Produrre da energia alternativa il 40%
dei consumi entro il 2020: non sono gli obiettivi dell’Ue ma quelli
del comune di Correggio (Reggio Emilia) che il prossimo sabato,
inaugurerà Eva, una centrale che sfrutterà soprattutto l’energia
solare e le biomasse per produrre elettricità e calore da destinare
alla rete Enel dal teleriscaldamento. Un primo passo per realizzare
un “distretto energetico” – arricchito da un’altra decina
di micro-centrali a fonte rinnovabile, su tutto il territorio
comunale – capace di produrre ogni anno147 milioni di kilowattora
l’anno.
Eva (Energia valore ambiente) –un
sistema integrato con pannelli fotevoltaici,: pannelli termici per
produrre acqua calda, un’ impianto geotermico, impianti a biomasse e
cogeneratori a olio vegetali e biogas – permetterà di risparmiare
2.500 tonnellate equivalenti di petrolio. Il suo costo è stato di
6,2 milioni, interamente finanziato dalle banche. Il progetto
complessivo del “distretto energetico” dovrebbe costare
invece 60 milioni. «La parte redditizia dell’investimento – spiega
Davide Vezzani, il direttore di En.Cor l’azienda del comune per la
realizzazione del piano – è quella legata all’energia elettrica
mentre il teleriscaldamento è un modo per recuperare il calore
che verrebbe comunque prodotto e offrire un servizio ai cittadini.
L’investimento si dovrebbe recuperare in circa 15anni».
«Eva – spiega il sindaco di Correggio,
Marzio Iotti – è prima di tutto una centrale di produzione di
energia da fonti rinnovabili, ma vuole essere anche un luogo di
conoscenza, sperimentazione, divulgazione e sviluppo di tutte le
tecnologie che sul nostro territorio sono realmente attivabili».
Infatti, all’interno della centrale ci sarà anche un’aula
didattica.
Le tecnologie di Eva infatti sono
innovative, ed è già stato predisposto lo spazio per testare
le novità del mercato fotovoltaico, dalle celle amorfe al fIlm
sottile. Sono inoltre presenti tre tecnologie di sfruttamento delle
biomasse, il biogas che viene dai liquami degli allevamenti, la
massificazione della cellulosa prodotta da boschi del Comune e l’olio
vegetale di Jatropha, che viene invece da piantagioni del Senegal
gestite direttamente dal comune tramite una società locale.
«Volevamo – puntualizza Mezzani – che i materiali non fossero
sottratti all’alimentazione e il più possibile di recupero: saranno
utilizzate le potature delle vigne, gli scartii degli allevamenti
mentre i boschi sono a crescita veloce. Per quanto riguarda
la cooperazione col Senegal questa ha diversi vantaggi: ci permette
di avere olio pulito ed energetico, portare lavoro e reddito in
Africa e contribuire a creare la barriera verde contro l’avanzata del
deserto del Sahara».