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Arcidosso, 16 Giugno, Rocca Aldobrandesca: crocevia di culture immateriali

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L’evento farà da apripista ai territori che sono al centro di nuove strategie dell’Economia della Cultura, pensando ad una nuova società, capace di affrontare il cambio di paradigma individuato dall’Unesco, al Forum di Firenze del 2014: la «culture economy. La presidenza del Consiglio Regionale della Toscana ha condiviso la Kermesse

Dalle tradizioni popolari al patrimonio culturale immateriale. Nella località amiatina si avvierà il prossimo 16 giugno, nella Rocca Aldobrandesca, un innovativo processo di apprendimento di nuove nozioni che riguardano il Patrimonio intangibile, avviando, in questo modo, una sfida alle frontiere della conoscenza, attraverso un nuovo ed esclusivo tragitto tradizionale che non considera le comunità locali come riceventi passivi di interventi dall’alto, ma supporta processi di mobilizzazione dal basso basati sul coinvolgimento attivo della popolazione
Un paese di 4250 abitanti, Arcidosso, alle pendici del Monte Labbro e la vetta del Monte Amiata, e che da tempo è attivo nella promozione e riscoperta delle tradizioni locali, ha organizzato un’esclusiva manifestazione mirata alla necessità di approfondire la conoscenza del patrimonio culturale immateriale. L’evento, che ha il coordinamento scientifico della Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura, costituita su impulso del Centro Studi Silvia Santagata-EBLA, ente associato alla Cattedra UNESCO in Sviluppo Sostenibile e Gestione del Territorio dell’Università di Torino e il sostegno della Presidenza del Consiglio Regionale della Toscana, è dedicato al tema: «Patrimoni Culturali Immateriali UNESCO e Sviluppo Locale». L’Agenzia dell’ONU che tutela e promuove la cultura tradizionale dell’Umanità con una specifica «Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale», approvata il 17 ottobre 2003 dalla Conferenza Generale, pone particolare attenzione sugli usi, il saper fare, le conoscenze tradizionali, i costumi e rituali sociali, le lingue tramandate di generazione in generazione. L’evento farà da apripista ai territori che sono al centro di nuove strategie dell’Economia della Cultura. Saranno presentati «Casi di studio» di territori che hanno affrontato il cambio di paradigma individuato dall’Unesco al Forum di Firenze del 2014: la «culture economy». Partita dall’ evento «Amiata folk festival: Il calore della terra», festival del racconto orale e di danze etniche, i cui preparativi prevedono, il 6/7/8 luglio, laboratori, spettacoli e concerti che vedono oggi protagonisti alcuni dei massimi esponenti della musica popolare, che potrebbero, in futuro, provenire dalle periferie del mondo, questa nuova iniziativa farà, appunto,  da prologo alla rassegna di balli  più svariati risalenti a culture diverse dalla nostra penisola. Si vogliono, in questa circostanza, stimolare azioni propedeutiche nella definizione di un punto di riferimento permanente e un osservatorio privilegiato del bene immateriale che tramanda le tradizioni per evolverle in un cammino condiviso da organizzazioni e professionisti dello sviluppo locale e del turismo, istituzioni culturali, autorità locali, regionali e nazionali. Iniziativa apprezzata e vista con estremo interesse dal segretariato generale MIBACT, referente per l’applicazione della Convenzione UNESCO per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale (2003) e punto di contatto nazionale per l’Applicazione della Convenzione UNESCO per la Protezione e Promozione della Diversità delle Espressioni Culturali (2005) e dalla stessa CNI UNESCO che ha concesso il patrocinio.
Un progetto che già riscuote tanto interesse e Curiosità
La località amiatina vuole, infatti, rappresentare il crocevia, anche geografico, dove la contaminazione tra riti, tradizioni, antichi mestieri, riscoperta di colture alimentari di qualità e di sperimentazioni, diventa un punto di riferimento di culture transnazionali. La kermesse costruita dal comune amiatino insieme al Co.Svi.G. (Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche) e dal periodico Energeo Magazine, la rivista dei territori, è prevista nella Rocca Aldobrandesca, il 16 giugno prossimo. L’antico maniero, fatto erigere dalla famiglia degli Aldobrandeschi, potrà diventare presto un «presidio» nello spirito della Convenzione UNESCO per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale e della promozione del dialogo tra culture. Queste espressioni culturali rappresentano, infatti, un patrimonio, spesso nascosto, che da un lato necessita di essere salvaguardato e dall’altro costituisce una risorsa di valore culturale fondamentale per la società contemporanea.
