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Amiata. Lazzarelli CGIL: “Floramiata: l’azienda riparte.”

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Tiziano Lazzarelli CGIL Amiata: “Il territorio non poteva fare a meno di Floramiata. La soluzione grazie al contributo di tutti, dalle istituzioni alle amministrazioni locali, dagli imprenditori al sindacato, con un atteggiamento attento e propositivo, mai portato alla esagerazione del problema.
“Amiata Flor, il massimo che potevamo augurarci. Ora basta con l’assistenzialismo. Entro Marzo, l’accordo sindacale.”

Fonte: AmiataNews.it

Autore: Marco Conti

All’indomani dell’acquisto da parte di “Amiata Flor” del polo vivaistico di Casa del Corto, lo scorso 22 Febbraio, abbiamo incontrato Tiziano Lazzarelli, responsabile provinciale CGIL per l’Area Amiata, che ha responsabilità del controllo, della programmazione e delle relazioni sul territorio per conto della CGIL e che ha seguito da sempre, in rapporto costante con FLAI, la sigla sindacale a tutela dei lavoratori agricoli presente all’interno di Floramiata, le vicende di quest’azienda dai suoi inizi fino alla dichiarazione di fallimento nell’Ottobre 2015.

“Credo che Floramiata debba essere considerata, come una di quelle aziende di cui il territorio del nostro comprensorio, non possa farne a meno – esordisce il Lazzerelli – in particolar modo in un momento in cui il settore della pelletteria, che si sta sempre più consolidando in un percorso di variazione e di ammodernamento, con nuovi ed importanti equilibri aziendali, con il rapporto sempre più diretto con le grandi firme, crea indubbiamente occupazione; ma, il rischio, è sempre quello che sia una mono-economia, pur ricordando aziende molto importanti come Stosa Cucine e Acqua e Sapone. Anche per questo, possiamo dire, che si stanno creando nuovamente le condizioni affinché Floramiata possa riprendere la sua attività, che, per noi, era l’obiettivo principale che ci eravamo posti, sicuramente motivo di soddisfazione anche per l’importanza del tessuto sociale, in particolare di  Abbadia S. Salvatore, che, al momento del fallimento, aveva il maggior numero dei lavoratori in Floramiata.”

In questi sedici mesi, successivi al fallimento dell’Ottobre 2015, l’attenzione della CGIL è stata quella di mettere Floramiata al centro del dibattito, su quelle che rimangono le prospettive economiche di questo territorio, oltre al ruolo che la stessa azienda assolve nel garantire la diversificazione imprenditoriale.
“Sapevamo che il problema era totalmente gestionale, legato all’atteggiamento verso il mercato e alla conduzione dell’azienda – ci dice Lazzarelli – dalle istituzioni alle amministrazioni locali, dagli imprenditori al sindacato, tutti hanno dato il proprio contributo, com un atteggiamento attento e propositivo, mai portato alla esagerazione del problema, con obiettivi chiari: riaprire l’azienda, decidendo anche il come.”

Un lavoro della CGIL condiviso con gli altri sindacati e le istituzioni:
Floramiata_Assemblea_20151021_07“Credo che tutti insieme, si sia scongiurato la mancata soluzione del problema più grande, ovvero quella di riaprire Floramiata; se fosse accaduto, avrebbe desolato questo territorio non solo dal punto di vista occupazionale e di speranze future, ma anche da quello ambientale, lasciando su ettari di territorio, un rudere ben visibile che la natura avrebbe distrutto oltre. Soprattutto ci sarebbe stato il probabile possibile fallimento della geotermia, fonte energetica e calore necessario alla produzione florovivaistica, energia che rimane secondo noi necessaria, pur in termini di massima attenzione ambientale e tutela della salute, anche per il tessuto imprenditoriale e civile dell’area amiatina.”

 

Come valuta l’acquisto da parte di Amiata Flor?
“Tutto quello che accadrà da ora in avanti, saranno sicuramente elementi positivi; abbiamo tirato un sospiro di sollievo quando c’è stata un’offerta vincolante. Sapevamo che la cordata costituita Amiata Flor, rappresentava, dal punto di vista della solidità imprenditoriale economica e di conoscenza, il massimo che potevamo auspicare in questa trattativa. Per noi il gruppo c’è, è intenzionato e costituito da esperti del settore, che gestiscono aziende di prestigio in tutta Italia e all’estero; questo vuol dire che dietro c’è una volontà seria e che dunque possiamo dire che il sogno si sia avverato.”

