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Dalle biomasse alla geotermia: la strada è breve grazie ai turbogeneratori ORC

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I turbogeneratori ORC utilizzano il ciclo Rankine a fluido organico: utilizzati nel campo delle biomasse si prestano bene all’utilizzo della fonte geotermica a media entalpia.

Fonte: Geotermia News

Autore: Redazione

Il ciclo Rankine a fluido organico (ORC) è simile a quello utilizzato da una tradizionale turbina a vapore, eccetto per il fluido di lavoro che, in questo caso, è un fluido organico con elevata massa molecolare.

La scelta del fluido è effettuata in funzione della temperatura della sorgente termica a disposizione in modo da ottimizzare il rendimento del ciclo termodinamico.
Gli impianti ORC sono sistemi che permettono la produzione contemporanea di energia elettrica e termica messa a disposizione sotto forma di acqua alla temperatura di 60-90 °C.

L’impianto ORC è sostanzialmente composto da una pompa, una turbina e alcuni scambiatori di calore: il fluido di lavoro organico viene vaporizzato mediante l’utilizzazione di una sorgente di calore nell’evaporatore. Tale evaporato si espande nella turbina, attraversa un rigeneratore e viene quindi condensato utilizzando un flusso di acqua in uno scambiatore di calore. Il liquido condensato viene pompato nel rigeneratore dove viene preriscaldato dal fluido uscente dalla turbina e poi nell’evaporatore chiudendo il ciclo. L’utilizzo del rigeneratore non è strettamente necessario, ma permette un aumento del rendimento dell’impianto.

Generalmente questi impianti sono impiegati per la produzione di energia da biomassa solida o utilizzano calore di risulta di processi industriali o di recupero da motori primi, ma possono essere utilmente impiegati anche nel settore della geotermia a media entalpia.

A questo sta, infatti, puntando una società italiana attiva dal 1980 nella produzione di turbogeneratori ORC utilizzati principalmente per gli impianti a biomasse, con l’ambizione di triplicare il fatturato aziendale da qui al 2015.

La logica di offrire impianti di piccola taglia personalizzati sulle caratteristiche del luogo ha, infatti, permesso alla società di muoversi nel settore geotermico, fino a oggi presidio di aziende dotate di know how tecnologico finalizzato alla realizzazione di grandi impianti da 40/50 MW.

Questi grandi gruppi operano in Paesi dove il geotermico è ormai consolidato, come USA, Islanda, Nuova Zelanda e Indonesia, ma adesso l’area di sviluppo più interessante è laddove, come in Germania, Slovacchia, India e Kenya, la risorsa geotermica è a temperature più basse o dove comunque è più difficile trovare acqua calda sotterranea facilmente accessibile.

Ma anche l’Italia potrebbe rivelarsi un mercato molto interessante in questo particolare settore.

Secondo le stime presentate da Alessandro Sbrana dell’Università di Pisa, al convegno “Geotermia: bassa e media entalpia”organizzato da CoSviG nell’ambito di Energethica le prospettive di sviluppo della geotermia a media entalpia potrebbero essere, infatti, molto interessanti.

«Sulla base dei permessi di ricerca richiesti dalle principali compagnie energetiche con capacità tecnico-economiche robuste e quindi in grado di esprimere competenze idonee per affrontare gli aspetti tecnologici delle ricerche geotermiche -aveva spiegato- è possibile stimare che in un arco temporale breve la potenza installata potrebbe raggiungere i 600Mwe».

Basandosi su questa stima, gli investimenti attesi, secondo l’opinione dell’accademico pisano, sarebbero complessivamente nell’ordine di 3 miliardi di euro entro il 2020, compresi gli investimenti necessari per porre in opera le centrali a ciclo binario di taglia medio-piccola (1-5 MWe) calcolati pari a 4-6 milioni di Euro per MWe installato.

Dunque un mercato molto appetibile per le aziende che producono turbogeneratori ORC -tipicamente gli impianti utilizzabili per produrre elettricità e calore dalle risorse geotermiche a media entalpia- e che, infatti, non sembrano essersi lasciati scappare le opportunità che il settore potrebbe offrire.