Il workshop rappresenta molto più di una felice intuizione: è il frutto del gioco di squadra e dell’impegno collettivo degli autorevoli membri del Comitato Scientifico di Energeo  Magazine, la rivista dei territori, che ha avviato, alcuni anni fa, una campagna per lanciare la «Grande Bellezza dell’Italia del patrimonio, materiale e immateriale UNESCO» e che, nel frattempo, ha istituito una «cabina di regia», con lo scopo di attuare gli ambiziosi obiettivi, stabilendo nuove alleanze e avviando efficaci strategie. Il nuovo schema può interpretare e mettere al centro dell’attenzione nuove peculiarità culturali, perché mira a costruire un appuntamento annuale da segnare già in agenda, con l’obiettivo di farlo diventare un evento di grande richiamo di culture internazionali. La medesima «Dichiarazione UNESCO» evidenzia, infatti, come «ogni creazione affondi le sue radici nelle tradizioni culturali», sviluppandosi a contatto con altre culture. Ad Arcidosso si dovrà indicare un nuovo ed esclusivo tragitto tradizionale che non considera le comunità locali come riceventi passivi di interventi dall’alto, ma supporta processi di mobilizzazione dal basso basati sul coinvolgimento attivo della popolazione. In sostanza si vogliono mettere in relazione, in questa circostanza, con il consueto concetto di «rete», le diversità, attuando il linguaggio del cambiamento, puntando alla valorizzazione delle esperienze e di tutte le potenzialità che afferiscono al concetto di bene immateriale, al suo essere nucleo fondante di una risorsa in grado di attivare percorsi che innestano nuovo senso all’economia del quotidiano, del territorio e dei protagonisti che lo vivono.
Illustri ospiti ed interessanti casi di studio
Gli invitati sono di assoluto prestigio: MIBACT, Fondazione UNESCO SICILIA, ICOMOS Italia e la Fondazione Slow Food per la Biodiversità a cui si uniranno i rappresentanti impegnati sul territorio nazionale nella gestione del Patrimonio Immateriale nel territorio italiano e dei riconoscimenti transnazionali dei Beni iscritti nella lista UNESCO. Tra gli altri, è prevista la partecipazione di delegati del MIBACT per l’applicazione della Convenzione UNESCO per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale (2003) e Punto di contatto nazionale per l’Applicazione della Convenzione UNESCO per la Protezione e Promozione della Diversità delle Espressioni Culturali (2005; il presidente Emerito di ICOMOS Italia Maurizio di Stefano; l’Ambasciatore Francesco Caruso, che in passato è stato Rappresentante Permanente d’Italia presso l’UNESCO e Consigliere Speciale presso le Nazioni Unite, Organizzazione per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) in Parigi.  è atteso Dario Zigiotto, esperto di Comunicazione per le Musiche e le Culture e Aurelio Angelini, direttore Fondazione Patrimonio UNESCO SICILIA. Nell’insieme di spazi che accompagnano il workshop, la novità è rappresentata dalla presentazione di «casi di studio» per conoscere e capire gli «antichi linguaggi» e i «mestieri di una volta», grandi risorse nascoste della penisola, e contemporaneamente si vuole realizzare un osservatorio istituzionale che scelga di «mappare», nel territorio nazionale, isole di esperienze che rappresentino l’applicazione dei patrimoni culturali immateriali non potrà essere considerato una fonte di spesa, ma un investimento affinché queste isole scollegate tra loro, diventino al più presto un formidabile arcipelago collegato e connesso attraverso i linguaggi che l’umanità possiede e rinnova quotidianamente svolgendo la sua vita. Nel corso della giornata saranno, infatti, presentati alcuni interessanti progetti, tra cui la candidatura delle «Vie e della Civiltà della Transumanza», che hanno segnato, recentemente, un’altra importante tappa per ottenere il sigillo UNESCO a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità che interessa un partenariato transnazionale d’Europa – costituito dalle regioni Molise, Abruzzo, Puglia, Campania e Basilicata e da altre regioni di Spagna, Francia, Portogallo, Grecia e Svezia). C’è anche tanto interesse attorno al «Distretto culturale della liuteria» che mira a «salvaguardare la tradizione e il saper fare liutario», riconosciuto come Patrimonio Culturale Immateriale UNESCO nel dicembre 2012. L’obiettivo è tutelare il Patrimonio della liuteria classica attraverso azioni di conservazione, promozione e ricerca, assicurando un percorso formativo rivolto tanto agli studenti di liuteria quanto ai liutai che intendono specializzarsi e intraprendere un percorso di crescita. Il Distretto é stato pensato come un ecosistema che vuole ricollocare la città nel suo splendore. Una analoga iniziativa è stata avviata a Nola, nel salernitano, per valorizzare e promuovere la conoscenza della «Festa dei Gigli» in ambito nazionale ed internazionale. è stata costituita una Fondazione per tutelare la Festa detta «Giglio», le sue connotazioni tipologiche, strutturali ed artistiche quali espressioni di unicità, nonché gli aspetti religiosi, la sua ritualità, l’arte della cartapesta con le storiche botteghe