Ora bisogna tradurre questo sogno in vera realtà attraverso un piano industriale.
“Si, sono d’accordo e anche convinto. Ho la sensazione che il gruppo di imprenditori abbia le idee molto chiare rispetto a quelle che erano le potenzialità e i limiti dell’azienda e che, da tempo, stavano monitorando con molta attenzione. Nel momento in cui la cordata renderà pubblico il piano industriale, molto probabilmente capiremo se questa base è una base solida che riconsegni al territorio e alla stessa Italia, un’azienda leader nel settore florovivaistico. Ad oggi non conosciamo il piano industriale che verrà comunque presentato nei prossimi giorni; sappiamo che gli imprenditori hanno una significativa e qualificata esperienza nella produzione e commercializzazione florovivaistica sia in Italia che all’estero; riteniamo che ognuno di loro, porterà il proprio know how e che presumiamo non verrà abbandonata totalmente l’attività principale di Floramiata, ovvero la produzione di piante da appartamento. Da quello che si può intuire in questo momento, è che Amiata Flor sarà un’azienda che espleterà la propria attività in più settori ed è una prospettiva valida che riteniamo giusta.”

Forse in passato, Floramiata ha avuto una gestione improntata in parte anche sull’assistenzialismo…
“Da questo punto di vista, come confederazione siano chiari su un punto: un’azienda assistita noi non la vogliamo. Dobbiamo tornare a fare l’impresa e anche noi dobbiamo essere consapevoli che la guida è in mano all’imprenditore: ognuno dovrà avere il suo ruolo, comprese le istituzioni e la politica: abbiamo tutti gli interessi affinché l’azienda si evolvi costantemente in una situazione positiva anche in virtù delle esperienze passate.”

Veniamo al discorso occupazionale. Saranno almeno 75 i lavoratori che verranno ricollocati inizialmente. Quali atteggiamento avrete come sindacato in questa fase?

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“L’aspetto occupazionale è l’unico elemento ad oggi conosciuto; la nuova azienda partirà con 75 dipendenti. Certo, se si pensa che partivamo con circa 220 dipendenti tra fissi e stagionali, in prima battuta si potrebbe dire che manchino molti dipendenti all’appello ma, vorrei ricordare, che non era però scontato che si risolvessero le cose: l’azienda rimane comunque radicata sul territorio almeno a livello occupazionale. Quello che ci risulta, è che il piano industriale, non guarda l’immediato ma al futuro e, se tutti gli elementi dovessero andare a posto, fra pochi anni anni si potrebbe, uso il condizionale per precauzione, ritornare alla situazione originaria. Probabilmente, tutto avverrà con gradualità, legandola anche la questione degli investimenti che verranno fatti: ci sono tutti i presupposti per un inizio promettente e inizieremo ad occuparci anche della seconda fase.
Anche anche se oggi è prematuro parlarne, ci sarà tutta una trattativa relativa a un elemento che mette in apprensione i lavoratori, ovvero quali saranno criteri che verranno scelti l’assunzione dei 75 come stabilito. Questo sarà il tema dei prossimi giorni. Ho la vaga sensazione, però, che ci si dimentichi da dove eravamo partiti e dove siamo arrivati oggi; problemi ci sono ancora, basti pensare ad esempio agli avventizi che sono sempre stati esclusi. Ora ci sarà un mese di confronto sindacale dentro dove si potrà o non trovare l’accordo, anche se abbiamo tutto l’interesse a trovarlo dignitoso nei confronti dei dipendenti. Una volta trovato, i lavoratori saranno tutti licenziati perché, da quanto mi è stato riferito, non ci sarà il trasferimento del ramo d’azienda; alla fine delle del percorso sindacale tutti i lavoratori verranno licenziati assunti dalla nuova società e, sulla base di valutazioni che potrebbero essere inserite nell’accordo sindacale oppure non essere inserite. La tendenza è comunque quella di privilegiare l’occupazione di dipendenti provenienti da Floramiata.”

