di più e meglio questi aspetti, oltre ripeto all’attività prioritaria della riduzione dei possibili impatti, potrebbe a mio avviso creare una maggiore accettazione tra la popolazione»