In altri termini, il nuovo paradigma della Green Economy sembra non conoscere la tradizionale frattura tra Nord e Sud Italia e per certi versi riconciliare il Paese.Di seguito la sintesi dei principali risultati.
Secondo un focus di approfondimento sul “Mix di energie rinnovabili nelle regioni italiane” (idrico, eolico, fotovoltaico, geotermico, biomasse), elaborato da Fondazione Impresa, Sardegna, Molise e Basilicata producono energia elettrica attraverso il mix migliore di energie rinnovabili.
INDICE DI GREEN ECONOMY (IGE)
Allo scopo di comprendere lo stato della Green Economy in Italia, Fondazione Impresa ha elaborato uno specifico Indice di Green Economy (IGE) quale acquis di conoscenze comuni fruibili dagli attori economici e politici di Green Economy. L’IGE definisce una graduatoria sullo stato dell’arte dell’economia verde in Italia sulla base di nove indicatori di performance che descrivono business prioritari (energia elettrica da fonti rinnovabili, agricoltura biologica), abitudini verdi (raccolta differenziata e smaltimento dei rifiuti), efficienza energetica (valore aggiunto prodotto/consumi totali di energia).
- Produzione di energia elettrica da fonti idriche. Le regioni settentrionali si distinguono per la produzione di energia elettrica da fonti idriche. I primi tre posti nella classifica relativa a questo specifico indicatore sono infatti occupati nell’ordine da Valle d’Aosta (24.657 KWh pro-capite), Trentino Alto Adige (9.684 KWh pro-capite) e Friuli Venezia Giulia (1.707 KWh pro-capite).
- Produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non idriche (eolico, solare, geotermico, biomasse). Le regioni meridionali recuperano nell’indicatore sulla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non idriche. Toscana (1.534 KWh pro-capite), Molise (1.427 KWh pro-capite), Basilicata (986 KWh pro-capite), Puglia (659 KWh pro-capite), Sardegna (651 KWh pro-capite) e Calabria (616 KWh pro-capite) occupano i primi sei posti nella classifica relativa a questo specifico indicatore, dimostrando un impegno considerevole nello sfruttamento efficace delle risorse e delle caratteristiche morfologiche dell’area.
- Agricoltura biologica. Le regioni meridionali eccellono negli indicatori relativi all’agricoltura biologica. Si posizionano nei primi sei posti della classifica relativa agli operatori (agricoltori, trasformatori, commercianti) attivi nella partita del biologico, Basilicata (569,3 operatori/100 mila abitanti), Calabria (326,2), Puglia (153,8), Umbria (149,3), Sicilia (147,1) e Marche (144,8). Si posizionano, inoltre, nei primi sei posti della classifica relativa alla superficie destinata all’agricoltura biologica, Basilicata (20,7 superficie di agricoltura biologica/SAU), Calabria (17,7), Sicilia (16,5), Lazio (11,8), Toscana (11,8) e Puglia (11,7).
- Raccolta differenziata. Rispetto all’indicatore sulla raccolta differenziata, i primi sei posti della classifica sono occupati da Trentino Alto Adige (56,8%/totale rifiuti urbani), Veneto (52,9%), Piemonte (48,5%), Lombardia (46,2%), Emilia Romagna (42,7%) e Friuli Venezia Giulia (42,6%), testimoniando un forte impegno degli enti locali nello sviluppo di politiche pubbliche di tutela dell’ambiente e la buona risposta da parte dei cittadini alle stesse.
- Efficienza energetica. Rispetto all’indicatore sull’efficienza energetica, Molise (14,1 €/KG di petrolio equivalente), Lazio (13,7), Calabria (12,9), Campania (12,9), Liguria (11,6) e Lombardia (10,3) occupano i primi posti della classifica italiana. Le migliori prestazioni delle regioni meridionali sono da imputarsi anche alla storica caratteristica di essere economie meno industrializzate e di conseguenza meno “energivore”. Sulle regioni settentrionali grava viceversa la maggiore industrializzazione, rendendo prioritari tutti gli interventi capaci di incentivare una migliore efficienza energetica dei sistemi di produzione e degli usi privati e abitativi.
