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Costi di dispacciamento: davvero è tutta colpa delle rinnovabili?

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Nell’aggiornamento di luglio abbiamo visto in bolletta un aumento dei costi di dispacciamento, necessari a mantenere in equilibrio il sistema. Per l’AEEGSI è dovuto alle rinnovabili non programmabili, ma abbiamo scoperto che non è esattamente così e che questi costi si potrebbero ridurre senza penalizzare eolico e fotovoltaico

Fonte: QualEnergia.it

Autore: Alessandro Codegoni

Di fronte alla netta riduzione (-7%), rispetto al precedente trimestre, del costo all’ingrosso dell’elettricità, che rappresenta circa la metà del costo finale del kWh in Italia, ci si aspettava a luglio la buona novella di una riduzione della bolletta elettrica. E invece è arrivata la doccia fredda del bollettino AEEG del 27 giugno: mentre il gas scendeva nettamente (-6,5%) il costo del kWh restava fermo. Le ragioni? La principale è un adeguamento, evidentemente molto sostanzioso, dei costi assicurativi che l’Acquirente Unico (la società pubblica che acquista l’elettricità per i 26 milioni di utenti con tariffe tutelate, fuori quindi dai nuovi contratti privati di fornitura) sostiene per garantirsi da improvvisi balzi in su del costo dell’elettricità, un aumento assicurativo difficile da comprendere in un periodo che vede dal 2012 un calo continuo dei costi sarebbe come se l’RCA auto aumentasse a fronte di una riduzione degli incidenti automobilistici.
Ma la seconda misura citata è ancora più curiosa: un balzo del 5,8% dei costi di dispacciamento, quelli che il distributore in alta tensione, Terna, sostiene per far sì che l’elettricità arrivi ovunque, esattamente nelle quantità richieste momento per momento, per evitare black out. L’AEEGSI indica subito come responsabile di tale aumento, indovinate un po’ le rinnovabili non programmabili (eolico e solare), sia perché costringono Terna ad acquistare più costosa energia "virtuale" da tenere in riserva per compensare gli sbalzi imprevedibili di sole e vento, sia per gli effetti di una recente sentenza del Consiglio di Stato sugli sbilanciamenti causati dall’eolico.
Abbiamo chiesto a Terna come abbia fatto il dispacciamento ad aumentare così tanto, visto la sostanziale paralisi di nuove installazioni, sia di eolico che di FV. E a Terna sono abbastanza caduti dalle nuvole. «Mah, precisiamo subito – ci ha spiegato una fonte interna a Terna, che non vuole comparire – che i costi veri e propri di dispacciamento pesano sulla bolletta elettrica per circa il 5% del totale: quindi un suo aumento del 5,8% corrisponde a circa un +0,3% finale sul costo, da confrontare con il calo del Pun del 7%, che da solo farebbe scendere la bolletta di circa il 3%. La variazione del dispacciamento nell’ultimo trimestre, è quindi quasi irrilevante. Inoltre ho detto veri e propri’, perché nel dispacciamento, come noto, finiscono varie voci più o meno proprie: per esempio il costo degli interconnector, circa 500 milioni annuidi sconti sull’elettricità che già anticipiamo ai privati che stanno finanziando nuove connessioni elettriche con l’estero. E, nonostante questo, i costi del dispacciamento sono passati fra 2008 a 2014 da 2,8 a 2 miliardi di euro, grazie, me lo lasci dire, a una sua gestione sempre più intelligente».
Ok, ma all’AEEG dicono che le rinnovabili vi hanno obbligato ad aumentare ulteriormente l’acquisizione di riserve per bilanciare la loro intermittenza «Sì, anche se le installazioni crescono poco, la produzione da sole e vento continua lentamente ad aumentare, perché gli ultimi impianti sono più efficienti e c’è stato anche qualche revamping di vecchi impianti. Inoltre questo si incrocia con un calo dei consumi, solo la chiusura di Alcoa in Sardegna, per dire, li ha fatti calare di 2 TWh annui, quindi l’intermittenza agisce su una base più ridotta e si fa più sentire, al momento di compensarla. Quindi un piccolo aumento dei costi del dispacciamento per queste ragioni c’è stato, ma la ragione principale dell’ultimo aumento è un’altra: tramite questa voce,abbiamo dovuto restituire a molti produttori eolici e fotovoltaici, il denaro che avevano dovuto pagare per oneri di sbilanciamento, che recentemente il Consiglio di Stato ha deciso fossero illegittimi»
Prima di affrontare questo secondo capitolo, può essere interessante cercare di stimare quanto costi in un anno ripianare gli extracosti causati al dispacciamento dalle energie rinnovabili non programmabili. In questo ci può aiutare l’ultimo rapporto Irex, pubblicato dalla società Althesys nel maggio scorso, che ha un capitolo dedicato a questo argomento. «E’ un calcolo non facile da fare – spiega il professor Alessandro Marangoni, curatore del report – visti i molti fattori, sia nella domanda che nell’offerta, che, variando, possono incidere sui costi del dispacciamento. Nel rapporto abbiamo comunque cercato di stimare l’impatto di solare ed eolico, partendo da quanto, nel 2013, le previsioni fatte sulla loro produzione, non siano state poi rispettate: in totale lo scostamento è stato di 4,7 TWh. Si tratta di una percentuale pari a circa il 13% dell’elettricità prodotta dalle due fonti, all’1,7% del totale italiano e al 18% dei volumi che vengono scambiati sul mercato del dispacciamento. Quest’ultimo valore va però ridotto all’11,7%, considerando la compensazione fatta su questi errori, da quelli nel calcolo della domanda». Ma non si può passare dalle percentuali ai milioni di euro? «No, perché alcuni di quegli errori di previsione sono in eccesso e altri in difetto, e sono avvenuti in giorni e ore diversi, tutte cose che influiscono fortemente sul costo delle misure per compensarli. Per fare un calcolo attendibile occorrerebbero molti più dati che, al momento, pare nessuno abbia» Quindi i famosi extracosti da rinnovabili sul dispacciamento restano un mistero (in)glorioso tutti li citano, nessuno sa quanti siano.
