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Fiamm, la batteria è diventata “rinnovabile”

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LA GARA VINTA IN SARDEGNA PER IL PROGETTO DI TERNA CONSOLIDA IL GRUPPO VENETO IN UN SETTORE INNOVATIVO E DI GRANDI PROSPETTIVE COME QUELLO DEI SISTEMI DI ACCUMULO PER L’ENERGIA VERDE, SIA PER GLI IMPIANTI INDUSTRIALI CHE PER QUELLI DOMESTICI

Fonte: La Repubblica – Affari & Finanza

Autore: Vito de Ceglia

L’energy storage, i sistemi di accumulo essenziali per porre rimedio all’intermittenza dell’energia verde prodotta dalle fonti rinnovabili è un mondo abbastanza complesso, nel quale coesistono diverse tecnologie, ma soprattutto è una sorta di territorio ancora vergine, tutto da esplorare e dove nessuno può dire di avere una posizione consolidata. Però, le grandi manovre sono già partite per accaparrarsi questo promettente business, valutato dagli analisti del settore in 6,5 miliardi di euro nel 2017. A condurre le danze sono le multinazionali come Siemens, Abb, Enel, Terna e molti altri importanti gruppi che intravedono nelle batterie di accumulo la “gallina dalle uova d’oro” del prossimo futuro. Chi l’ha capito da tempo è il gruppo vicentino Fiamm che, con le sue innovative batterie al sale, è riuscita a ritagliarsi oggi un ruolo in questo mercato aggiudicandosi il bando per la fornitura di sistemi di accumulo “power intensive” indetto da Terna per la stazione elettrica di Codrongianos nella Sardegna settentrionale: il primo progetto sperimentale di storage in Italia applicato ad un impianto eolico. L’obiettivo dichiarato è quello di stabilizzare la rete, immagazzinando l’energia della stazione elettrica per poi renderla disponibile durante i picchi di domanda e durante i cali di tensione. In questa partita però, la Fiamm non è da sola ma guida un consorzio temporaneo di imprese composto da Tozzi Sud e Nidec Asi.
La commessa di Terna ha un valore stimabile intorno ai 4 milioni di euro e consentirà al gruppo vicentino di sistemare nell’isola, a partire dalla metà del 2014, un impianto pilota costituito da 4 container da 20 piedi con un potenza di 4,5 mw/h, per un totale di 256 batterie al sale (o accumulatori So-Nick, in gergo tecnico si chiamano al “sodio cloruro di nickel”). La commessa di Terna ha una doppia valenza per la multinazionale di Montecchio Maggiore, che chiuderà il 2013 con un fatturato di 570 milioni di euro (+3% sul 2012). La prima è senza dubbio di vedere “premiato” un lavoro partito da molto lontano, dalle batterie auto fino allo sviluppo della tecnologia SoNick, realizzata rilevando la svizzera Medea (che aveva il brevetto) nel 2009. La seconda è che la sperimentazione in Sardegna rappresenta l’architrave di un progetto su cui Terna punta un investimento da un miliardo di euro spalmato su 4 anni per sviluppare la tecnologia dei sistemi di accumulo di energia. «Dopo tanti sacrifici e investimenti, essersi aggiudicati questa commessa rappresenta un’importante affermazione per la nostra azienda dal punto di vista industriale – sottolinea l’ad di Fiamm Stefano Dolcetta Soprattutto perché a crederci è uno dei più importanti operatori di trasmissione al mondo. Anche se i tempi non saranno brevi. Credo, inoltre che aziende come Eni, Enel e Terna debbano restare in Confindustria perché possono garantire un numero importante di appalti e quindi di lavoro». Un riferimento non casuale, quello dell’ad di Fiamm che di Confindustria è vice presidente. Lui ha seguito passo dopo passo – insieme a Nicola Cosciani, ceo di Fiamm Energy Storage Solutions e presidente del gruppo sistemi di accumulo di Anie Energia – la gestazione del piano industriale di Terna. «Un piano del valore di 800 mw/h – puntualizza il ceo – Per dare un’idea: sono 800 container da 20 piedi. Di questi 800 mw/h, sono stati approvati ad oggi circa 240 mw/h dal ministero dello Sviluppo economico sotto forma di applicazioni sperimentali». Anche se la vera scommessa, fanno notare in Fiamm, è quella del mercato residenziale. Il primo Paese a partire è stato la Germania che ha lanciato un piano di incentivi da 25 milioni di euro. L’Italia, per il momento, tentenna. Ma basterebbe poco per muovere i primi passi. La proposta degli operatori è di concedere subito una detrazione del 55% o del 65% a chi decide di utilizzare le batterie negli impianti fotovoltaici domestici. Già oggi alcuni componenti elettrici sono nell’elenco dei beni detraibili, ma non è specificatamente citato l’accumulatore di energia. Infine, una soluzione più mirata: quella di classificare un edificio con tripla A, qualora venisse applicato un sistema di stoccaggio ad un impianto fotovoltaico. Questo consentirebbe di aumentare il valore dell’immobile e di premiare chi investe in efficienza energetica.