Serviranno 16.500 miliardi di dollari, da qui al 2030, perché le energie rinnovabili e l’efficientamento aiutino a raggiungere gli obiettivi declinati nella Cop21 di Parigi, con un limite al riscaldamento del pianeta quantificato in un grado e mezzo rispetto all’era pre-industriale. L’accordo delineato sabato, che riguarda 195 Paesi, ha bisogno di una tale forza finanziaria d’investimento perché non resti soltanto una bella letterina che si sposa alla perfezione con il periodo natalizio, secondo le stime che dà l’Agenzia internazionale dell’energia riportate da Bloomberg. Una mole di denari che s’inserisce in un quadro generale di cambiamento, con le Borse e i finanziatori pronti a scommettere sul green. Segnali che le Big Oil hanno ovviamente captato e per i quali devono correre ai ripari, anche se la transizione sarà tutt’altro che rapida.
Secondo l’Aie, per arrivare a mobilitare quella massa di soldi è necessario che i governi offrano incentivi alla produzione di energia pulita, ritraggano gli incentivi invece ai combustibili fossili, rendano più costose le emissioni e riducano la deforestazione. Tutti elementi positivi, ma che rischiano anche di tramutarsi in bolle speculative: ne sa qualcosa l’Italia dei Conti energia e della galoppata del fotovoltaico priva – per certi aspetti – di reali sostegni industriali.
"La forza dell’accordo è sta nel significativo segnale economico, circa il fatto che i combustibili fossili saranno rigettati in favore di meccanismi premianti per le restanti componenti del mix energetico", ha dichiarato Paul Bledsoe, ex funzionario dell’amministrazione Clinton sulle politiche del clima, da Parigi. Per arrivare a centrare l’obiettivo degli 1,5 gradi, secondo gli esperti dovranno essere incentivate politiche come la plantumazione di alberi e la combustione di biomasse piuttosto che di carburanti fossili.
