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L’Islanda esporterà in Cina il suo know how sulla geotermia

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Un accordo, quello siglato lunedì scorso a Pechino, che per gran parte dei commentatori rappresenta una “testa di ponte” dell’avanzata cinese verso l’Europa. L’Islanda ha infatti strettissimi legami commerciali con i 29 paesi dello Spazio economico europeo e l’83 per cento delle proprie esportazioni è destinato all’Europa.

Fonte: Greenreport.it

Autore: Lucia Venturi

L’accordo che la Cina ha siglato con l’Islanda rappresenta in effetti il primo trattato di libero scambio con un Paese europeo e prevede la cooperazione nel settore energetico.

In particolare si prevede una cooperazione nello sfruttamento dell’energia geotermica, per cui la Cina ha potenzialità ancora poco esplorate e che rappresenta un campo nel quale le compagnie islandesi hanno invece grande esperienza.

L’Islanda metterà a disposizione anche la propria esperienza per l’esplorazione delle risorse petrolifere al largo della costa nordorientale dell’isola, nell’area Dreki, dove già compagnie norvegesi e britanniche hanno ottenuto il permesso di indagare sulle potenziali risorse e  la le risorse potenziali.

Da recenti stime ufficiali a disposizione, fornite dal  ministero di Terra e Risorse, possano essere presenti in Cina 12 bacini geotermici in un territorio che comprende 287 città per un equivalente di 853 miliardi di tonnellate di carbone, pari a circa 260.000 volte l’attuale consumo energetico annuale di tutto il Paese.

L’obiettivo dichiarato in occasione della giornata della terra nel 2011 dal Ministero del Territorio e delle Risorse è di coprire con fonti geotermiche l’1,7% della domanda di energia primaria al 2015.

"Se questo risultato sarà raggiunto – aveva dichiarato Guan Fengiun, direttore del Dipartimento Geologico del Ministero – la produzione di energia ottenuta dalla fonte geotermica potrà sostituire l’impiego di 68,8 milioni di tonnellate di carbone e ridurre di 180 milioni di tonnellate le emissioni di anidride carbonica".

La Cina utilizza già adesso parte della propria risorsa geotermica nel settore del turismo termale, in particolare   nella provincia di Chongqing (sud-ovest della Cina), dove sono presenti 107 siti termali. Mentre lo sfruttamento della risorsa  a fini energetici –  iniziato nel 1970 – ha finora prodotto una prima centrale geotermica (24 MW) che è stata realizzata nel 1977 nello Yangbajain (regione autonoma del Tibet) ed ha generato fino ad oggi 2,4 miliardi di kWh di energia elettrica.

Grazie ad un finanziamento pubblico, che  per le sole attività di ricerca nel 2011 è stato di 164 milioni di yuan (17 milioni di euro), sono state avviate esplorazioni geotermiche in 29 provincie, con l’obiettivo  di realizzare impianti per la produzione di energia elettrica, ma soprattutto di sfruttare le acque calde del sottosuolo per il teleriscaldamento di quartieri cittadini.

A Shanghai, ad esempio, è in fase avanzata di sviluppo un progetto per il riscaldamento e il raffreddamento degli edifici che sfrutta un acquifero poco profondo (220 metri circa) con acque a temperatura costante di 25 gradi centigradi e ad oggi , l’energia geotermica ha fornito  riscaldamento e aria condizionata per 2236 progetti di costruzione e i sistemi di riscaldamento realizzati con pompe geotermiche rispondono ai fabbisogni di un’area di 140 milioni di metri quadrati.

Ma l’ambizione è assai più ampia: Li Yuanpu, membro esecutivo della società Chinese Renewable Energy Society (Cres) aveva infatti dichiarato che "l’energia geotermica fornirà riscaldamento e aria condizionata per 350 milioni di metri quadrati di spazi interni in Cina durante il periodo considerato nel dodicesimo Piano quinquennale (2011-2015)".

"Calcolando 200 yuan di investimenti per metro quadrato e un’ampiezza totale di 350 milioni di metri quadrati – sosteneva Li Yanpu – la geotermia potrà vantare un potenziale mercato di 70 miliardi di yuan".

Secondo il Cres, le vendite di pompe geotermiche hanno superato, nel 2011, gli 8 miliardi di yuan in Cina, con un tasso di crescita annuale del 20%.

Gli interessi commerciali tra Cina ed Europa potrebbero dunque essere reciproci.