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Potenzialità di sviluppo degli usi diretti del calore della Terra

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Le potenzialità di sviluppo dell’uso del calore terrestre sono notevoli e gli utilizzi più diversi. Originariamente pubblicato su QualEnergia n.2 Anno XVI

Il calore della Terra costituisce una fonte energetica affidabile, sicura, competitiva e stabile nel tempo, sta acquistando un crescente interesse a livello nazionale ed europeo. Tale interesse è motivato dal fatto che potrà essere utilizzato anche in zone con risorse geotermiche di media e bassa temperatura, ampliando notevolmente le regioni in grado di ricorrere a tale opportunità. I progetti geotermici hanno una precisa connotazione geografica, soprattutto grazie al fatto che, laddove le condizioni geologiche lo consentono, l’accesso alle risorse di più elevata temperatura consentono di ottenere energia elettrica, ma anche riscaldamento e raffreddamento degli ambienti e dei processi, creando posti di lavoro diretti e indiretti lungo la filiera del valore. Tuttavia, non può essere trascurato il fatto che la gamma delle temperature utilizzabili può essere molto ampia e, anche laddove non è più possibile o conveniente attivare alcune opportunità collegate alla combinazione ottimale di portata-temperatura, restano sempre aperte numerose soluzioni utili alle attività dei singoli e delle comunità. Questa consapevolezza è necessaria affinché si possano valorizzare al meglio le risorse offerte dal calore che si trova sotto i nostri piedi.

Le tecniche per l’uso diretto del calore geotermico consistono essenzialmente nel trasferire l’energia termica dal sottosuolo (o dai fluidi da esso estratti), tramite uno o più scambiatori e/o pompe di calore, all’acqua circolante in radiatori, termoconvettori e pannelli radianti, utili ad attivare il processo produttivo interessato; nel caso di estrazione di fluidi, una volta che questi hanno ceduto il calore, l’acqua geotermica raffreddata è poi re-immessa in profondità.

Come evidenziato in figura 1, derivata dal classico diagramma di Lindal, le risorse geotermiche sono adatte a molti tipi di impiego, soprattutto per usi diretti del calore. Il limite inferiore è tipicamente di 20 °C, sebbene temperature più basse possano essere comunque utilizzate con l’utilizzo di pompe di calore. Il diagramma può essere ulteriormente articolato, considerando possibili modifiche agli impianti esistenti, grazie agli usi a cascata del calore, o combinando sistemi geotermici con altre fonti rinnovabili.

Quello termale è uno degli usi diretti più antichi del calore geotermico, diffuso in tutto il mondo, e che ha origini assai remote: praticamente tutti popoli antichi, dai Fenici agli Etruschi, dai Greci ai Romani, già utilizzavano le acque calde per scopi ricreativi e curativi. Oggi in Islanda le acque di risulta di una centrale geotermoelettrica, dopo aver alimentato una rete di teleriscaldamento, sono raccolte nella Blue Lagoon, una piscina termale che rappresenta una delle attrazioni turistiche più visitate del paese, grazie sia alle sue proprietà medicamentose, che al caratteristico colore azzurrino delle sue acque. Una piscina simile alla Blue Lagoon, con fluidi geotermici, è presente anche in Kenya, ad Olkaria, mentre in Italia il calore del sottosuolo riscalda la piscina di Larderello e nel prossimo futuro una piscina sul Monte Amiata.

In campo agricolo e zootecnico, invece, il calore geotermico viene utilizzato principalmente per:

  • il riscaldamento delle serre, tra gli esempi storicamente più diffusi di utilizzo diretto dell’energia geotermica, consentendo di ottenere prodotti agricoli anche in condizioni climatiche non ottimali per la crescita, con costi inferiori rispetto alle fonti fossili. Le tecnologie utilizzate semplici da installare e gestire, oltre alle basse temperature richieste per il fluido termovettore (acqua tra i 40°C ed i 100°C), ottenibili anche mediante una pompa di calore, danno la possibilità di realizzare serre geotermiche in gran parte della superficie terrestre;

  • la coltivazione a cielo aperto (o in serra), mediante l’irrigazione e/o il riscaldamento del terreno, anche con collettori riscaldanti sotto la superficie del suolo. Questa tecnologia, che permette di stabilizzare la temperatura del suolo attorno ai 20-30°C e prolungare la stagione di crescita delle coltivazioni, può essere installata anche per recuperare il calore residuo del fluido termovettore, a valle di una serra;

  • l’allevamento, al fine di migliorare le condizioni sanitarie ed igieniche degli animali, oltre che degli allevamenti stessi;

  • l’acquacoltura, al fine di aumentare in maniera semplice e a prezzi contenuti il tasso di produzione di specie autoctone, nonché allevarne di esotiche. Rappresenta una possibilità di utilizzo del calore del sottosuolo piuttosto diffusa in tutto il pianeta ed è in particolare espansione in Francia, Grecia, Ungheria, Islanda, Nuova Zelanda e Stati Uniti;

  • la coltivazione di alghe e microalghe, anche di origine tropicale o subtropicale, quali ad esempio la Spirulina (Arthrospira platensis): un cianobatterio che cresce vigorosamente in condizioni di forte luminosità, temperature attorno ai 35°C ed in mezzi di coltura alcalini. Questa tipologia di utilizzo del calore geotermico, impiegato per mantenere la temperatura del mezzo di coltura, è di più recente concezione, ma garantisce produzioni di elevata qualità;

Per quanto riguarda le applicazioni industriali, esistono molteplici casi di usi diretti, soprattutto nei processi a caldo, quali ad esempio l’essiccatura di varie tipologie di prodotti di origine vegetale (pomodoro, tabacco, mais, legumi, frutta, riso, peperoncini, aglio, cotone, piretro, ecc.) ed animale (carne e pesce). Sebbene presenti ancora un grande potenziale di sviluppo a livello mondiale, questo tipo di applicazione è ormai diffusa in diversi paesi, grazie alle temperature richieste, che sono solitamente medie o basse (inferiori ai 150°C), ed alla possibilità di impiego di soluzioni tecnologiche piuttosto semplici. In alcuni paesi, come in Kenya, i fluidi geotermici sono tradizionalmente utilizzati dalle comunità locali, proprio per essiccare prodotti agricoli. L’impiego di rinnovabili termiche nei processi di essiccatura del cibo, quali il calore della Terra, consentirebbe un notevole risparmio di energia primaria, se si tiene conto del fatto che nei paesi industrializzati questo tipo di attività comporta il 7-15% dei consumi energetici dell’intero comparto industriale.

Fluidi geotermici attorno ai 100°C possono poi essere utilizzati per il trattamento del latte. Alcuni esempi di queste applicazioni sono presenti in Romania, dove il calore è impiegato per la pastorizzazione e successivamente recuperato per preriscaldare il processo di produzione della polvere di latte, mentre in Kenya alcuni anni fa è stato realizzato un impianto geotermico pilota per il trattamento del latte. In alcuni caseifici delle aree geotermiche toscane i fluidi geotermici coprono invece per intero la domanda di calore necessaria alla pastorizzazione, produzione di ricotta e stufatura della cagliata. In Francia e nel sud della Tunisia vi sono, inoltre, impianti che, grazie all’impiego della geotermia, riescono a desalinizzare le acque attraverso la loro semplice evaporazione e condensazione. Questo tipo di applicazioni è particolarmente utile per coltivazioni in serra, in aree desertiche o semidesertiche.

Nel settore agroalimentare la geotermia a temperature differenti può essere utilizzata anche per altre applicazioni, quali distillazione, decongelamento, sbucciatura, sbollentatura e sterilizzazione, oltre che nei processi produttivi e per controllare la stagionatura, maturazione ed invecchiamento di prodotti come birra, salumi e vino.

La geotermia può costituire una risorsa importante anche per il settore chimico. Uno dei primi utilizzi dei fluidi geotermici a livello industriale, ancor prima dell’esperimento di Piero Ginori Conti che nel 1904 accese 5 lampadine con il vapore endogeno, è infatti costituito dalla produzione di borati ed acido borico: nel 1777 il Direttore delle Farmacie Granducali, H.F. Hoefer, scopre la presenza dell’Acido Borico all’interno delle acque del Lagone Cerchiaio a Larderello, mentre pochi anni più tardi Paolo Mascagni brevetta un metodo di estrazione dell’acido borico. Esattamente 200 anni fa nasce così la Chemin Prat De Larderel che inizialmente brucia la legna per concentrare il boro contenuto nei fluidi geotermici, per poi passare ad utilizzare direttamente lo stesso vapore endogeno, attraverso il sistema del lagone coperto, con importanti benefici sui costi di produzione e ponendo le basi per quello che diventerà, alcuni anni più tardi, uno dei principali siti di produzione di acido borico a livello mondiale.

