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Costo degli incentivi alle fonti rinnovabili: l’Aper dà i numeri

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In un recente studio l’Associazione dei Produttori di Fonti Rinnovabili (Aper) prova a fare chiarezza su quali sono i costi attuali e quali saranno alla data del 2020 gli oneri per incentivare le energie pulite

Fonte: Rinnovabili & Territorio

Autore: Redazione

La crescita della produzione da fonti rinnovabili, ha portato con sé anche una notevole produzione di stime sui costi necessari a sostenerne lo sviluppo, costi che sono ripartiti nella bolletta degli utenti elettrici.

Cifre che, a detta di Aper, sono generalmente sovra-dimensionate e , comunque, quasi mai supportate da analisi chiare.

Primo scopo di questo lavoro è, allora, quello di fare chiarezza su quali sono oggi e quali saranno alla data del 2020 i costi dell’incentivazione alle fonti rinnovabili e “se per quanto riguarda il costo attuale non possono esservi grossi dubbi, sia per la notorietà dei fattori, sia per il lavoro ricognitivo periodicamente svolto da Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas e del Gestore dei Servizi Energetici -dicono da Aper- la stima dei costi al 2020 lascia maggiori spazi per il confronto”.

Margini che comunque “non sono di un’ampiezza tale da poter giustificare la pubblicazione di stime tanto divergenti quanto quelle che, oramai quasi quotidianamente, si leggono sui quotidiani di settore e, negli ultimi tempi, anche sulla stampa generalista”.

Si parte dall’analizzare le numerose –e spesso poco chiare all’utente- componenti della bolletta: “si tratta –spiega Aper- degli incentivi e delle rendite per le fonti assimilate, grande anomalia nazionale, per varie categorie di produzione esentate dall’acquisto dei Certificati Verdi, per la chiusura delle 4 centrali che hanno animato la breve ma costosissima stagione nucleare italiana, per la mera disponibilità di alcuni consumatori a vedersi interrompere la fornitura, senza che ciò di fatto accada mai, per l’acquisto di energia dall’estero a prezzi scontati mediante interconnessioni che ancora non esistono”.

A questi costi, più o meno giustificati, non si affiancano mai, inoltre, i benefici che derivano dallo sviluppo delle fonti rinnovabili, sicuramente difficili da sistematizzare: “non è facile dare un valore economico al maggior grado di sicurezza degli approvvigionamenti, alla diminuzione dell’emissione di NOx, SOx, polveri sottili, al minor numero di decessi riconducibile a tali agenti, alla diminuzione dei costi connessi alla tutela della salute. Diversi studi, primo tra i quali un impact assessment della Commissione Europea, l’hanno fatto, associando ad uno scenario di sviluppo delle fonti rinnovabili una diminuzione di costi già di per sé più che sufficiente a bilanciare gli oneri dell’incentivazione“.

Senza comunque avventurarsi in valutazioni di complessa analisi, sarebbe forse già sufficiente –sottolinea l’associazione- limitarsi a verificare gli effetti sui mercati dell’energia elettrica per trovare un saldo positivo tra costi e benefici delle rinnovabili.

Intanto il tema delle emissioni di C02 e dei costi ad esse sono legati: dal 2013 la totalità delle emissioni climalteranti dovrà esser pagata da chi le produce con effetti che si ripercuoteranno sui prezzi dell’energia. La valorizzazione del ruolo di produzione “carbon free” delle fonti rinnovabili consentirà ai consumatori di risparmiare diversi miliardi di euro da qui al 2020.

Inoltre, si sta affacciando da tempo il tema dell’influsso che le rinnovabili hanno sull’abbassamento dei prezzi nei mercati elettrici (merit order effect): tema questa già noto nei mercati del Nord Europa, ancora poco affrontato in Italia dove comunque le stime riportano che almeno il 20% del futuro valore dei costi di incentivazione potrà essere ripagato mediante la riduzione dei prezzi sui mercati.

In definitiva, per poter compiere scelte su come proseguire con lo sviluppo delle rinnovabili per il raggiungimento degli obiettivi al 2020, è necessario effettuare un’ analisi di tutti gli elementi di costi e di benefici ad esse collegate.