artigiane, uniche depositarie della tecnica realizzativa delle macchine a spalla, favorendo l’istituzione del museo della cartapesta e della scuola di arti e mestieri. Un altro progetto riguarda le pratiche socioeconomiche e culturali legate alle produzioni e al consumo di cibo tipico della catena delle Alpi, ma anche quello affine dei rilievi che presentano caratteristiche analoghe, inserito nel progetto AlpFoodWay. Per le popolazioni alpine, il patrimonio alimentare rappresenta un forte elemento identitario che va oltre i prodotti, comprendendo paesaggi produttivi, conoscenze tradizionali legate a tecniche di produzione, abitudini di consumo, riti e la trasmissione di saggezze antiche. A causa dello spopolamento, dell’invecchiamento della popolazione e della globalizzazione, il Patrimonio Alimentare Alpino è a rischio di scomparsa. AlpFoodway che conta 14 partner e 39 osservatori in 6 paesi alpini, ha creato un modello di sviluppo sostenibile per aree alpine periferiche basato sulla conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale alimentare e sull’implementazione di strumenti di marketing e di «governance» innovativi. Sempre in questo medesimo contesto si potrà scoprire come viene praticata la «Cerca e cavatura del tartufo in Italia- Conoscenze e pratiche tradizionali» e conoscere l’antico linguaggio tra il «trifulao» e il cane nella ricerca nella ricerca del tartufo che inizia all’alba, con un rapporto simbiotico fra cane e tartufaio. Entrambi sono mossi dall’identica passione: la ricerca del famoso fungo ipogeo è un piacere per il cane, associato al gioco e per il «trifulao» la consapevolezza di scoprire un ambiente incontaminato. L’intelligente bestiola ha «parole» per comunicare con la sua guida che ha imparato a capire la sua lingua, distinguendo il significato dei vari tipi di abbai, guaiti e mugolii. La candidatura, promossa dall’Associazione Nazionale Città del Tartufo (ANCT), mira a promuovere la tradizione della cerca e cavatura del prezioso fungo ipogeo sotto il profilo culturale, mettendo in evidenza gli aspetti che uniscono comunità rurali e montane in diverse aree d’Italia. Il sodalizio riunisce 53 città di 14 regioni italiane. Infine la Fondazione Slow Food per la Biodiversità lancerà ad Arcidosso un progetto per individuare i valori dei territori in margine all’Appennino, la cui anteprima è stata già proposta al Salone del Libro di Torino, nello spazio istituzionale Arena Piemonte. L’associazione della chiocciolina per la Biodiversità, intende promuovere un nuovo, dirompente progetto, che mira a sviluppare in una scala comprendente l’intera dorsale appenninica e i rilievi ai margini della medesima catena montuosa, immaginando di iscrivere in prospettiva il Patrimonio Alimentare di questi rilievi collinari e montuosi nella lista del Patrimonio Culturale Intangibile dell’UNESCO. Si tratterebbe di un’azione collettiva mai vista.  Il primo «step» annunciato nel corso della giornata di studio, dedicata alla conoscenza di queste risorse con attenzione specifica a quelli riconosciuti o candidati al riconoscimento UNESCO, come volano di sviluppo sostenibile, anche di tipo economico, delle comunità locali. La kermesse, patrocinata dagli Ordini dei Giornalisti del Piemonte e della Toscana, è destinata a tutti gli appassionati e amministratori locali, nonché membri della Pro loco e di associazioni culturali, che in maniera rigorosa vogliono salvaguardare il loro patrimonio orale e immateriale. La stessa dinamica si ritrova nella musica, nel fondere le nuove risorse informatiche ed elettroniche con la magia dei liutai e l’arcano segreto del legno; o del lavoro di ricerca di giovani che frugano nelle tradizioni delle danze popolari per ridare loro un’attualità, un senso di linguaggio più funzionale e trasversale alle identità locali. «Un percorso che porta la musica al suo DNA universale – sottolinea Dario Zigiotto, consulente di Comunicazione per le Culture e le Musiche, invitato alla giornata di studio, nonché membro del Comitato scientifico di Energeo – Tutte queste procedure, non ancora diventate protocolli esportabili, sottendono la dialettica del cambiamento; non quello a strappo, forzato e sterile, ma quello evolutivo, sensato e di cui si avverte il bisogno». La pausa sarà allietata dal gruppo storico «I Cardellini del Fontanino di Castel del Piano», i cui canti evocano ritmi e melodie del passato, suscitando in chi li ascolta ricordi e sensazioni di un’epoca ormai lontana nel tempo e nella memoria. Il progetto definitivo, infatti, si propone di riunire nelle prossime edizioni sia i suoni della tradizione al fine di adunare gli appassionati di musica tradizionale e polivocale del nostro Paese, sia i dialetti e lingue locali, allontanando dai territori il rischio di vederli relegati in una «cantilena per nostalgici», e tutti gli antichi linguaggi e mestieri di una volta, attraverso letture pubbliche di poesie o proverbi, trasformando questa proposta iniziale di Workshop in un festival destinato a scoprire, senza alcuna riserva, il patrimonio culturale, intangibile, nascosto.