Home Cosvig Dalle canne alla cellulosa tanti scarti fanno energia è un miracolo della...

Dalle canne alla cellulosa tanti scarti fanno energia è un miracolo della chimica

427
0
CONDIVIDI

L’ITALIA È ALL’AVANGUARDIA. ENZIMI INGEGNERIZZATI PER TRATTARE SVARIATI TIPI DI RESIDUI E TRASFORMARE IN ALCOOL GLI ZUCCHERI CONTENUTI NELLE BIOMASSE VEGETALI CON COSTI COMPETITIVI RISPETTO ALLA PRODUZIONE DA FOSSILI

Fonte: La Repubblica – Affari & Finanza

Autore: Valerio Gualerzi

Narra il mito che l’avido re Mida, conquistatosi la riconoscenza di Dioniso, chiese al dio di ricevere in dono la capacità di trasformare in oro ciò che toccava. Tutto andò bene finché non venne l’ora di mangiare. A quel punto il sovrano della Frigia si rese conto che rischiava di morire di fame visto che anche il cibo diventava oro. Pentitosi, Mida si precipitò nuovamente da Dioniso implorandolo di essere privato del potere magico. Un apologo che ancora ai giorni nostri è in grado in insegnarci qualcosa, come ci dimostra la rivoluzione in corso nell’industria dei biocarburanti. La smania del profitto ci ha spinto a trasformare mais, grano, colza e canna da zucchero in diesel e benzina. Il cibo mutato oro, anche se oro nero. Nei soli Stati Uniti circa il 40% del raccolto di granturco è servito nel 2010 a produrre 49 miliardi di litri di etanolo. A salvarci da questa follia, che negli anni scorsi ha contribuito a far impennare il prezzo dei generi alimentari gettando nella miseria fette crescenti di popolazione mondiale, non sarà una divinità dell’Olimpo, ma la ricerca nel campo della chimica, arrivata finalmente ad una svolta. Negli ultimi dieci anni i progressi del biotech hanno consentito infatti di selezionare microrganismi in grado di trasformare in alcool gli zuccheri contenuti nelle biomasse vegetali con costi competitivi rispetto alla produzione da fossili. Più recentemente, con enzimi ingegnerizzati ad hoc, si è giunti inoltre ad estrarre zuccheri dalla cellulosa di vegetali non utilizzati nell’alimentazione umana o animale per ottenere biocarburanti di seconda generazione. Uno dei primi passi di questa rivoluzione è stato mosso proprio in Italia dove la Mossi e Ghisolfi, assumendo un centinaio di persone, ha appena ultimato un impianto per la produzione di 45 mila tonnellate l’anno di bioetanolo ottenuto da scarti di coltivazione e piante come la canna dei fossi che possono crescere senza sottrarre terreno alle colture alimentari. «E’ una fabbrica dimostrativa dove utilizziamo paglia, paglia di riso e canna comune, la arundo donax, coltivata entro un raggio di 70 km», spiega il portavoce dell’azienda Andrea Bairati. «Le conoscenze per ottenere questa conversione chimica sono consolidate, ciò che ancora mancava erano gli strumenti per renderle valide commercialmente », sottolinea Raffaele Ragucci, dell’Istituto di Ricerche sulla Combustione del Cnr di Napoli. «Possiamo stimare che la potenzialità di questa biomassa trasformata in bioetanolo sia annualmente intorno ai 300 GJ per ettaro. Possiamo bruciarlo per produrre corrente o scaldarci, oppure miscelarlo con la benzina. Pensare di sostituire con questo biofuel i nostri consumi è azzardato, perché occorrerebbe una distesa di oltre 4 milioni di ettari, ma arrivare a coprire il 10% del fabbisogno è possibile», aggiunge. «Non puntiamo a produrre biocarburante in proprio, ma a vendere la tecnologia», chiarisce Bairati. L’Italia, grazie anche alla partnership con i danesi di Novozymes, una volta tanto è all’avanguardia. Il resto del mondo è costretto a inseguire. Sperimentazioni e realizzazioni di fabbriche pilota sono in corso un po’ ovunque. «Il nostro prodotto — dice ancora Bairati — è competitivo economicamente rispetto sia ai processi di prima generazione, sia al petrolio, anche se il prezzo del greggio si attestasse a 60 dollari al barile. Inoltre anche il bilancio energetico è estremamente positivo visto che pur tenendo conto dei costi di lavorazione, consumando un litro di bioetanolo di seconda generazione si emette circa il 60% di CO2 in meno rispetto alla benzina». Un risultato decisivo per farsi trovare in regola con gli obblighi imposti dall’Ue per il 2020 quando benzina e gasolio dovranno essere miscelati con almeno il 10% di biocarburanti di seconda generazione in grado di far risparmiare almeno il 60% delle emissioni. C’è poi un altro aspetto che fa fregare le mani ai pionieri come Mossi e Ghisolfi. Ciò che resta della lavorazione necessaria a produrre etanolo è infatti la lignina, materiale dal quale si possono ricavare molti intermedi chimici di vasto utilizzo.