“MIX DI ENERGIE RINNOVABILI NELLE REGIONI ITALIANE”
Fondazione Impresa ha calcolato l’incidenza nelle regioni italiane della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, distinguendo tra fonti idriche, eoliche, fotovoltaiche, geotermiche e biomasse.
Il mix migliore è quello di Sardegna, Molise e Basilicata. In Sardegna, fatta cento la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, l’incidenza dell’idrico è del 28,1%, dell’eolico del 47,0%, del fotovoltaico del 2,1% e delle biomasse del 22,9%. Nel Molise, l’incidenza dell’idrico è del 35,8%, dell’eolico del 41,5%, del fotovoltaico dello 0,4% e delle biomasse del 22,3%. In Basilicata, l’incidenza dell’idrico è del 38,9%, dell’eolico del 42,7%, del fotovoltaico del 2,3% e delle biomasse del 16,1%.
- A sfruttare le fonti idriche sono le regioni settentrionali: qui andiamo dagli 87,7 punti percentuali della Lombardia ai 99,8 della Valle d’Aosta. Si distinguono anche Umbria (90,0%), Abruzzo (87,4%), Lazio (83,2%), Marche (78,9%), Liguria (65,9%), Calabria (60,1%).
- A sfruttare le fonti eoliche sono le regioni meridionali e centrali. In particolare, Sicilia (85,2%), Puglia (62,6%), Campania (51,2%), Sardegna (47,0%), Basilicata (42,7%), Molise (41,5%). Nelle regioni settentrionali l’incidenza dell’eolico è inferiore all’1% e in alcune regioni pari a 0 (Valle d’Aosta, Lombardia, Friuli Venezia Giulia); si distingue la sola Liguria con un’incidenza pari all’8,1%.
- Le biomasse sono sfruttate maggiormente dalle regioni meridionali e centrali. In particolare, Emilia Romagna (56,4%), Puglia (33,8%), Calabria (25,1%), Liguria (24,8%), Sardegna (22,9%), Molise (22,3%), Marche (16,7%), Basilicata (16,1%). Fanalino di coda sono Valle d’Aosta (0,1%) e Trentino Alto Adige (1,0%).
- Fotovoltaico e geotermico sono fonti rinnovabili di energia ancora poco diffuse tra le regioni italiane. A produrre energia elettrica da geotermico è infatti la sola Toscana (82,7%). Viceversa, tutte le regioni italiane stanno sperimentando la produzione di energia elettrica da fotovoltaico, la cui incidenza rimane, tuttavia, inferiore ai 2 punti percentuali. Si distinguono Marche (4,4%), Puglia (3,5%), Lazio (2,4%), Basilicata (2,2%), Emilia Romagna (2,1%), Sardegna (2,0%).
“Da un paio di anni leggiamo di “Rivoluzione Verde”. E, in effetti, la Green Economy rappresenta un vero e proprio salto di paradigma e non la semplice affermazione di una nuova branchia ma pur sempre dell’economia tradizionale. Ma è anche vero – sostengono i ricercatori di Fondazione Impresa – che lo è meno nella pratica. Gli attori di Green Economy – le istituzioni politiche, le imprese, le associazioni di categoria, gli istituti e i centri di ricerca fino ai singoli individui – dovranno necessariamente innestarsi nell’attuale tessuto economico e tener conto dell’esistente. È auspicabile gestire la Green Economy come una riforma graduale e incrementale piuttosto che come una rivoluzione. Essa, infatti, è tutt’altro che un colpo di spugna che cancella l’esistente: è lì che deve innestarsi, attraverso azioni di accompagnamento capaci di sfruttarne gli “incuneamenti interstiziali”, e gli attori di Green Economy dovranno sviluppare azioni di riconversione dell’offerta, della domanda, della formazione e dell’occupazione. È solo investendo nella creazione e nella promozione di nuovi business, nello sviluppo e la ricerca di nuove tecnologie, nella sensibilizzazione di cittadini e consumatori, nella formazione di professionisti e professioni verdi, i cosiddetti green jobs, che possiamo vincere la sfida della Green Economy e assicurare un ambiente migliore e sostenibile alle future generazioni, anche quale exit strategy dalla crisi economico-finanziaria”.
Indice di Green Economy – Studio sulla Green Economy in Italia