Ma veniamo al secondo, e principale, corno dell’aumento del costo del dispacciamento nell’ultimo trimestre, i rimborsi da pagare a seguito della sentenza del CdS. «Nel 2012 – ci spiega il presidente dell’Anev, l’associazione dell’eolico italiano, Simone Togni – l’AEEG ha emesso la delibera 281, con cui imponeva alle fonti non programmabili, di pagare gli errori fatti sulla previsione della produzione. In soldoni l’eolico doveva pagare le stesse penalità che si applicano alle centrali a gas o carbone, se non rispettano quanto hanno promesso di produrre, perché in questi casi costringono Terna ad acquistare più della costosa energia di riserva. Noi avevamo già fatto presente che era una norma assurda e punitiva, in quanto la tecnologia non ci consente ancora, con le 24 ore minime di anticipo, di sapere esattamente quanto produrrà un impianto eolico o solare, e avevamo quindi avanzato la controproposta di limitare le sanzioni di sbilanciamento solo ai casi in cui gli errori vadano al di là di quanto i migliori modelli matematici a disposizione permettono di ridurli. Ma non c’è stato nulla da fare. Così abbiamo fatto ricorso al Tar, che nel 2013 ci ha dato ragione. L’AEEG, però, ha impugnato la sentenza davanti al Consiglio di Stato, che, qualche mese fa, ha ribadito che fonti come l’eolico, possono essere chiamate a rispondere degli sbilanciamenti, solo nei limiti di quanto consentono le tecnologie di previsione attuali. Così ora ci devono restituire tutti i soldi indebitamente presi in questi anni, 3-400 milioni, più gli interessi, mentre il sistema non ha neanche incassato quelli che proponevamo noi, circa 100 milioni. Adesso l’AEEG ha fatto circolare una bozza di consultazione per la nuova norma (qui, ndr) che, da settembre, sostituirà la 281/2012. Leggendola, però, sembra che siano intenzionati ancora a ignorare la nostra proposta, ricadendo nell’errore già bocciato da Tar e Consiglio di Stato. Se la norma dovesse essere quella, quindi, sappia l’AEEG che noi rifaremo ricorso, ma stavolta, se perderanno di nuovo, gli chiederemo anche i danni patiti».
Ma non potreste ricorrere agli accumuli, per ridurre questi costosi sbilanciamenti? «La tecnologia è ancora troppo immatura: oggi un sistema di accumulo adeguato alla potenza, costerebbe più dello stesso impianto. Ci sarebbe però una strada molto più semplice per evitare molti di questi costi di sbilanciamento: ridurre l’anticipo con cui dobbiamo comunicare l’ultima stima di produzione, dalle attuali 24 ore a poco prima dell’immissione in rete». Ma ce la farebbe Terna ad adattarsi con un preavviso così ridotto? «Certo che sì, siamo nel XXI secolo, tutte queste comunicazioni vengono già fatte per via telematica e dei software adattano in tempo reale domanda e offerta elettrica. Del resto solo noi in Europa chiediamo ancora una giornata di anticipo, in Inghilterra, per esempio, sono già a solo un’ora. Se la imitassimo, la previsione dalle centrali a fonti non programmabili diverrebbe estremamente precisa e gli sbilanciamenti che Terna dovrebbe compensare molto minori, facendo risparmiare centinaia di milioni di euro a tutti. Sono tre anni che AEEG sta "riflettendo" su questa modifica, ma finora non se n’è saputo nulla, e mi chiedo perché. A chi giova mantenere la situazione in questo stato, pretendendo previsioni impossibili dagli operatori delle fonti non programmabili, gonfiando il mercato dello sbilanciamento e finendo poi per scaricare i costi di inefficienze ed errori sulla bolletta elettrica che paghiamo tutti?»
C’è poi da notare che si attendono da tempo anche variazioni alle norme che definiscono gli impianti elettrici in grado di partecipare al mercato stesso del dispacciamento, oggi limitato solo alle grandi centrali termiche ed idroelettriche, in modo che vi possano entrare anche singoli grandi impianti a rinnovabili, o aggregazioni di impianti più piccoli. La partecipazione a questo mercato, che richiede affidabilità e programmabilità, ma paga il MWh quasi il doppio del PUN, aiuterebbe la costruzione in futuro di nuovi impianti solari o eolici senza incentivi, spingendo anche i proprietari a dotarli di sistemi di accumulo singoli o in comune a più impianti, così da renderne programmabile la produzione e risolvere alla radice il problema dei relativi costi di dispacciamento.
Purtroppo invece di spingere solare ed eolico a migliorarsi, usando provvedimenti a costo zero, pare si preferisca tentare di penalizzarli e bloccarli, forse sperando che spariscano nel nulla, come un brutto sogno.