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Da Irena la ROADMAP al 2050 per limitare le emissioni inquinanti in atmosfera

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La tabella di marcia per raggiungere un importante obiettivo dell’accordo di Parigi 2015 sul clima

Fonte: Arpat

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Le misure per limitare l’aumento della temperatura globale media entro i 2° C al 2050, rispetto ai livelli preindustriali, non sono ancora sufficienti per realizzare quello che può essere considerato uno dei pilastri dell’accordo sul clima sottoscritto a Parigi nel 2015.

Ad oggi, le politiche attuali e pianificate non garantiscono la riduzione delle emissioni cumulative, che entro il 2050 dovrà essere di almeno 470 giga tonnellate (Gt).

Per realizzare la transizione energetica verso un sistema a basse emissioni è unanimamente riconosciuto che occorra puntare di più sull’efficienza energetica e sullo sviluppo delle energie rinnovabili che, insieme, possono ridurre di oltre il 90% le emissioni di CO2.

Utilizzando le nuove tecnologie sicure, affidabili e sempre più accessibili, la quota totale di energia prodotta da fonti rinnovabili dovrà essere adeguatamente incrementata per passare dal 15% circa della fornitura totale di energia primaria del 2015 al 60% nel 2050, pari a circa due terzi del totale finale dei consumi. Nel contempo sarà anche necessario ridurre l’intensità energetica dell’economia globale di circa due terzi, sempre al 2050.

Planning for the global energy transformation

Per centrare questi obiettivi entro il 2050, l’Agenzia internazionale energie rinnovabili IRENA(International Renewable Energy Agency) ha realizzato una tabella di marcia globale. Il Rapportofornisce un’analisi dettagliata dello stato di fatto e del progetto per accelerare la transizione individuando, in particolare, 6 aree chiave:

