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Bioenergia, per ora sono certi i profitti

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Basta che il costo dell’oro nero superi la barriera dei settanta dollari al barile per rendere competitiva la produzione di bioenergia. I grassi profitti di quest’industria danno loro ragione.

Fonte: Il Venerdì di Repubblica

Autore: Loreatta Napoleoni

Da quando i prezzi del petrolio hanno ricominciato a salire, tutti vogliono investire nella bioenergia e lo fanno presso l’Alternative Investment Market del London Stock Exchange, la Borsa londinese, dove si finanziano i progetti più disparati, "alternativi" appunto. Secondo l’Imperial College di Londra, basta che il costo dell’oro nero superi la barriera dei settanta dollari al barile per rendere competitiva la produzione di bioenergia. I grassi profitti di quest’industria danno loro ragione.
Le imprese più agguerrite sono tutte europee ma non coltivano i raccolti destinati alla produzione di etanolo nel vecchio continente. Lo fanno invece nell’Africa sub-sahariana. Undici società britanniche controllano metà dei 3,2 milioni di ettari che dal Mozambico al Senegal approvvigionano l’industria della bioenergia.
Gli ambientalisti non ne sono affatto contenti: la produzione di etanolo in Africa sottrae terre fertili a quella delle derrate alimentari; inoltre la bioenergia degli europei inquina il Pianeta. Quasi tutto l’etanolo africano viene miscelato con il petrolio e il diesel e rivenduto in Europa, una formula inventata, guarda caso, proprio dagli inglesi. Nel Regno Unito appena il 32 per cento del consumo di bioenergia rispetta i parametri ambientalisti: tutto il resto, a detta dei Verdi, è solo una sottospecie degli idrocarburi.