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Come sta il teleriscaldamento a biomassa in Toscana

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Uno strumento utile per valorizzare i residui agro-forestali e tagliare le emissioni nocive

Fonte: Rinnovabili&Territorio

Autore: Redazione

Come noto, ad oggi la climatizzazione degli edifici rappresenta una quota importante nel quadro delle emissioni di gas serra toscane, e ancor più per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico sperimentato sul territorio regionale. Per questo nelle linee guida toscane per la predisposizione dei Piani di Azione Comunale per il risanamento della qualità dell’aria (PAC) si caldeggia la promozione del teleriscaldamento per il climatizzazione degli edifici. Come si sta evolvendo in particolare quello alimentato da biomassa, che valorizza i residui agro-forestali di provenienza locale?

L’ARPAT-Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana ha posto questo complesso quesito a Elisabetta Gravano, del Settore Forestazione e Usi Civici della Regione Toscana, ottenendo una panoramica delle tendenze in atto.

Da quando (nel 2003-2004) il primo piccolo impianto di teleriscaldamento da biomassa nacque in Toscana -senza alcun contributo pubblico- a Rincine, nel Comune di Londa (FI), sono stati compiuti molti passi avanti. Grazie alle linee finanziarie regionali sono stati finanziati negli anni «tramite l’Assessorato all’agricoltura per una cifra complessiva di 8 milioni di euro di risorse regionali, 30/35 impianti di teleriscaldamento, tutti gestiti da enti pubblici, per una produzione complessiva di circa 25 MW termici. Se fino a qualche anno fa si puntava, negli indirizzi regionali, alla cogenerazione, oggi si spinge piuttosto verso un teleriscaldamento esclusivamente finalizzato alla produzione di calore e su piccoli impianti diffusi, soprattutto in aree non metanizzate. Questi sono i criteri attraverso cui saranno predisposti anche nuovi bandi per incentivare nuovi progetti sul territorio».

Le potenzialità latenti, per una Regione dove i boschi coprono circa la metà del territorio, sono comunque ancora vaste. Una stima (ancora oggi valida) prodotta nel 2009 su del Ministero per le Politiche Agricole per valutare le potenzialità del settore agroforestale in termini energetici –prendendo in esame la valorizzazione delle biomasse residue già disponibili nel territorio (residui delle produzioni agricole, delle attività forestali, della zootecnia, dell’agroindustria e della prima trasformazione del legno)– individuò infatti «circa 450.000 tonnellate in sostanza secca di residui forestali da impiegarsi a scopo energetico e di circa 700.000 tonnellate in tutto, compresi anche i residui agricoli».