E’ l’appello lanciato dal presidente della Regione Enrico Rossi intervenuto stamattina in Sala Pegaso a Palazzo Strozzi Sacrati all’incontro, organizzato da Regione e Accademia dei Georgofili, per approfondire le questioni ed i problemi che interessano il settore cerealicolo toscano. Anche l’assessore competente, Marco Remaschi, ha sostenuto la necessità di "passare dalla coltura del cereale ad una cultura della filiera che possa mettere insieme tutti gli attori coinvolti".
"L’agricoltura – ha detto Rossi – rappresenta per l’Italia, ma per la Toscana in modo particolare, un fattore identitario, fondamentale per la bellezza del paesaggio ma complessivamente anche per la tenuta idrogeologica del territorio, per il lavoro. Un insieme di elementi minacciato da una globalizzazione finanziaria che anziché commerciare fa scommesse finanziarie e mette fuori dal mercato i nostri grani, costringendo i produttori a commercializzarli ad un prezzo inferiore ai costi di produzione. Occorre un intervento da parte del governo italiano, ma anche dell’Europa, altrimenti rischiamo la desertificazione in seguito all’abbandono dei terreni". Secondo Rossi la costituzione di un fondo da utilizzare negli anni di crisi potrebbe essere una soluzione. "Ci auguriamo che si vada in questa direzione in modo da tutelare il nostro grano dalle fluttuazioni dei prezzi determinate da queste speculazioni finanziarie".
L’ottenimento della Dop per il pane toscano, ha aggiunto Rossi, è un "risultato di rilevanza straordinaria. Adesso dobbiamo essere capaci di costruire una filiera che dai campi arrivi fino ai mercati e alla tavola, passando attraverso i panificatori ma anche le mense pubbliche, la grande distribuzione, le botteghe. Il commissario europeo all’agricoltura, Phil Hogan, sarà in Toscana i prossimi 5 e 6 aprile. In quell’occasione organizzeremo una conferenza regionale sull’agricoltura perché in Europa devono capire che non esiste soltanto un’agricoltura estensiva ma anche un’agricoltura come la nostra, praticata sulle colline o su terreni anche più impervi e marginali, fondamentale per tutti, non soltanto per chi ci lavora ma anche per la comunità che gravita intorno".
Anche Marco Remaschi ha affrontato il problema della crisi del settore proponendo, come possibile via d’uscita, un percorso condiviso con tutti i soggetti che compongono la filiera. "La cerealicoltura in Toscana – ha detto – interessa tanti aspetti: storia, cultura, lavoro. Ma poi bisogna essere realisti e capire come facciamo a far mantenere le produzioni agricole quando a livello globale i prezzi crollano, anche del 30-40%. Dobbiamo mettere insieme chi fa produzione primaria, chi trasforma, chi commercializza e chi promuove, soprattutto avvalendoci del brand Toscana, conosciuto a livello planetario. Dobbiamo passare – ha aggiunto – da una coltura del cereale a una cultura della filiera e far ragionare, anche a chi fa produzione primaria, in un’ottica più evoluta, guardare cosa chiede il mercato, quale sono le opportunità. Diventa importante lavorare sull’aspetto del consumo consapevole, in modo che l’aspetto salutistico si coniughi con quello economico e quindi alla disponibilità a pagare qualcosa in più per determinati prodotti. Non è assolutamente facile ma diventa necessario altrimenti la filiera sarà lasciata a sé stessa con una continua perdita di superfici coltivate".
Remaschi ha poi risposto a chi chiedeva chiarimenti dopo l’intervento del M5S riguardo all’impossibilità da parte della Regione di finanziare tutti coloro che hanno fatto domanda al Pacchetto Giovani 2016 del Programma di Sviluppo Rurale spiegando che "sui due primi bandi abbiamo messo 120 milioni di euro, rispetto ai 962 della dotazione finanziaria complessiva del programma di finanziamenti europei per l’agricoltura toscana. A fine 2018 usciremo con un altro bando ed una dotazione che oscillerà tra i 20 e i 30 milioni di euro, anche in base alle economie sui bandi già usciti. Credo sia una risposta importante. Rispetto alla somma complessiva a disposizione ne occorrerebbe 3 o 4 volte di più per tenere conto di tutte le richieste che arrivano, però affermare che non abbiamo avuto la sensibilità per i giovani e per il ricambio generazionale è pura strumentalizzazione politica".
Infine un breve accenno all’intervento del presidente dell’Accademia dei Georgofili Giampiero Maracchi che ha sottolineato la necessità, come avviene in altri paesi, "di trovare una soluzione per la crisi del settore agricolo attraverso l’istituzione di un reddito minimo di filiera. Occorre anche essere tutti disposti a fare un sacrificio, magari comprando qualcosa meno ma spendendo qualcosa in più".
Qualche dato sul settore cerealicolo in Toscana
Dalla spiga di grano al pane, o alla pasta. Ma anche dall’orzo, dall’avena e dal mais agli alimenti per gli animali. Sono le filiere cerealicole, decisive per l’alimentazione di tutti, molto importanti per il comparto agro-alimentare toscano: basti pensare nella nostra regione le aziende interessate sono 17.000 e che ai cereali sono destinati oltre 160.000 ettari di superficie coltivata.
La cerealicoltura è uno dei pilastri dell’agricoltura regionale e anche dell’industria agro-alimentare. La superficie coltivata (circa 160.000 ettari, gran parte dei quali nelle province di Siena e Grosseto, seguite da Pisa e Arezzo) rappresenta il 5,5% del totale nazionale, e sono ben 17.000 le aziende interessate di cui circa 600 interamente biologiche. Tra i cereali prodotti al primo posto c’è il frumento duro (cui sono dedicate oltre 86.000 ettari, oltre metà delle superfici), seguito da frumento tenero (oltre 20.00 ettari), orzo (18.000), mais (16.000), avena (10.000), e quindi sorgo, riso e segale. Ma l’importanza delle colture va anche oltre l’aspetto agricolo : il settore svolge un ruolo assai rilevante anche per le le politiche ambientali, nella valorizzazione del paesaggio toscano (basti pensare alla Val d’Orcia) e nella difesa idrogeologica del territorio.
Accanto alle colture, nella costituzione delle filiere cerealicole toscane, entrano poi in gioco molti altri soggetti che si collocano sia a monte delle aziende agricole stesse (ditte sementiere, contoterzisti, fornitori di mezzi tecnici), che a valle: gli impianti di raccolta e stoccaggio delle materie prime (sono 119,per una capacità complessiva di quasi 500.000 tonnellate), i molini (3 impianti specializzati nella molitura del frumento duro più un elevato numero di imprese di medio-piccola dimensione che operano nella molitura del frumento tenero), i pastifici (10 di dimensioni medio-piccole che comunque si approvvigionano anche fuori regione o all’estero), i panifici (oltre 1.200 i panificatori toscani, industriali o artigianali, molti dei quali di piccole o piccolissime dimensioni), e infine i mangimifici.