Che idea ha lei del nuovo organigramma aziendale

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L’organigramma dell’azienda non si dovrà costruire su figure indicate, ma attraverso le professionalità. Per il nuovo, mi viene in mente il discorso relativo agli impiegati, un tema che in Floramiata è sempre stato scottante, basti pensare che su circa 130 dipendenti c’erano ben 22 impiegati; secondo il mio punto di vista, credo che questo rapporto non sia proponibile nel nuovo organigramma. Poi ci sono molte variabili, come, ad esempio, eventuali decisioni della proprietà di affidare esternamente alcuni servizi come, ad esempio, la manutenzione o decisioni sulle cosiddette tute gialle. Vedremo quel che accadrà ma sono temi che mi pongo per evitare che ci sia l’illusione che nell’azienda ci sia posto per tutti, come a dire che alla fine tutto cambia per non cambiare nulla. Questa è una mia valutazione nel cercar di capire pensare come i nuovi imprenditori potrebbero muoversi. Se io fossi l’azienda, in questa fase, cercherei personale in base alle professionalità che mi occorrono per poi, in seconda battuta, pensare anche ad altro personale come quello stagionale e, nel caso non ci dovessero essere professionalità, dovrò cercarne fuori. Siamo comunque in una fase iniziale; se nel giro di due, tre tre anni, se il piano industriale che sembra essere di prospettiva, dovesse partire, ci sono le condizioni per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi, dove l’occupazione ritornerebbe ad assumere un ruolo centrale all’interno dell’azienda.
Bisognerà comunque vedere i criteri di assunzione in maniera molto attenta, affinché la scelta dell’organigramma, oltre che su base professionale e meritoria, dovrà tenere necessariamente conto degli aspetti di carattere sociale anche in base ai criteri dettati dalla normativa. Tra l’altro ci sono pochissime persone prossime alla pensione; un numero maggiore avrebbe favorito questa fase. Ogni modo, in Floramiata ci sono professionalità di valore e la nuova impresa saprà individuarle.”

 

Veniamo alla questione dei crediti d’imposta (circa 3 milioni di Euro) derivanti dallo sfruttamento del calore come fonte energetica che in passato poteva essere motivo di vero investimento.
“Secondo noi, fa bene la nuova proprietà a dire che tutto ciò che i benefici derivanti dalla geotermia (crediti d’imposta), dovranno essere quel più che permetterà gli investimenti e non il motivo con cui vengono fatti gli stipendi, uno degli errori commessi da Floramiata. L’azienda dovrà sostenersi con il proprio lavoro. Sappiamo che oggi, a livello governativo, c’è una discussione molto ampia relativamente agli ammortizzatori sociali e poi, in futuro, non possiamo avere certezze su entrate derivanti dai crediti d’imposta, decisioni che non dipendono dal lavoro ma da scelte di tipo politico; è dunque ancor più necessario che la nuova azienda metta il lavoro e la redditività a sostegno suo e dei lavoratori. Tutte le agevolazioni, secondo noi, dovranno essere utilizzate per investimenti e sviluppo dell’azienda, dando sempre più grande forza al piano industriale.”

Relativamente ai rapporti e gli accordi economici sulle paghe e TFR, com’è la situazione ad oggi dei lavoratori, compresi quelli stagionali?

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“Ricordo ancora che sono rimasti fuori dall’azienda una parte importante di lavoratori, gli avventizi, che presumo saranno necessari, almeno in parte, anche nella nuova azienda. Anche in questo caso bisognerà comunque stare attenti a non cadere in meccanismi di tipo assistenziale; bisogna chiedere che l’azienda sia costruita sulla base della professionalità, delle necessità e che su questi princìpi il bacino occupazionale di Floramiata, dovrebbe essere il primo che debba essere preso in considerazione. Il ragionamento è anche un altro: ammesso e non concesso che nel giro di tre-quatro anni si torni ai livelli occupazionali e produttivi prima della crisi, c’è il problema di come ci arriveremo e come avverrà questo percorso. Perché in un’azienda industriale classica, si sarebbe potuti andare in mobilità o andare in occupazione; per due anni si può garantire un reddito più o meno alto in attesa di ricollocarli man mano che si fosse ripresa l’attività. Purtroppo questo non è possibile per i lavoratori agricoli come quelli di Floramiata e dunque, al netto dei ragionamenti sinora fatti, creerà degli esuberi in un contesto di assenza di ammortizzatori sociali. So che questo è un vero dramma che pervade ed è prevalente nelle riflessioni che fa la categoria, come il fatto che noi ci troveremo in una situazione iniziale che, fatti salvi i 75 che verranno assunti e gli impiegati, per gli altri non ci saranno ammortizzatori sociali. Questo è dunque un problema che si aggiunge al problema, in quanto si parla di una vera e propria disoccupazione anche se, in questo periodo, con l’aiuto e la collaborazione fra tutti, abbiamo garantito un reddito ai lavoratori, ad esclusione, con grandissimo dispiacere, per gli avventizi a cui è andata la parte di disoccupazione per il 2015.
I lavoratori , come suddetto, verranno tutti licenziati dalla nuova proprietà e i riassunti ripartiranno tutti dallo stesso livello. E’ vero che oggi sono ancora in azienda tutti, ma da Aprile, quando sarà fatto l’accordo sindacale, come previsto, nel mese di Marzo, verranno licenziati e, dal loro punto di vista, non molleranno il pensiero di non pensare a Floramiata come alla soluzione ai loro problemi occupazionali e familiari. Gli avventizi sono ancora più avviliti, anche perché negli ultimi giorni, l’INPS non ha pagato il fondo di garanzia, la mensilità di Settembre 2015, ed anche il TFR.”

