Energia. Un settore che nei prossimi anni è destinato ad avere un peso determinante nelle esportazioni italiane
Il vento soffia a nord. La Danimarca accelera sulle energie rinnovabili, con uno fra i traguardi più ambiziosi mai fissati sulla sua agenda: indipendenza dagli idrocarburi entro il 2050, con rinnovabili al 100% sia nella produzione elettrica che nell’industria dei trasporti. Un miracolo? Più che altro, l’ultima sfida di un paese che ha bruciato le tappe e fa della sua policy verde una delle architravi nella programmazione economica nazionale.
Le imprese italiane entano in gioco con macchinari e componentistica, voci di peso in una bilancia commerciale che vede l’Italia come settimo fornitore su scala mondiale dopo le più prevedibili Germania, Svezia, Paesi Bassi, Cina, Regno Unito e Norvegia. Secondo dati forniti al Sole 24 Ore dall’Ambasciata Italiana in Copenhagen, l’export Italia-Danimarca si è avvicinato «ai livelli del 2008» da gennaio a settembre 2014, con un rialzo dell’8% sullo stesso periodo del 2013. E se l’interscambio aveva toccato i 3 miliardi di euro nel pre-crisi, quello messo a segno nei primi nove mesi dell’anno appena chiuso potrebbe raggiungere un avanzo di 500 milioni di euro: 2,5 miliardi di euro di esportazioni contro i “soli” 2 di importazioni in arrivo da Copenhagen.
Il Made in Italy si gioca le sue carte, con le immancabili “f” di food e fashion in cima alla liste dei prodotti più ancorati al marchio nazionale. Ma se si parla di energia eolica e solare? L’Ambasciatore italiano in Danimarca, Stefano Queirolo Palmas, parla di un rapporto «in crescita» tra i due paesi: se le rinnovabili trainano, l’impresa segue: «Gli spazi per le imprese italiane in questo settore di punta dell’economia danese sono molto ampi, ed aumenteranno nei prossimi anni – dice al Sole 24 Ore Queirolo Palmas – Nella filiera energetica sono già in essere numerose joint ventures tra imprese danesi e imprese italiane, che possono vantare un ottimo know how in materia di risparmio energetico e utilizzo di nuove fonti, fino al trattamento rifiuti».
Già oggi il 40% delle rete elettrica danese si regge su fonti rinnovabili. Ma è il principio stesso di sostenibilità che si allarga oltre alla “sola” selezione di materie prime: «La sostenibilità è poi qui vista in maniera integrata, per cui non mancano gli spazi per edilizia a basso consumo, cemento e materiali da costruzione ecologici ed isolanti, district heating and cooling, domotica, applicazioni informatiche di servizio alla smart/soft mobility» spiega l’Ambasciata. Insomma: porte aperte a start up, imprese e innovazioni di prodotto nel risparmio energetico.
La Danimarca, del resto, offre condizioni per il business che le regalano i primissimi gradini nel podio in tutti i ranking internazionali sulla “facilità di fare affari”: Banca Mondiale, Forbes, classifiche comparative sulla “felicità” dei lavoratori. Le ragioni? Corruzione ai minimi – primo paese al mondo nel Corruption Perception Index 2014 -, regole semplici per la registrazione delle imprese, contenziosi di breve durata. Il quadro si chiude con un’apertura internazionale che trasforma la penisola in un gateway per la Scandinavia (Norvegia, Svezia, Finlandia) e il resto del mondo. L’inglese, parlato fluentemente, amplia le opportunità di partnership internazionali e l’accesso di personale qualificato.
Gli incentivi fiscali, ideati dal governo per attrarre talenti esteri, facilitano l’ingresso di ricercatori e professionisti nelle aziende danesi con aliquote scontate per i primi cinque anni di residenza. Agostino Re Rebaudengo, presidente di Assorinnovabili, conferma come gli obiettivi di Copenhagen siano una «grande opportunità» per le società italiane del filone: «In genere le aziende italiane nel settore delle rinnovabili sono presenti più nelle componenti che nei prodotti finiti – spiega Re Rebaudengo – . Gli obiettivi danesi spingono la domanda e la ricerca sugli “smart meter”, i contatori intelligenti, e sistemi di gestione delle reti. Una delle caratteristiche fondamentali per poter sviluppare le cosiddette smart grid».
Certo: la spinta danese andrebbe rinforzata anche in Italia, con un’azione ben definita per le imprese che guardano a nord e al resto d’Europa nell’evoluzione del mercato energetico. «Sarebbe un’opportunità più grande se il nostro paese ci credesse e anticipasse degli obiettivi ambiziosi: se l’Italia credesse un po’ di più, stabilisse una road map intelligente, il caso della Danimarca sarebbe un ulteriore booster nel settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica».