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Commodities. Il conto sale a 65 miliardi

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Bolletta energetica più cara nel 2012

Fonte: Il Sole 24 Ore

Autore: Federico Rendina

Le avvisaglie durante l’estate scorsa, con i warning dell’Unione petrolifera. Ora la conferma: a minare il già complicato scenario post-elettorale c’è anche una mina che ben conosciamo: il deficit energetico.
Ci aveva illuso la prima ondata della crisi economica globale tra il 2009 e il 2010, quando la depressione dei consumi e della produzione era stata accompagnata da un minor fabbisogno di energia, con la conseguente diminuzione della bolletta energetica nazionale. Questa volta, nella seconda ondata della crisi, il premio di consolazione è improvvisamente svanito e il nostro deficit energetico si è di nuovo portato, a cavallo tra il 2012 e il 2013, appena sopra il 4% del Pil, con una bolletta energetica 2012 salita a 65 miliardi di euro, due in più rispetto al 2011 (+3,3%). Colpa soprattutto, spiegano gli analisti, dell’inversione del trend del cambio euro dollaro, ma non solo.
Nel 2012 l’Italia ha incassato una svalutazione media del cambio del 7,6% rispetto al 2011, che – spiega Enrico Quintavalle, capo dell’ufficio studi della Confartigianato – se da un lato potrebbe dare un po’ di ossigeno al nostro export (cosa che peraltro doveva manifestarsi già negli ultimi mesi del 2012, ma non è accaduto) dall’altro appesantisce il costo degli acquisti delle commodities energetiche che continuano a essere quotate in dollari. Le cifre parlano chiaro: tra il 2011 al 2012 il prezzo del brent è rimasto attorno ai 111 dollari per barile mentre il prezzo espresso in euro è salito dell’8,6%. E lo scorso anno abbiamo pagato anche un picco nel prezzo reale del petrolio, del 5,4% superiore a quello del 2011 e addirittura del 23,6% più alto rispetto al picco del 2008.
E ora? Fino a qualche giorno fa si sperava nelle previsioni-auspicio dell’Unione petrolifera, che assegnava al 2013 una nuova discesa della maxibolletta petrolifera a 61 miliardi di euro, anche questa volta a causa di un perdurante calo dei consumi affiancato però da un nuovo rafforzamento del cambio euro-dollaro. Ma la previsione scontava anche un governo relativamente stabile che oltre ad un primo barlume di ripresa economica potesse tracciare qualche soluzione al problema del blocco delle nostre estrazioni nazionali di petrolio e gas, concausa (non indifferente) del nostro deficit energetico.