Home Cosvig Certificazione energetica degli edifici: un obbligo per tutti

Certificazione energetica degli edifici: un obbligo per tutti

489
0
CONDIVIDI
L’ACE (Attestato di Certificazione Energetica), è un documento obbligatorio in caso di compravendita di edifici esistenti, per la costruzione di nuovi, per la locazione e per chi vuole sfruttare le detrazioni fiscali per interventi di risparmio energetico del 55% in vigore fino al 30 giugno prossimo.

Fonte: Rinnovabili & Territorio

Autore: Redazione

Il Sole 24 Ore del 4 marzo dedica un ampio servizio alle nuove norme nazionali sulla certificazione energetica degli edifici divenute obbligatorie a tutti gli effetti dopo la procedura di infrazione europea aperta contro l’Italia per non aver recepito integralmente le disposizioni della direttiva sull’efficienza energetica cui si è aggiunta un’ulteriore messa in mora per le modifiche apportate al decreto legislativo 192/05 con la legge Calderoli sulla semplificazione.

La legge Calderoli aveva, infatti, abrogato l’obbligo (previsto dai commi 3 e 4 dell’art. 6 del Dlgs 192/05) di allegare all’atto di compravendita di edifici esistenti, l’attestato di certificazione energetica, e di una sua consegna o messa a disposizione del conduttore in caso di locazioni.

In pratica, rimaneva valido l’obbligo di redigere l’ACE ma era stata cancellata la sanzione della nullità degli atti per chi non avesse allegato al rogito la certificazione.

Dal 28 dicembre scorso l’ACE, l’attestato di certificazione energetica è a tutti gli effetti un documento obbligatorio per gli edifici oggetto di compravendita e vale sia per quelli di nuova costruzione sia per quelli già costruiti, sia, infine, per quelli oggetto di locazione. E non sarà più possibile ricorrere all’autocertificazione nella classe energetica più bassa. L’ACE è inoltre obbligatoria anche per chi vuole sfruttare le detrazioni fiscali per interventi di risparmio energetico del 55% in vigore fino al 30 giugno prossimo.

Come spesso accade per le norme che vigono nel nostro Paese sono anche molto rigide le sanzioni previste in caso di omissione o di falsificazione dell’ACE, salvo poi non avere un valido sistema in grado di verificare che la norma venga correttamente applicata.

Le multe e procedimenti disciplinari previsti potrebbero, infatti, compromettere sia l’acquisto o la locazione di un edificio, sia la carriera di ingegneri, costruttori e tecnici inadempienti, mancano però sistemi di controllo omogenei.

Salvo alcune eccezioni (ad esempio Piemonte, Lombardia, Province di Trento e Bolzano che monitorano la certificazione e denunciano anomalie alle autorità) –riporta il quotidiano- non esistono meccanismi nazionali che mettano al riparo dalle truffe nel settore della certificazione energetica” dal momento che “la norma lascia agli enti territoriali il compito di fissare criteri e designare i soggetti deputati al controllo”.

La disomogeneità su scala territoriale vale anche per ciò che riguarda il sistema di certificazione e dove vada applicato e per i requisiti richiesti al certificatore, nonostante il decreto del 15 febbraio scorso (leggi) abbia regolamentato in maniera specifica la materia.

Su cosa e come vada certificato “si va da un sistema rigido come il modello Casaclima -scrive il Sole24 ore- che impone la certificazione di interi stabili, ad esempio, a quello friuliano che introduce anche la variabile della sostenibilità ambientale tra i parametri di giudizio”.

Riguardo ai requisiti di chi può rilasciare l’ACE “in molte Regioni e Province autonome restano in vigore regole differenti (spesso in contrasto tra loro), rendendo così un fatto «localistico» l’accesso alla professione di certificatore energetico”.

Nelle Regioni e Province autonome che hanno già varato proprie regole per i certificatori continuano, infatti, a valere i requisiti fissati a livello locale, sia per i titoli abilitanti che per l’obbligo e la durata del corso di formazione ed il certificatore va dunque scelto nell’elenco regionale.

Nonostante gli obblighi derivanti da un obiettivo di raggiungere alti standard di efficienza energetica degli edifici ed orientare, quindi, i consumatori verso edifici con migliori prestazioni energetiche per ridurre l’inquinamento che deriva dal riscaldamento e dal raffrescamento, siamo ancora lontani dalla meta.

Il problema, sottolinea il Sole 24 ore deriva anche dal fatto che “il risparmio energetico incide ancora troppo poco sul valore commerciale di un immobile” e “nonostante l’obbligo di indicare i consumi negli annunci immobiliari di vendita sia entrato in vigore ormai da oltre un anno (1° gennaio 2012), l’efficienza ancora non sembra influenzare le scelte dei potenziali acquirenti in cerca di una casa. Tranne che per classi energetiche molto elevate”.

Eppure i vantaggi economici oltre che ambientali sono evidenti, dai dati riportati dal quotidiano e che si basano su stime elaborate da Enea in collaborazione con I-Com e Assoimmobiliare: “nell’arco di 20 anni, un immobile in classe energetica G (la più bassa, quindi la meno efficiente) "consuma" circa un quarto del suo valore di mercato. I costi della bolletta erodono il 13,6%, invece, del valore di un immobile in classe F, e un decimo di un immobile in classe E. Al contrario, un edificio modello certificato A+ richiede appena 15 euro al metro quadro per essere scaldato per 20 anni e produrre acqua calda sanitaria” .