Home Cosvig Addio federalismo, sepolto dai ricorsi – La riforma delle Regioni

Addio federalismo, sepolto dai ricorsi – La riforma delle Regioni

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Il governo si riprende il potere su ambiente, grandi opere, scuola
Cosa cambia per la Toscana

Fonte: Corriere Fiorentino

Autore: di MARZIO FATUCCHI

Tutti a parlare della abolizione del Senato elettivo proposta dal Governo Renzi con un disegno di legge, della cancellazione dei rimborsi regionali. Ma quella riforma contiene un aspetto che ridisegna (anche) il futuro delle nostre istituzioni più vicine. Cancella la parola Province dalla nostra Carta e pure molte delle funzioni legislative delle Regioni.
Una «dieta» criticata da alcuni come un ritorno al «centralismo» dopo che si era sterzato verso il federalismo (incompleto). Insomma, lo Stato che torna protagonista assoluto. Una riforma opposta a quella del 2001, che era incentrata sull’autonomia normativa e amministrativa di Regioni ed enti locali. «Abbandoniamo un nuovo feudalesimo durato troppo a lungo: ci sono legislatori che hanno fatto esplodere una frammentazione normativa eccessiva, con leggi troppo diverse dalla Toscana all’Emilia, dalla Lombardia alla Puglia, che disorientano cittadini e imprenditori» è il parere di Duccio Traina, associato di diritto pubblico a Scienze politiche e noto amministrativista fiorentino. Il dibattito è aperto, passare da una norma Costituzionale alla sua applicazione, entrando «in corsa» dopo 13 anni di leggi regionali su temi che ritornano statali, non sarà una passeggiata. Tutti i giuristi però sono concordi su un parere: l’obiettivo centrale è ridurre il contenzioso Stato-Regione, le materie dove c’è oggi sovrapposizione di competenze.
D’altra parte, dopo 1.700 ricorsi alla Corte costituzionale, rifare il Titolo V della Costituzione è quasi un dovere. Dopo l’introduzione della «legislazione concorrente» con la riforma del 2001, con le Regioni e lo Stato che dovevano, in modo virtuoso, dividersi i campi di azione su alcune materie, il risultato è che da una parte le Regioni hanno un po’ esagerato, dall’altro i Governi hanno cercato di non lasciare la briglia. E, peraltro, come ha dimostrato il caso della Toscana, i ricorsi nascevano anche da motivazioni politiche: raddoppiavano quelli «romani» quando la maggioranza del Parlamento era di centrodestra, crollavano quando era di centrosinistra. Ma adesso, cosa succede, si rimette in discussione tutto? No, vale una regola principe del diritto, il principio di continuità. «È già successo nel 2001 con la riforma del Titolo V che attribuiva alcune competenze residuali dello Stato alle Regioni e introduceva le materie concorrenti: permane una normativa in vigore fino a che non viene cambiata» spiega Traina. Questo è il principio. Ma una volta che le «norme sul governo del territorio», per fare un esempio, passano allo Stato, le Regioni continueranno a legiferare sull’urbanistica (che rimane propria materia) con il rischio che tra una settimana, un mese, un anno lo Stato cambi legge (e magari dando criteri diversi da quelli locali)? L’esempio è voluto, perché la Regione Toscana sta proprio andando verso l’approvazione della legge 1, «Norme sul governo del territorio». Ma il vero nodo sarà la sanità: qui lo Stato riafferma il suo ruolo, con l’intento — si spera — di sanare le diversità di qualità e quantità dei servizi erogati dal nord al sud. Ma per la Toscana, che sulla salute è sempre stata all’avanguardia — soprattutto nella riforma dell’organizzazione — questo potrebbe significare dover rimettere in discussione alcune scelte.
Passano allo Stato il turismo, tutte le infrastrutture strategiche, dai porti agli aeroporti, l’energia (anche la produzione), l’ambiente, la tutela paesaggistica, la cultura e lo sport, il sistema nazionale della protezione civile e il coordinamento della stessa. Restano alle Regioni la pianificazione e la dotazione infrastrutturale del territorio regionale e la mobilità al suo interno, l’organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese, dei servizi sociali e sanitari e, «salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, dei servizi scolastici, nonché all’istruzione e formazione professionale». Ma lo Stato, se c’è un tema che ha bisogno di «tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica» ma anche di riforme di cui si vuole appropriare, può togliergli anche quello. Il Parlamento si dovrà occupare persino delle Unioni dei Comuni: «Noi siamo qua, disponibili, anzi, a disposizione per questa operazione importantissima — ha commentato l’assessore regionale Vittorio Bugli durante un convegno organizzato dall’Anci Toscana sulle riforme e la Città metropolitana — Ma mi pare che sia una esagerazione che il legislatore si debba occupare anche della fusione tra Gambassi Terme e Montaione».