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Da Michael Bates nuovi dati sugli effetti dell’esposizione all’acido solfidrico

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Lo studio condotto dal gruppo di epidemiologi californiani guidati da Bates, sulla popolazione dell’area geotermica di Rotorua, evidenzia come l’esposizione continua a basse concentrazioni di vapori di acido solfidrico non abbia nessun effetto sulle funzioni cognitive, come non ne aveva sui disturbi respiratori.

Fonte: GeotermiaNews

Autore: Redazione

Questo è il risultato del nuovo studio condotto dal gruppo di ricerca californiano coordinato da Michael Bates e Bruce Reed, che da diversi anni indagano gli effetti dell’esposizione cronica a basse concentrazioni di vapori di acido solfidrico (H2S) nell’area neozelandese di Rotorua, dove è presente un intenso campo geotermico attivo.
La popolazione di Rotorua, isola vulcanica, è la popolazione più ampia al mondo (60 mila persone) che vive in aree con emissioni geotermiche naturali, in particolare H2S. Su questa popolazione il gruppo di Bates sta realizzando da anni quello che è considerato il più grande studio epidemiologico relativo agli effetti dell’esposizione cronica a concentrazioni medio-basse di acido solfidrico nell’aria.
L’indagine, che questa volta voleva rilevare se vi fossero effetti sulle capacità cognitive della popolazione esposta in maniera continua a concentrazioni di H2S, prosegue la ricerca del gruppo californiano guidato da  Michael Bates e collaboratori nell’area geotermica di Rotorua.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Neurotoxicology and Teratology e l’articolo (Chronic ambient hydrogen sulfide exposure and cognitive function) è disponibile nella sezione del sito dell’ARS Toscana, che da tempo collabora con il gruppo di ricerca californiano per condividere pareri, informazioni e progetti sugli effetti delle emissioni geotermiche, sia naturali che antropiche, sulla salute della popolazione residente.
Il gruppo aveva indagato in precedenza sugli effetti dell’esposizione cronica a H2S su disturbi respiratori, tra cui asma e altri sintomi correlati all’asma e anche rispetto a queste patologie non era stato rilevato alcun aumento di casi di asma all’aumentare dell’esposizione ad acido solfidrico.  Lo studio, oggetto di una pubblicazione nel 2013, era stato anticipato da Bates e Reed nel corso di un seminario organizzato a Firenze da ARS per confrontare l’esperienza neozelandese e quella toscana.
La nuova indagine sugli effetti dell’acido solfidrico sulle funzioni cognitive ha preso in esame circa 1.700 persone, delle quali è stata ricostruita l’esposizione cronica ad acido solfidrico, sia nell’abitazione sia sul posto di lavoro.
Le misurazioni effettuate dai ricercatori sulla popolazione di Rotorua evidenziano valori di concentrazione di H2S che si attestano nel range 0-64 ppb (0-91.4 µg/m3) e i partecipanti all’indagine sono stati suddivisi in quattro gruppi per livelli crescenti di esposizione.
Per ogni gruppo sono state raccolte le informazioni demografiche e personali (lavoro, stili di vita, ecc.) tramite un questionario distribuito ai partecipanti allo studio; le stesse persone sono poi state sottoposte anche a test neurofisiologici per rilevare il livello di attenzione, la velocità psicomotoria, la memoria e altre funzioni cognitive.
I ricercatori hanno quindi  valutato la relazione tra il livello di esposizione e i risultati dei test neurofisiologici, tenendo conto dell’effetto di confondimento dovuto ad altre caratteristiche dei partecipanti (sesso, età, etnia, scolarità, reddito, consumo di alcol e abilità verbali di base).
I risultati non hanno messo in evidenza alcuna associazione tra l’aumento dell’esposizione ad acido solfidrico ed il peggioramento delle funzioni cognitive indagate ma anzi, per alcuni test neurofisiologici, emerge anche qualche segnale di una migliore performance al crescere dell’esposizione.