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Biodiesel 2, con 720 milioni di fondi pubblici e soci privati al via tre nuove raffinerie

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IL PROGETTO DI MOSSI & GHISOLFI OTTIENE IL VIA LIBERA DAL GOVERNO CHE GARANTIRÀ IL 55% TRAMITE PRESTITI AGEVOLATI A 8 ANNI IL RESTO SARÀ DEI PRIVATI, TRA I QUALI È ORA ARRIVATO ANCHE IL FONDO TPG. UN IMPIANTO NEL SULCIS E DUE A GELA. SI PARTE A GENNAIO

Fonte: La Repubblica / Affari&Finanza

Autore: Antonio Cianciullo

Roma D are all’Italia un terzo della quota di carburanti puliti necessaria a evitare le sanzioni europee previste a partire dal 2018. E’ l’obiettivo di un investimento da 720 milioni di euro per tre bioraffinerie, una in Sardegna e due in Sicilia, che partirà all’inizio del prossimo anno. Lo ha messo a punto Mossi e Ghisolfi disegnando un’altra tappa della crescita della chimica verde su cui l’Italia sta sviluppando una leadership sempre più netta. Gli impianti, che forniranno bioetanolo di seconda generazione (dalla cellulosa si estraggono gli zuccheri necessari a produrre alcol), saranno localizzati uno a Portovesme, nel Sulcis Iglesiente, e due a Gela. Ognuno darà lavoro a 100-150 persone e creerà altrettanti posti nell’indotto, oltre a un migliaio di occupati nella catena di approvvigionamento dei materiali, tutti di origine vegetale. In Sardegna si userà la canna (si calcola ci siano 40 mila chilometri di bordi di fossi in cui cresce abbondante), in Sicilia principalmente paglia. Una biomassa rigorosamente “no feed no food”: nessuna competizione con il cibo né con gli allevamenti. «La tecnologia sviluppata nell’impianto pilota di Crescentino, su cui abbiamo scommesso più di 200 milioni di euro in ricerca, permette di evitare il conflitto tra uso alimentare e uso energetico delle biomasse», spiega Guido Ghisolfi, patron del gruppo. «All’inizio degli anni Duemila si pensava che bruciare mais nel serbatoio di un’automobile fosse una scelta possibile: è stato un errore che ha causato un brusco aumento dei prezzi delle commodities alimentari. Da quell’esperienza abbiamo imparato che i biocarburanti non sono tutti uguali: è come il colesterolo, c’è quello buono e quello cattivo. Per questo ci siamo allineati con la direttrice di marcia indicata da Europa, Cina e Brasile: fare una distinzione ben precisa tra i carburanti di prima generazione, che usano materie prime alimentari, e quelli di seconda generazione, che usano residui agricoli o colture marginali». Da ognuno dei tre impianti progettati usciranno 80 mila tonnellate di bioetanolo all’anno (ed entreranno 400 mila tonnellate di biomassa secca). La produzione totale, 240 mila tonnellate, sarà pari a circa un terzo della domanda italiana di biocarburante al 2020. Una domanda che potrebbe così essere soddisfatta in casa, con un beneficio netto sia in termini occupazionali che di bilancia commerciale. Ma chi fornirà i capitali necessari? Per l’impianto di Portovesme il 55% dei fondi sarà assicurato da prestiti pubblici a 8 anni a tasso agevolato e il 45% da investitori privati (un contributo importante verrà dal Texas Pacific Group). In Sicilia si applicherà un mix simile. Se la formula avrà successo potrà essere replicata fino a raggiungere il target nazionale di bioetanolo. Un obiettivo che va valutato tenendo presente la definizione europea secondo la quale perché un carburante sia definito green non basta che venga dal mondo vegetale: bisogna calcolare la quantità complessiva di emissioni serra prodotta dal suo ciclo di lavorazione. Nel caso specifico, l’esperienza di Crescentino ha dimostrato che la tecnologia per l’estrazione di zuccheri da biomassa lignocellulosica consente di abbattere le emissioni di C02 ottenendo prodotti a pezzi competitivi. «E’ un modello che, assieme alle esperienze condotte da Novamont e Versalis, costituisce un punto di forza del comparto della chimica verde, uno dei settori in cui l’Italia ha in mano le carte che potrebbero risultare vincenti nei prossimi decenni », aggiunge Ghisolfi. Anche perché l’Unione Europea ha deciso di intervenire sul settore dei trasporti riducendo del 6% le emissioni dei gas serra e stabilendo che, entro il 2020, il 10% dei carburanti dovrà venire dal mondo vegetale e non dalle trivelle di estrazione del greggio. Inoltre la lignina, generata durante il processo di estrazione del bioetanolo, può essere utilizzata per altri prodotti da destinare al settore chimico evidenziando la connessione tra gli aspetti energetici dei biocombustibili di seconda generazione e lo sviluppo della nuova chimica innovativa.