  1. attivare sinergie tra sviluppo di rinnovabili e efficienza energetica. I responsabili delle politiche governative dovrebbero combinare l’efficienza energetica con l’uso di energia rinnovabile, per esempio prevedendo l’uso di tecnologie rinnovabili nella ristrutturazione di edifici pubblici o adottando sistemi combinati di calore ed elettricità, sempre alimentati da rinnovabili, per il recupero del calore di scarto da utilizzare poi in impianti industriali o edifici commerciali e residenziali;
  2. pianificare i sistemi di alimentazione. I sistemi di alimentazione stanno cambiando ad un ritmo mai visto rispetto agli ultimi cento anni. Tali sistemi dovrebbero essere alimentati da rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico, ma per far questo i responsabili politici dovrebbero pianificare e adottare misure adeguate a sostenere gli investimenti in infrastrutture e tecnologie intelligenti quali, per esempio, batterie, ricariche intelligenti per veicoli elettrici, banche dati, ecc., che hanno il potenziale per ottimizzare l’uso estensivo delle energie rinnovabili e distribuire energia. Fondamentale anche promuovere l’uso di sistemi sensibili al tempo per riscaldare, raffreddare o produrre energia e assorbire le eccedenze di produzione adottando sistemi e modelli innovativi che migliorino la flessibilità e incentivino il sistema, come centrali elettriche virtuali o forme innovative di accordi per l’acquisto di energia;
  3. incrementare l’uso dell’elettricità nel settore dei trasporti, negli edifici e nell’industria. Questa misura porterebbe sostanziali guadagni in termini di efficienza e una vasta gamma di altri vantaggi, tra i quali la riduzione dell’inquinamento atmosferico nelle città. Le azioni politiche in questo settore dovrebbero favorire la sostituzione delle tradizionali tecnologie basate sui combustibili fossili con veicoli elettrici, sistemi a pompa di calore e stufe elettriche e facilitare l’integrazione di rinnovabili nel settore energetico. Lo sviluppo delle nuove tecnologie della comunicazione dell’informazione e la digitalizzazione dei sistemi potrebbero, per esempio, aiutare a gestire la domanda per ridurre i picchi di consumi, diminuire la necessità di investire in capacità di potenza e abbattere i costi operativi;
  4. innovazione dei sistemi. L’innovazione ha svolto un ruolo chiave nella transizione energetica, in particolare nel solare e nell’eolico. Per accelerare la transizione energetica, i governi dovrebbero sostenere la formazione di una coalizione per la transizione energetica che riunisca paesi e regioni e guidi lo sviluppo di strategie di transizione energetica a lungo termine. Oltre ad aumentare gli investimenti del settore pubblico in ricerca, sviluppo e dimostrazione, occorre rafforzare i programmi internazionali per definire un’agenda comune per l’innovazione tecnologica, realizzare più progetti dimostrativi bilaterali e multilaterali, finanziati pubblicamente o privatamente, e programmi pilota per testare le tecnologie innovative. Tali programmi internazionali dovrebbero incoraggiare e armonizzare lo sviluppo degli standard tecnici e di qualità dei vari paesi, facilitare gli scambi transfrontalieri e lo scambio di tecnologie innovative in tutti i settori, in particolare in quelli più rilevanti che includono le industrie ad alta intensità energetica come quelle per la produzione di ferro, acciaio e cemento e dei trasporti.
  5. allineare con la transizione le strutture socio economiche e gli investimenti. Il successo della transizione energetica e il rispetto degli accordi climatici richiedono un rapido aumento degli investimenti nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica in tempi brevi. Il sistema finanziario ha bisogno di essere allineato con i più ampi requisiti di sostenibilità e di transizione energetica. Una mobilitazione tempestiva degli investimenti richiede di individuare nuove fonti di finanziamenti. Oltre a quelli tradizionali, quali investitori istituzionali, fondi pensione, compagnie assicurative, dotazioni e fondi sovrani, è importante ricercare nuovi strumenti nel mercato dei capitali, come ad esempio le obbligazioni verdi. In questa ottica resta essenziale anche la stabilità e la certezza dei quadri normativi di sostegno. Per esempio, le tasse sul carbonio, insieme all’eliminazione dei sussidi per i combustibili fossili, non solo fornirebbero un contributo importante per la decarbonizzazione dell’economia, ma potrebbero anche generare ulteriori flussi di entrate che potrebbero essere utilizzati per aumentare gli investimenti nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica, allineando meglio le infrastrutture e l’economia generale con gli obiettivi climatici e, nel contempo, sostenere strategie di transizione equa per i paesi con maggiori difficoltà;
  6. assicurare a tutti i paesi sostegno, ripartizione dei costi e dei vantaggi. Sebbene la transizione energetica prometta un miglioramento del PIL, benefici per l’occupazione e il benessere, questi vantaggi non possono essere uniformi per tutti i paesi. Alcuni possono ottenere vantaggi e guadagni sostanziali da queste misure; altri, come quelli le cui economie dipendono fortemente dalle esportazioni di combustibili fossili, si troveranno invece a dover affrontare diverse criticità. In questi ultimi, molti posti di lavoro legati ai combustibili fossili andranno persi, anche se nel bilancio complessivo e a medio termine si dovrebbe registrare un numero maggiore di posti di lavoro connessi allo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. In particolare, nella transizione energetica, gli esportatori del Medio Oriente e alcune zone dell’Africa e della Russia avranno meno PIL e meno crescita dell’occupazione rispetto alla normale attività commerciale; per contro paesi con un buon sviluppo delle industrie e dei servizi trarranno un beneficio significativamente maggiore rispetto a quelli che dipendono dalle importazioni. La transizione energetica genererà esiti disomogenei per compensare i quali saranno necessarie misure di adeguamento. In questa ottica il concetto di transizione giusta ed equa assume una grande importanza. Diffondere ampiamente i benefici della transizione e limitare le eventuali difficoltà socioeconomiche di alcuni paesi diventa essenziale non solo per questioni di equità, ma anche per limitare la probabilità che quelli che si attendono impatti negativi si oppongano alle politiche necessarie per rendere le economie mondiali meno impattanti sul clima.

C’è poi il tema dell’accesso universale all’energia: una transizione può essere considerata equa nella misura in cui cerca anche di ridurre le divergenze storiche nei livelli di accesso all’energia e completa solo quando i servizi energetici saranno universalmente disponibili.

Nei paesi svantaggiati i governi devono attuare una serie di politiche in grado di rispondere alla dinamica economica innescata dalla transizione, attraverso strumenti quali l’accesso preferenziale al credito, alla terra e agli edifici, anche attraverso la formazione di incubatori economici e associazioni di imprese.

Un altro elemento critico riguarda le politiche di istruzione e formazione, compresa una valutazione dei modelli occupazionali e profili di abilità nelle industrie in crescita e in declino e in che modo i lavoratori potrebbero essere riqualificati. Poiché la riqualificazione e gli aggiustamenti richiedono tempo e non sempre hanno successo, c’è anche bisogno di prevedere un sostegno intermedio e misure di protezione sociale.

In tale scenario complesso tutti i governi devono avvicinarsi alla transizione considerandone le implicazioni e gli effetti a micro e macro livelli. Per una transizione giusta ed equa devono essere create tutte le condizioni che consentano a individui, comunità e regioni che appartengono ad un sistema di energia a combustibile fossile di partecipare pienamente ai benefici della transizione.