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Basse temperature tante piccole centrali è la nuova geotermia

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Rinascere dopo cento anni. E’ questa la sfida della geotermia in Italia. A oltre un secolo dal debutto, l’energia che sale dalle viscere della terra si prepara a una seconda vita.

Fonte: La Repubblica – Affari & Finanza

Autore: a.c.

 La prima, quella caratterizzata dagli impianti di Lardarello, era basata sulla cosiddetta alta entalpia, cioè sulla capacità di catturare fluidi ad alta temperatura per generare vapore e quindi elettricità. La stagione che si apre utilizzerà soprattutto la media e la bassa entalpia: filiere che consentono di azzerare i problemi ambientali legati all’emissione di gas inquinanti, di contribuire alla creazione di un modello energetico decentrato, di aumentare in modo consistente l’energia disponibile.

E’ la scommessa lanciata dal Giga, Gruppo informale per la geotermia e l’ambiente, che ha organizzato la scorsa settimana un convegno a Firenze per lanciare la «geotermia sostenibile». Un titolo che fa sorgere un’immediata domanda. La geotermia, fonte che non fa uso di combustibili fossili, non dovrebbe essere per definizione sostenibile?

«Io dico che parlano i fatti, le proteste di chi vive attorno agli impianti geotermici di Lardarello e dell’Amiata: sono strutture antiche che non permettono di gestire in modo adeguato la fuoriuscita, assieme al vapore, di CO2, ossidi di zolfo e altre sostanze pericolose», risponde Fabio Roggiolani, vicepresidente del Giga. «Ma questi ormai sono problemi superati, appartengono al passato. Il futuro è la geotermia che sfrutta temperature sotto i 135 gradi, per generare elettricità, e sotto i 90 gradi, per gli usi diretti sia di tipo residenziale che produttivo. Nel caso delle centrali, parliamo di una tecnologia che consente di far girare gli impianti 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno: un potenziale enorme».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il Cetri, il Circolo europeo per la terza rivoluzione industriale che punta alla diffusione del modello rifkiniano di energia diffusa. «Lo sviluppo delle tecnologie che consentono di sfruttare fluidi a temperature meno alte rappresenta un salto culturale nell’approccio all’energia», spiega Claudio Margottini, responsabile geotermia del Cetri. «La bassa entalpia permette di utilizzare anche serpentine che si possono mettere a mezzo metro di profondità per utilizzare il differenziale termico con pompe di calore, riducendo così drasticamente l’uso dei combustibili fossili per il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici. E la media entalpia permette di produrre elettricità senza alcun inquinamento, in centrali di piccola taglia».

In sostanza il salto proposto dal Giga e dal Cetri nel campo della geotermia è il passaggio, anche per questa fonte, dal modello concentrato che ha caratterizzato il secolo passato a quello decentrato in cui ai bisogni crescenti di energia si risponde con una diffusione capillare di micro impianti. Un sistema a rete basato sulle rinnovabili che rende l’intera struttura meno vulnerabile ai blackout e meno dipendente dalle imprevedibili oscillazioni del prezzo del greggio e dalle complesse evoluzioni politiche dei paesi che detengono le maggiori riserve di gas e di petrolio. Un sistema che raggiunge il miglior punto di equilibrio sommando la spinta delle varie fonti rinnovabili: dal fotovoltaico al solare termodinamico, dall’eolico alle biomasse e alla geotermia.
Inoltre il punto centrale del rilancio della geotermia delle basse temperature è che, osserva Francesco Zarlenga, dell’Enea, si tratta di una prospettiva straordinariamente conveniente sotto il profilo economico. E’ la scoperta dell’acqua calda, ma una scoperta che si può trasformare in un business concreto. «Sono investimenti che, per una singola abitazione, si ripagano in 6 o 7 anni e durano per mezzo secolo», calcola Zarlenga. «Se poi parliamo di strutture più articolate, la dimensione di scala permette di migliorare ulteriormente i conti. Ci sono esempi, come quello della ristrutturazione di un edificio di sei piani in un villaggio di pescatori a Fiumicino che mostrano molto chiaramente la fattibilità di questi progetti».
Un altro caso clamoroso è la vena di acqua a 45 gradi a soli 50 metri di profondità trovata durante la costruzione dell’Auditorium di Renzo Piano a Roma. La scoperta — ricorda un esperto del settore, Andrea Masullo — è tuttora ignorata dalle amministrazioni cittadine, nonostante i geologi segnalino che si parla di un’area dove vivono circa 50 mila persone, e con temperature minori ma comunque eccezionali potrebbe essere presente sotto gran parte del centro storico e delle aree limitrofe. Il potenziale degli utenti arriva dunque a più di mezzo milione di persone che, sfruttando la geotermia, potrebbero eliminare caldaie e condizionatori d’aria con le relative emissioni inquinanti. Giacimenti di questo tipo esistono in molti siti, per esempio a Napoli, e possono soddisfare tutti gli usi domestici locali e buona parte di quelli industriali.
Secondo i calcoli di Masullo, inserendo nei conteggi anche lo sfruttamento della temperatura costante del terreno (1415 gradi a pochi metri di profondità per attivare pompe di calore per la produzione di caldo e freddo per il condizionamento degli edifici), il potenziale teorico di tutte le forme di applicazione della geotermia può valere più del doppio del fabbisogno energetico nazionale.