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Consumi: un chilowattora su tre è da rinnovabili

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L’Italia si avvicina alla soglia psicologica’ di 100 TWh annuali prodotti da rinnovabili. A fine anno saranno circa 108 e copriranno il 34% della domanda e il 39% della produzione. Eppure solo 3 anni fa si pensava di rilanciare il nucleare. Dal 2011, anno del referendum, il calo della domanda elettrica è del 5,2% e la generazione elettrica da rinnovabili cresce del 21%

Fonte: QualEnergia.it

Autore: Leonardo Berlen

A novembre la domanda di energia elettrica, per il quindicesimo mese di fila, è in flessione rispetto allo stesso mese del 2012. Il decremento è del 2%, con un calo dell’idroelettrico e del termoelettrico e una crescita di geotermoelettrico, eolico e fotovoltaico.
Ma il mese di novembre, con 8,3 TWh circa generati da rinnovabili, avvicina il nostro paese a quella soglia psicologica’ dei 100 TWh annuali che da tempo venivano annunciati. I dati di Terna (pdf) dell’ultimo mese ci consentono allora di fare delle semplici proiezioni per fine anno.
Per l’esattezza a fine novembre la produzione di elettricità verde nazionale ammontava a circa 99,5 TWh (inclusi 11 TWh circa da biolettricità, contabilizzati da Terna nel termoelettrico). Per fine anno riteniamo che la produzione elettrica da rinnovabili arriverà a circa 108 TWh, una cifra che dovrebbe rappresentare una quota sui consumi totali annuali (stimabili in circa 317 TWh, -2,5% rispetto al 2012) pari al 34% (e del 39% sulla produzione netta nazionale). Quindi possiamo affermare che in Italia nel 2013, più di un kWh su tre è stato prodotto da energie rinnovabili.
Con una sovraccapacità produttiva che nel 2010 era superiore del 30% al fabbisogno elettrico del paese e con un’economia che già subiva gli effetti della crisi, fa cadere le braccia ricordare quando, nei giorni del tentativo di rilanciare del nucleare in Italia, il governo Berlusconi, supportato da Confindustria ed Enel, raccontava agli italiani di un piano energetico a breve termine in cui il 25% sarebbe arrivato dall’atomo, il 25% da rinnovabili e il 50% da fonti fossili. Una farsa in cui sono caduti in parecchi, diciamo più che altro quelli stuzzicati dagli affari in ballo, ma non gli italiani che poi hanno bocciato il nuovo programma nucleare del governo con il referendum del 12 e 13 giugno 2011 (approvato con un quorum del 54% di votanti), con una schiacciante maggioranza di oltre il 94%.
Ripercorrere le dichiarazioni e gli atti di quel governo, dei suoi ministri e dei dirigenti delle grandi imprese coinvolte in questo grossolano piano energetico tagliato con l’accetta, dimostra ancora una volta l’inadeguatezza di chi avrebbe dovuto indicare un quadro di sviluppo energetico e industriale per il nostro paese, basandosi su dati concreti e su ipotesi realistiche. Lunghi mesi persi a disquisire su un’idea bizzarra; un tempo che poteva essere dedicato invece a ragionare su un piano energetico di medio periodo, su come gestire meglio gli incentivi alle rinnovabili allora in vigore e su come rilanciare un piano industriale serio per la decarbonizzazione dell’economia. Proponimenti che verranno poi disattesi anche dai governi successivi.
Oggi i dati sono inconfutabili: dal 2011, l’anno del referendum, il calo della domanda elettrica è di circa il 5,2%. Un grafico elaborato da Terna ci aiuta a visualizzare l’andamento della domanda elettrica mensili dal gennaio 2009 al novembre 2013: si può osservare come nel corso di questo anno non sono mai stati superati i 27 TWh/mese con l’unica eccezione di gennaio, e peraltro di pochissimo (27,5 TWh).