Il nuovo pacchetto clima – energia 2030 presentato ieri dalla Commissione europea, con una riduzione del 40% delle emissioni di gas serra rispetto al 1990, un obiettivo vincolante di almeno il 27% di energia da fonti rinnovabili energia, misure per migliorare il funzionamento dell’ Emissions Trading System (Eu Ets) e nuove iniziative per migliorare il funzionamento del mercato interno dell’energia dell’Ue e aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti, sta suscitando grande interesse perché arriva mentre i Paesi di tutto il mondo stanno appena iniziando a mettere insieme le loro “offerte nazionali” in vista di un accordo internazionale sul clima nel 2015.
Le critiche non mancano, sia in Italia che nel resto dell’Ue, ma il World Resources Institute (Wri), sottolinea che «L’Unione europea è la prima ad impegnarsi a fondo nel prendere in considerazione il suo obiettivo post-2020 e ad avviare consultazione dell’opinione pubblica e degli stakeholders nel processo decisionale».
Jennifer Morgan, direttrice del programma clima ed energia del Wri, ricorda che «Questo è un momento, e un anno, critico per l’azione climatica. La scienza dietro il cambiamento climatico è chiara e inconfutabile. Governi, businesses e cittadini hanno la responsabilità di agire. I Paesi dovrebbero cercare di aumentare il proprio livello di ambizione per ridurre le emissioni e accelerare il passaggio all’energia pulita».
Secondo la Morgan, «L’Unione europea ha fatto un primo passo importante ,definendo un obiettivo post-2020 chiaro, che è stato sviluppato attraverso un processo trasparente. In questo processo basilare e di sostanza, l’Ue ha l’opportunità di essere leader. Mentre in giro ci sono alcuni segnali positivi che potrebbero portare ad una nuova integrità nel mercato del carbonio e ad un focus sugli obiettivi nazionali di gas serra, il pacchetto annunciato non è ancora soddisfacente. La proposta non assicura ancora un percorso chiaro verso un’economia low carbon, né è chiaro se le riforme dell’ Emissions Trading System creeranno un prezzo del carbonio abbastanza alto da portarci lontano dalle fonti di energia ad alta intensità di carbonio».
La Morgan si riferisce a quanto già emerso dal rapporto “Delivering on the Clean Energy Economy: The Role of Policy in Developing Successful Domestic Solar and Wind Industries”, presentato dal Wri nel novembre 2013, e rileva che «Sono necessari obiettivi e politiche nazionali vincolanti per portare allo sviluppo di ulteriori fonti rinnovabili. La proposta della Commissione europea sostituisce gli obiettivi nazionali con un obiettivo regionale, lasciando le chance all’’open implementation”, una proposta rischiosa, mentre altri Paesi vanno avanti sullo sviluppo delle energie rinnovabili. I leader europei possono continuare a rafforzare questa proposta e dimostrare che hanno veramente capito la posta in gioco per la gente e il pianeta. Quest’anno ci saranno opportunità per iniettare maggiore ambizione nelle loro offerte. Quest’anno d getterà le basi per un forte accordo universale sul clima a Parigi nel 2015. L’Ue può svolgere un ruolo fondamentale nell’alzare l’asticella, ispirando gli altri leader mondiali a fare un passo per unirsi a questa sfida».
Il Wwf è molto critico «La Commissione Europea imbelletta ambizioni deboli e le presenta come un sucesso. L’obiettivo del taglio delle emissioni di gas serra non è in linea con quanto raccomandato dalla scienza del clima, sottolinea il WWF, così come è debole l’obiettivo che prevede un consumo energetico con poche fonti rinnovabili, senza vincoli obbligatori per ciascuno Stato membro».
Jason Anderson, responsabile clima ed energia dell’ufficio politico europeo del Wwf, ha detto:
«Dopo mesi di attesa, la Commissione ha riconfezionato un rallentamento della riduzione delle emissioni e della diffusione delle energie rinnovabili e lo ha chiamato “un pacchetto ambizioso”. Si sta mettendo a rischio la modernizzazione economica dell’Europa. Il quadro dipinto dalle proposte di politica energetica è deprimente: l’obiettivo di efficienza energetica è stato rinviato, la cancellazione dell’enorme eccesso delle quote gratuite di emissioni di carbonio nell’Emissions Trading Scheme è stato posticipato. L’impegno di dettare regole di precauzione per la sicurezza della popolazione e dell’ambiente nella legislazione UE sul gas di scisto, lo shale gas, è stato ugualmente differito . I lobbisti dei combustibili fossili possono dormire sonni tranquilli. Spetta ora ai Governi degli Stati membri di mostrare la leadership politica necessaria per ispirare l’Europa verso una rivoluzione industriale ed economica che favorirà sia le persone che il Pianeta».
