Un piano regionale per lo sviluppo sostenibile, infrastrutturazione telematica, governo dei flussi di energia e di materia. Ovvero, una nuova politica economica
di Anna Rita Bramerini
L’ideologia nuovista del post-industriale che ha caratterizzato il dibattito anche a sinistra negli ultimi 20 anni è rimasta ideologia e il dibattito sul consumo di territorio ne è un risultato diretto. Se vogliamo garantire il vivere bene in Toscana anche alle generazioni future non c’è altra strada che dare “senso e verso” alla ricerca indirizzandola alla sostenibilità e ciò è possibile solo con un manifatturiero strutturato e con istituzioni territoriali consolidate come le nostre.
Senza avere la pretesa dell’esaustività, voglio indicare almeno quattro punti sui quali, a mio parere, è possibile “svoltare”.
Il primo punto, da tempo maturo, attiene all’organizzazione di una macchina amministrativa strutturata al perseguimento dello sviluppo economico, da un lato e alla salvaguardia ambientale, dall’altro. L’esistenza dell’assessorato all’ambiente né è la prova tangibile.
Ma anche tutta la strumentazione pianificatoria risponde a questa logica oramai “datata”. Un Piano Regionale di Sviluppo, pure improntato alla sostenibilità, che sta sopra e un Piano Regionale di Azione Ambientale che sta sotto. Intendiamoci, già il fatto che uno non sta da una parte e uno dall’altra è stato ed è tutt’ora indice di innovazione assoluta nel panorama delle politiche programmatorie regionali. Ma questo non è più sufficiente. Si potrà praticare davvero una programmazione per lo sviluppo sostenibile quando emanciperemo le strutture amministrative dalla salvaguardia ambientale e le integreremo mettendole al servizio di un Piano Regionale per lo Sviluppo Sostenibile.
Il secondo punto attiene al rapporto fra economia della conoscenza e necessità/capacità di fare sistema in Toscana.
Nel bene e nel male l’economia della conoscenza è economia della velocità della conoscenza. E questa è un tutt’uno con la rete e la sua funzionalità e disponibilità.
La Toscana registra circa 420 mila imprese con una media di circa 3 addetti. Il 55% delle imprese manifatturiere è sotto 10 addetti. E di queste solo il 12 % adopera internet per l’e-learning e per relazionarsi in rete (e solo il 40% delle famiglie). L’Europa scommette su fibra ottica, banda larga e wireless. In Inghilterra il 60% della popolazione ha a disposizione queste infrastrutture. In Italia neanche il 20%. Fra le infrastrutture di cui ha più bisogno la Toscana è questa quella prioritaria per un colpo di reni in funzione di un suo deciso e definitivo orientamento verso la sostenibilità.
Il mercato non porterà mai queste infrastrutture in zone non remunerative. E se vogliamo investire davvero sulla sostenibilità del futuro della Toscana, banche, imprese, università e istituzioni sono i soggetti da mettere in rete in modo progressivo e continuativo per emanciparci da un localismo troppo spesso praticato come separatezza per affermare, invece, un localismo come componente di sistema. In questo sforzo occorre finalmente integrare anche la grande impresa, pubblica e privata. In questa direzione stiamo lavorando, sostenendo con risorse significative gli investimenti per l’infrastrutturazione telematica.
Il terzo punto attiene ad uno dei due motori del metabolismo economico: i flussi di energia.
I risultati del Pier già si vedono in modo sensibile, tuttavia non possiamo nasconderci che in Toscana il rapporto fra produzione e consumi è ancora sbilanciato su questi ultimi. Dunque il risparmio, l’efficienza e le rinnovabili devono essere il vero assillo non solo della Regione e delle istituzioni, ma anche dei cittadini e delle imprese. Partirà una campagna di comunicazione/informazione a questo proposito perché non possiamo permetterci asimmetrie comportamentali né possiamo su questo dividerci fra chi fa domande e chi deve rispondere. Su questo terreno, i flussi di energia, abbiamo (in tutti i sensi) i numeri e dunque possiamo agire con ancora maggior convinzione corale sapendo che non ci sarà transizione alcuna verso le rinnovabili, avendo escluso nucleare e carbone, senza un utilizzo del gas.
Il quarto e ultimo punto riguarda l’altro corno del metabolismo economico: i flussi di materia. Mentre per l’energia, come detto, siamo ben oltre la tematizzazione, sui flussi di materia non siamo, purtroppo, neanche a questo. Tanto che si scambiano questi ( i flussi di materia) con la loro “coda” ovvero, i rifiuti. E ciò inchioda la società Toscana in discussioni interminabili circoscritte ad una fase ultraminoritaria del problema imponendo una evidente e pericolosa asimmetria nell’allocazione delle risorse destinate sia alla prevenzione, che alla gestione, che ai controlli.
I numeri dell’Istat ci danno per la scala Paese queste proporzioni: circa 2 miliardi di tonnellate/anno di flussi di materia attraversano il metabolismo economico; di cui sono stimati ( o meglio sottostimati) 140 milioni di tonnellate/anno di rifiuti totali; di cui sono contabilizzati poco più di 30 milioni di rifiuti urbani. E’ noto che in Toscana la stima per i rifiuti totali è di circa 10 milioni di tonnellate/anno di cui circa 2,5 milioni sono i rifiuti urbani. Ma non sappiamo qual è il flusso di materia complessivo che attraversa la nostra regione e dunque non abbiamo termini di paragone per avviare programmi di riduzione seri che incidano davvero, oltre la testimonianza, sulla “coda della coda”.
Contabilizzare i flussi di materia in Toscana, con la stessa metodologia di Eurostat e di Istat, diventa dunque un imperativo per mettere mano con cognizione di causa al governo delle grandissime cifre (dai grandi impatti) dei flussi fisici per non esaurire tutti gli sforzi sulle piccole cifre (dai minori impatti). A questo stiamo lavorando con Irpet e con le agenzie ambientali. La prossima pianificazione non potrà che riguardare tutte e quattro le fasi alimentate dai flussi di materia: estrazione, trasformazione, distribuzione, consumi. Ovvero, la politica economica della Regione.