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Cop21 non sufficiente a contenere l’ innalzamento della temperatura terrestre

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L’Ue vuole eliminare la priorità di dispacciamento delle rinnovabili. Nuovo colpo di coda dell’industria fossile per affossare il settore delle rinnovabili?

Fonte: Anev

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Il quotidiano The Guardian ha ricevuto un documento riservato sulla base del quale l’Unione Europea starebbe prendendo in considerazione la possibilità di eliminare la priorità di dispacciamento delle energie rinnovabili nella rete elettrica, nella nuova Direttiva Europea prevista per la fine dell’anno.

Una tale notizia, qualora venisse confermata, risulterebbe fortemente in contrasto con la posizione assunta dal Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, in occasione della ratifica dell’Accordo di Parigi da parte del Parlamento Europeo avvenuta un mese fa, che voleva l’UE come leader mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici.

Inoltre prendendo in considerazione le ultime dichiarazioni dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, secondo le quali nel corso del 2015 è stata superata stabilmente la soglia delle 400 parti di CO2 per milione (ppm) in atmosfera e, a fronte dell’andamento degli ultimi anni, sembra che con ampia probabilità si arriverà nel 2030 a raggiungere la soglia delle 450 ppm, considerato come limite per contenere l’aumento delle temperature a 2° C.

A lanciare il monito è anche l’UNEP, organizzazione dell’ONU, che in un recente report ha avvertito i leader globali sulla scarsa incisività delle attuali politiche climatiche e ha rappresentato che con gli impegni assunti alla COP21 di Parigi le temperature aumenteranno di 3°C rispetto ai valori pre-industriali.

Sulla base di questi dati, la Cop21 risulta peraltro già di per sé insufficiente, sia per gli obiettivi non abbastanza spinti, sia per mancanza di strumenti coercitivi per gli stati (ad esempio non è stato istituito un Ente terzo di controllo).

In questo contesto se fosse vera l’indiscrezione del The Guardian ci troveremmo di fronte ad un ulteriore passo indietro rispetto alla lotta ai mutamenti climatici, con una politica schizofrenica che da un lato individua obiettivi e dall’altro non consente di raggiungerli. L’eliminazione della priorità del dispacciamento sarebbe in effetti un ulteriore colpo al settore delle rinnovabili e renderebbe vani tutti gli sforzi passati e presenti per la lotta al cambiamento climatico, mettendo in seria difficoltà il settore delle energie rinnovabili, che sulla base di questa norma ha modulato i propri investimenti.

Pensare, proprio alla vigilia dell’adozione della nuova Direttiva Europea sulle Rinnovabili, di ridurre i costi dell’energia andando a penalizzare lo stesso settore delle Rinnovabili sarebbe un controsenso e sarebbe in contrasto con gli impegni pubblicamente assunti dall’UE. Tra l’altro il voler penalizzare le FER da un lato facendo finta di non vedere quelli che sono i veri oneri e balzelli che gravano sul settore energia dall’altro è un ulteriore indizio di chi stia ispirando queste politiche. Infatti sarebbe assai più utile procedere prima a rimuovere gli ingiustificati incentivi riconosciuti (direttamente o indirettamente) alle fonti fossili e al nucleare, prima di colpire altre fonti.

 Molti studi ci ricordano, quantificandoli, quali siano i costi esterni dell’energia nucleare e di quella da fonte fossile, che con i sussidi pubblici che ancora oggi ricevono beneficiano ingiustificatamente di molti incentivi, senza dimenticare quali siano i costi sociali sanitari e ambientali connessi con la produzione di queste tecnologie non rinnovabili.

 La notizia diffusa dal The Guardian sembrerebbe evidenziare quello che può essere definito come un ulteriore colpo di coda del settore fossile per uccidere le rinnovabili, che già negli ultimi hanno dovuto subire tagli retroattivi e vuoti normativi penalizzanti, faticando a portare avanti un’attività industriale che nel resto del Mondo è supportata e che cresce di anno in anno.

L’ANEV si dice preoccupata, perché la rimozione della priorità di dispacciamento delle rinnovabili, significherebbe per il settore un’ulteriore battuta d’arresto e impedirebbe al comparto di dispiegare quelli che sono i benefici connessi con la produzione di energia pulita, ovvero riduzione della CO2, l’aumento dell’occupazione e lo sviluppo economico.