«Dopo mesi di attesa, la Commissione ha riconfezionato un rallentamento della riduzione delle emissioni e della diffusione delle energie rinnovabili e lo ha chiamato “un pacchetto ambizioso”. Si sta mettendo a rischio la modernizzazione economica dell’Europa. Il quadro dipinto dalle proposte di politica energetica è deprimente: l’obiettivo di efficienza energetica è stato rinviato, la cancellazione dell’enorme eccesso delle quote gratuite di emissioni di carbonio nell’Emissions Trading Scheme è stato posticipato. L’impegno di dettare regole di precauzione per la sicurezza della popolazione e dell’ambiente nella legislazione UE sul gas di scisto, lo shale gas, è stato ugualmente differito . I lobbisti dei combustibili fossili possono dormire sonni tranquilli. Spetta ora ai Governi degli Stati membri di mostrare la leadership politica necessaria per ispirare l’Europa verso una rivoluzione industriale ed economica che favorirà sia le persone che il Pianeta».
Ancora più dura Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf Italia: «Da domani si vedrà chi governa in nome delle lobby e chi in nome dell’interesse generale per rimanere ben al di sotto dei 2°C di riscaldamento globale e imboccare davvero la strada dell’economia del futuro. E l’Italia sarà sotto osservazione. Il Wwf chiede che gli obiettivi dell’Ue in materia di riduzione dei gas a effetto serra siano almeno del 55%, la produzione di energia da fonti rinnovabili sia almeno del 45% e il risparmio energetico almeno del 40%, che gli obiettivi siano giuridicamente vincolanti e comuni a tutti agli Stati membri. Analisi indipendenti dimostrano che, nonostante la necessità di garantire una decarbonizzazione a lungo termine, le proposte della Commissione europea per il 2030 sembrano ridurre ulteriormente l’ambizione per il 2050 rispetto a precedenti documenti della Commissione stessa. “Il lavoro della Commissione europea dovrebbe basarsi su analisi di esperti e dovrebbe contrastare la tentazione di seguire voci meno ambiziose o la UE dovrà affrontare 10 anni di inazione sul clima, la stagnazione del settore energetico e la perdita di opportunità ambientali ed economiche».
Anche Greenpeace attacca il pacchetto clima-energia 2030 e chiede per il taglio delle emissioni un target vincolante di almeno il 55% e target vincolanti per aumentare la quota da rinnovabili al 45% e del 40% a l’efficienza energetica.
Secondo Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, «Le svendite di gennaio sono cominciate e le aziende energetiche fossili d’Europa, che si collocano nel cosiddetto “Gruppo Magritte” hanno fatto un grande affare. Il piano della Commissione per il 2030 rischia di stroncare il mercato in piena espansione delle energie rinnovabili. È una visione miope, che costerà cara ai cittadini europei: meno posti di lavoro legati al settore delle rinnovabili, maggiori importazioni di combustibili fossili e vita più breve a causa dell’inquinamento. Solo un target credibile sulle rinnovabili, accanto ad un obiettivo ambizioso sulla CO2, può dare una marcia in più alla trasformazione del sistema energetico europeo. I governi dell’Unione adesso devono mostrare un po’ di spina dorsale e difendere il clima aumentando l’energia pulita».
Greenpeace sottolinea che «La proposta della Commissione prevede la creazione, dal 2021, di una riserva di stabilità dei permessi di emissione di CO2. I permessi sarebbero tolti progressivamente dal mercato durante il periodo di scambio, a seconda del volume dei permessi presenti nel sistema. Tuttavia, questa riserva di stabilità comprende solo parte dei due miliardi di permessi in surplus nel sistema e non è sufficiente a impattare in maniera significativa sul prezzo delle emissioni. Non c’è poi nessuna garanzia che i permessi in surplus non rientreranno in futuro sul mercato. Solo la cancellazione permanente delle eccedenze di quote di emissioni di CO2, e rigorosi obiettivi al 2030, possono rendere il mercato della CO2 un volano per investimenti verdi».