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Bioetanolo, carburante “made in Crescentino”

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Non un carburante qualunque, bensì del bioetanolo di seconda generazione, ossia dell’alcol ottenuto da scarti di vegetali o da piante coltivate dove non nascerebbe nient’altro

Fonte: La Repubblica- Torino

Autore: STEFANO PAROLA

È UNO dei più grandi investimenti degli ultimi anni nel Nord Italia. Si parla di 150 milioni che il gruppo Mossi & Ghisolfi sta spendendo per la sua nuova fabbrica di carburante a Crescentino, al confine tra Vercellese e Torinese. Non un carburante qualunque, bensì del bioetanolo di seconda generazione, ossia dell’alcol ottenuto da scarti di vegetali o da piante coltivate dove non nascerebbe nient’altro.
ILAVORI fervono e in alcuni periodi hanno impegnato addirittura 500 persone. Ma ormai siamo agli sgoccioli: «Vogliamo far partire il nuovo impianto entro la fine dell’anno. Ho promesso ai miei clienti un treno di etanolo come regalo di Natale», racconta il vicepresidente Guido Ghisolfi.
La bioraffineria di Crescentino arriverà a produrre 40 mila tonnellate l’anno di bioetanolo, realizzato con biomasse non alimentari come le paglia di riso e di grano, il cippato di pioppo o di eucalipto, la canna di fosso cresciuta in zone in cui sarebbe difficile coltivare altro. Dunque, niente cibo “sprecato” per realizzare carburante né terreno tolto all’agricoltura, per un impianto, che «si adegua all’area che lo ospita e non viceversa», come assicura Ghisolfi. Che spiega: «Abbiamo già venduto questa tecnologia ai brasiliani. E per quanto sono avanti loro in questo settore, è stato un po’ come vendere un frigorifero a un eschimese».
Merito di un’innovazione, chiamata Proesa, che ha radici piemontesi. Mossi & Ghisolfi, il secondo gruppo chimico italiano con quartier generale a Tortona e stabilimenti in tutto il mondo, l’ha infatti sviluppata nel suo centro ricerche nel Parco tecnologico di Rivalta Scrivia, grazie a un programma di ricerca iniziato nel 2006, costato 120 milioni, di cui 12 messi dalla Regione, e che ha coinvolto anche il Politecnico di Torino e l’Enea garantendo 150 assunzioni tra ricercatori e scienziati reclutati in Piemonte.
Il risultato è una tecnologia che, spiega il vicepresidente del gruppo, «ci consente di essere almeno due passi più avanti rispetto ai nostri concorrenti».
Eppure in Italia e in Europa quasi non esistono automobili alimentate a bioetanolo, dunque perché tutti questi investimenti? «Venderemo il nostro prodotto — racconta Guido Ghisolfi — alle multinazionali dei carburanti e alle pompe bianche perché già oggi l’Unione europea obbliga a miscelare la benzina con un 4,5% di prodotti biologici e si è impegnata a far salire la quota al 10% entro il 2020». Significa che nei prossimi otto anni ci sarà bisogno solo in Italia di 1,5 tonnellate di bioetanolo. Ma il vero obiettivo della Mossi & Ghisolfi è un altro: «Gli obblighi europei — dice il numero due dell’azienda tortonese — vanno bene per far partire il mercato. Ma noi vogliamo fare un carburante che la gente compra soprattutto perché costa meno».
La tecnologia Proesa, basata su nuovi meccanismi di fermentazione di zuccheri da legno e cellulosa, non si limiterà a dar vita alla prima fabbrica al mondo di bioetanolo di seconda generazione, ma garantirà almeno un’altra ricaduta. Riguarda il “pet”, ossia la plastica con cui vengono prodotte le bottiglie: potrà diventare “bio” e dunque totalmente riciclabile. Mossi & Ghisolfi realizzerà a febbraio un primo impianto pilota nel parco di Rivalta Scrivia e se tutto filerà liscio potrà costruire il primo stabilimento di “bio-pet” nel giro di due o tre anni.