E questo è quanto ha cercato di fare Aper giungendo alla conclusione che “il saldo è ampiamente positivo e che, ora più che mai, le rinnovabili rappresentano una formidabile opportunità di sviluppo per il paese”.

Vediamo allora questi dati.

Nell’ultimo anno per il quale sono disponibili dati a consuntivo, il 2010, l’insieme degli strumenti di sostegno per i produttori di energia rinnovabile ha comportato un costo complessivo di poco inferiore ai 3,7 miliardi di euro, corrispondente a circa 12 €/MWh corrispondenti a una spesa annua per famiglia di poco più di 32 euro.

Secondo Aper l’effettivo costo gravante sui consumatori è stato con tutta probabilità inferiore, dal momento che l’utilizzo di una logica di cassa (come quella usata nella determinazione delle componenti tariffarie) posticipa di qualche mese la traslazione dei costi sui consumatori.

Guardando ai benefici della produzione FER sul mercato elettrico nell’anno 2010, in primo luogo gli oltre 75 TWh da fonti rinnovabili non hanno comportato alcun onere relativo all’acquisto di quote CO2.

Se non vi fosse stato l’apporto delle FER -solo nel 2010- si sarebbero avuti costi aggiuntivi per circa 530 milioni di euro, pari a oltre 4,6 euro per famiglia.

Inoltre la partecipazione al mercato elettrico delle FER caratterizzate da costi marginali prossimi a zero (soprattutto l’eolico e il fotovoltaico) ha comportato, per via del merit order effect, un abbassamento sui prezzi del mercato elettrico all’ingrosso.

Un risultato che si è conseguito soprattutto nelle isole (e in particolare in Sicilia) ma con contributi apprezzabili anche a livello nazionale, con risparmi nell’ordine dei 400 milioni di euro.

Contemporaneamente, il costo complessivo degli oneri gravanti sulla bolletta e connessi al sostegno di soggetti diversi dai produttori di rinnovabili, hanno superato i 3 miliardi di euro, per un costo annuo per una famiglia tipo di quasi 27 euro.

Da questa analisi emerge che, in caso di raggiungimento degli obiettivi FER individuati dal Piano Nazionale discendente dalla Direttiva clima-energia, almeno il 30% del quantitativo di incentivi rilasciati nel periodo 2010-2020 verrebbe “ripagato” dalle fonti rinnovabili all’interno delle dinamiche del mercato elettrico.

Il raggiungimento di tali obiettivi, inoltre, potrebbe generare investimenti per un valore compreso tra 48 e 90 miliardi di euro, con i quali si creerebbe un valore aggiunto tra 5,9 e 9 miliardi e occupazione per un totale compreso tra 210.000 e 250.000 unità.

Ad uno scenario che non prevede invece alcuna crescita delle fonti rinnovabili a partire dall’anno 2012 , a fronte di circa 22 miliardi totali di mancati costi per l’incentivazione di nuova produzione da FER, corrispondono invece circa 15 miliardi in più di costi sui mercati elettrici, dovuti al maggiore numero di quote di CO2 che sarebbe necessario acquistare e al minor impatto del merit order effect a fronte di risparmi complessivi sull’utenza finale, sul periodo 2011-2020, pari a 7 miliardi di euro.

A tale risparmio però si contrapporrebbero circa 100.000 unità di occupati in meno, nonché una riduzione della creazione di valore aggiunto tra i 3,5 e i 7 miliardi di euro complessivi e una riduzione del totale degli investimenti in nuova generazione rinnovabile compresi tra 30 e 70 miliardi di euro.

Da considerare, inoltre, che la Commissione Europea stima per uno scenario simile (di stop anziché di pieno sviluppo delle FER) costi aggiuntivi in misure ambientali per circa 20 miliardi di euro, nonché maggiori costi di import per petrolio e gas naturale per valori compresi tra 30 e 45 miliardi di euro complessivi.

Il bilancio complessivo dello sviluppo delle rinnovabili così come previsto per raggiungere gli obiettivi europei al 2020, risulta quindi più che positivo, bilancio in cui i costi di politiche di incentivazione sono superati da benefici (per lo più mancati costi) che si manifestano all’interno dei segnali dei prezzo e che pertanto trovano la loro ragione di esistere al di là del beneficio ambientale e di salute connesso alle produzioni FER.