Tra le misure a sostegno dei lavoratori e dell’azienda, sono state messe in campo, la cassa integrazione in deroga, la rotazione, l’anticipo attraverso l’accordo con MPS…
“I lavoratori Floramiata, tra le misure attuate e lo stipendio pagato da Floramiata, pur in un anno e mezzo difficile, ma socialmente gestito, non hanno subito particolari differenze di trattamento economico rispetto a prima della crisi che ha portato al fallimento. Bisogna anche essere reali.”

Pur con normali distinguo, il sindacato ha dato l’impressione di unità e di voler un rapporto costruttivo e collaborativo con le istituzioni, in un corretto equilibrio anche con il liquidatore di Floramiata e i nuovi acquirenti. Quale il vostro atteggiamento nei prossimi giorni?
“Dire di non aver avuto contatti con la nuova proprietà sarebbe una falsità; abbiamo espresso le nostre opinioni cercando di mettere l’imprenditore nella miglior situazione per poter fare l’investimento. L’Amiata, il territorio e le rappresentanze, compreso il sindacato, come ho detto più volte in occasioni pubbliche, ha sbagliato su Floramiata, soprattutto sul fatto che l’azienda fosse l’unico ‘campo di battaglia politico’ del territorio, legato anche da un cordone ombelicale alla storia mineraria e alla conversione degli ex minatori; un legame che oggi dobbiamo tagliare tutti. Oggi come sindacato, ritorniamo a fare il nostro lavoro; più che mai sappiamo quanto sia alto il bene dell’azienda, dove gli imprenditori e il sindacato faranno in maniera propositiva il proprio lavoro in un rapporto che desideriamo di estremo rispetto.”

Per concludere, ripercorrendo questo anno e mezzo, quali momenti hanno positivamente contraddistinto questo percorso che ha portato all’acquisto di Floramiata?
“Devo dire che ho avute diverse sensazioni molto chiare in questi mesi. Una di queste mi ha accompagnato durante il   primo semestre dal fallimento dell’azienda; un periodo molto difficile dove era forte la testardaggine dei commissari di voler far partire la procedura d’asta dall’alto: 13,5 Milioni di Euro era una cifra troppo alta per interessare un acquirente… Tra l’altro ci veniva riferito che intorno a Floramiata, c’era una sorta di terra bruciata sia per la gestione Montanari sia per la preoccupazione di un territorio morbosamente attaccato a questa azienda. Un’altra sensazione, stavolta positiva, è quando ho avvertito un significativo cambiamento di atteggiamento in due situazioni: una, in occasione della giornata della Tenda Rossa a Casa del Corto della FLAI, l’altra quando partecipammo all’iniziativa sul ‘Tavolo del Lavoro’ ad Abbadia S. Salvatore dove si portò all’attenzione dei cittadini, degli amministratori e della politica, non solo il grido d’allarme ma anche un disegno compiuto partendo proprio da Floramiata ma considerando anche tutto il contesto dell’area, in cui chiedevamo alle istituzioni risposte su temi importanti per le imprese come la geotermia, viabilità e le infrastrutture. Ecco, in quel momento, ho capito che le istituzioni erano state sollecitate nel punto giusto, attraverso una visione più ampia in maniera costruttiva e responsabile proveniente direttamente dal territorio che ha sollecitato le istituzioni a dare il meglio di se stesse: da lì in poi, con un po’ di fortuna, si sono creati concretamente presupposti per arrivare, da questo punto di vista, alla soluzione di oggi.”

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