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Il “diavolo” che regala forza pulita

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Soffioni boraciferi, fumarole, geyser: il fascino inesauribile del geotermico

Fonte: Il Corriere della sera Dossier Energia

Autore: Marco Gasperetti

A primavera, quando le prime fioriture colorano le colline toscane e i vapori e le tubazioni sembrano le propaggini di un altro mondo. Il panorama diventa incongruo: respiri di draghi scomparsi, radici aliene che si intrecciano in un panorama da favola di dolci declivi. Eppure nell’antica valle del diavolo, a Larderello in provincia di Pisa, la magia della diversità è da tempo un’opprortunità energetica. Qui i soffioni boraciferi, fumarole e geyser, che escono dal terreno, sono diventati impianti geotermici capaci di trasformare il vapore in energia. Il primo impianto fu acceso cento anni fa, nel 1913. Un secolo dopo nella valle ci sono 450 pozzi per l’estrazione del vapore collegati da 188 chilometri di tubazioni argentate, altri 50 pozzi si trovano più a sud sull’Amiata. Uno spettacolo nello spettacolo, perchè grazie anche a un sapiente uso del paesaggio, le strutture metalliche non deturpano il territorio e non lo inquinano. Anzi, grazie a una migliore distribuzione del vapore acqueo, la valle una volta brulla e secca, si è popolata da alberi di mirto, ginepro, leccio e pino. Come il petrolio, i “soffi di energia” si trovano sotto terra, a più di 700 metri di profondità. Hanno una forza incontenibile e sono capaci di produrre ogni anno più del 5% del fabbisogno energetico nazionale. Non sembra molto, a prima vista. Ma quel 5% significa una produzione di 5.200 gigawattora (cioè 5,2 miliardi di chilowattora) capaci di soddisfare le esigenze di 2,5 milioni di famiglie pari al 26% del fabbisogno in Toscana. “Che diventeranno 3,2 milioni entro il 2020 – annuncia Massimo Montemaggi, responsabile del Polo geotermico di Enel Green Power – . Abbiamo ottenuto quattro nuovi permessi di ricerca, sempre in Toscana, per eventuali nuovi impianti”. Con un trend in crescita: più 5% che si prevede raddoppi a più 10%. La ricerca del pozzo ha dinamiche simili a quella della ricerca del petrolio: si scava, si perfora e poi si valuta se la vena è sufficiente a una eventuale coltivazione. Non sempre il risultato è positivo. Magari il magma c’è, ma non il deposito di acqua, immensa e misteriosa che lo sovrasta. Il segreto dell’energia di Larderello sta nel mistero dei filosofi alchemici: acqua, terra e fuoco. Sotto le colline, a circa 8 mila metri di profondità, si trova un inesauribile deposito di acqua. Da quando veine sfruttato la sua capienza non è mai diminuita. E’ vero che viene alimentato con l’acqua recuperata dagli impianti, ma il grande lago continua ad essere alimentato dalla pioggia e forse dal mare. “Non c’è stato sfruttamento, come negli Stati Uniti per esempio – spiega Montemaggi – ma coltivazione. Che ci consentirà tra poco di avere un aumento tra il 5 e il 10% di questa risorsa straordinaria”. L’acqua segue un percorso sotterraneo e quando sfiora il magma evapora. E a quelle profondità le temperature sono elevatissime. A 750 metri sottoterra il vapore raggiunge 220 gradi. Quando esce dal pozzo la velocità è di 400 metri al secondo. Ma è proprio verde lo sfruttamento dei soffioni? Qui il problema si fa delicato. Molte le proteste e le battaglie di ecologisti e comitati. Non contrari a priori alla geotermia, ma preoccupati per lo sfruttamento ritenuto troppo intensivo e poco redditizio per le popolazioni. Enel risponde che tutti gli studi di università e centri di ricerca pubblici e privati hanno dimostrato che, non solo non ci sono pericoli, ma che con le nuove tecnologie l’inquinamento naturale nell’impianto in costruzione di Bagnore 4 (sull’Amiata) sarà abbattuto del 95%. E se si dovesse usare il petrolio sarebbero milioni le tonnellate di anidride carbonica immesse nell’atmosfera. Non è un caso che Larderello non è soltanto un paese-fabbrica, ma negli anni si è trasformato in un’attrazione turistica con oltre 40 mila visitatori l’anno. La disputa però continua. Il “soffione”, chiuso da una rete metallica, una volta veniva aperto a mano con una grande chiave inglese. Operazione ad altro rischio perchè il vapore a oltre 200 gradi poteva investire un tecnico a grande velocità. Oggi l’apertura è affidata a un telecomando ma è ugualmente affascinante. Il vapore inizia a fuoriuscire in un lento e lamentoso sibilo. Poi si allarga e il terreno pare tremare, il suono è assordante. Le antiche centrali geotermiche hanno cambiato volto e oggi sono completamente computerizzate. Computer e workstation che monitorizzano tutti i processi, regolano la pressione del vapore, i giri delle turbine e il riciclaggio dell’acqua. Il vapore raffeddato provoca condensa e dunque acqua, migliaia di litri che non sono dispersi, ma convogliati in una specie di grande piscina per poi essere nuovamente inseriti nella falda freatica. Il resto del vapore sale invece in cielo e tornerà a bagnare Larderello sotto forma di pioggia. Il risultato è un riciclo che non ha minimamente intaccato la riserva acquifera. Oggi tutti i comuni geotermici della Toscana (che resta quasi l’unico approvvigionamento in Italia) hanno una bolletta energetica ridotta e i loro cittadini spendono la metà di riscaldamento. A Montieri, sull’Amiata, Enel Green Power ha scavato un super pozzo che da solo è capace di fornire una potenza elettrica superiore a 10 Mw, sufficiente a soddisfare il bisogno energetico di 35 mila famiglie. Montieri 5, questo il nome del super pozzo, contribuisce ad evitare l’utilizzo di 20.000 tonnellate di olio combustibile all’anno ed emissioni di circa 60.000 tonnellate di CO2 all’anno. Il diavolo ha fatto le pentole ma non i coperchi e gli umani lo hanno fregato.