Restando nel settore chimico, dal 1967 in Islanda si utilizza la geotermia per l’essicazione della diatomite, mentre oggi dai fluidi endogeni, solitamente a valle di un impianto geotermoelettrco, è possibile recuperare CO2 e, se presente, metano. Negli Stati Uniti sono poi stati recentemente avviati progetti per l’estrazione di ioni di litio e 2016 il progetto CHPM2030 (Combined Heat, Power and Metal extraction from ultra-deep or bodies), cofinanziato dal Programma Horizon 2020 dell’Unione Europea, punta a sviluppare un sistema basato sull’accoppiamento produttivo di energia geotermica e metalli, migliorando quindi la redditività economica dei sistemi geotermici complessi.

L’utilizzo di risorse geotermiche a bassa temperatura per la climatizzazione di ambienti, nella maggior parte dei casi necessita, oltre che di uno scambiatore di calore, anche di pompe di calore per l’aumento della temperatura ai livelli idonei per l’uso richiesto. Ciò spiega perché, proprio per poter utilizzare le basse temperature, si sta registrando a livello mondiale un forte sviluppo delle pompe di calore, con taglie di potenza variabili, a seconda della domanda di energia termica e delle differenti configurazioni impiantistiche alle quali esse sono collegate.

La pompa di calore è una macchina che, grazie all’impiego di una quantità di elettricità relativamente piccola, è in grado di trasferire calore da un corpo più caldo ad uno più freddo, contrariamente a quanto accade in natura. Questo processo ha luogo grazie ad un fluido di lavoro che subisce un ciclo di trasformazioni del suo stato fisico, attraverso le quali esso assorbe o cede calore, consentendo il riscaldamento o il raffrescamento a seconda della direzione impostata al ciclo stesso. Questa tecnologia non è nuova, visto che si basa sullo stesso principio di funzionamento dei frigoriferi.

Abbinate alla geotermia da parecchi anni, attraverso sistemi a circuito chiuso (sistemi a sonda geotermica), o aperto (con un pozzo per la derivazione dell’acqua dal sottosuolo ed uno per la reiniezione), le pompe di calore hanno un enorme potenziale di sviluppo, sia tecnologico che applicativo. Tuttavia, nonostante l’Italia vanti potenzialità notevoli dal punto di vista della disponibilità di calore nel suo sottosuolo, è oggi solo al tredicesimo posto fra i paesi europei per numero di impianti installati ed al nono per quanto riguarda la potenza, con un tasso di crescita inferiore rispetto agli stati membri, che presentano i mercati più dinamici.

Tra gli usi del calore geotermico a media temperatura, grande potenzialità di sviluppo ha assunto negli ultimi anni la generazione del freddo, mediante gruppi frigoriferi (o chiller) ad assorbimento. Ciò è dovuto al fatto che l’evoluzione dei consumi energetici, sia per il condizionamento dei locali che per gli usi industriali (p.e. raffreddamento e refrigerazione), stanno aumentando sempre di più. Da una parte i cambiamenti climatici e la crescente abitudine che “più freddo è meglio” e dall’altra un sempre maggiore sviluppo di attività che necessitano di basse temperature o impianti di raffreddamento, stanno facendo crescere notevolmente il mercato del freddo, con conseguenti aumenti nei consumi di elettricità.

La tecnologia adottata è già disponibile sul mercato: con un funzionamento analogo a quello delle pompe di calore, ma inverso, i chiller ad assorbimento consentono di utilizzare il calore per produrre freddo. Questo è possibile grazie all’impiego di due fluidi di lavoro: un refrigerante, che circola evaporando (assorbendo calore) e condensando (cedendo calore), e un fluido secondario meno volatile, detto assorbente. Sebbene tra le rinnovabili termiche la più utilizzata per gli assorbitori sia il solare termico, i fluidi caldi provenienti dal sottosuolo possono fornire l’energia necessaria al funzionamento di questi impianti, a prezzi bassi e senza il problema dell’aleatorietà stagionale e metereologica legato alla fonte energetica. Temperature tra 70° e 100°C possono infatti essere adoperate per il condizionamento dell’aria, mentre per la refrigerazione e gli usi industriali sono necessari fluidi a più di 100°C.

Oltre a presentare benefici dal punto di vista ambientale, la generazione di freddo e di fresco mediante fluidi geotermici, comporta risparmi sui costi di esercizio degli impianti, rispetto ai tradizionali gruppi frigoriferi a compressione, alimentati esclusivamente con energia elettrica.

Dalla metà degli anni ’90 del secolo scorso diversi paesi si distinguono come principali consumatori di fluidi geotermici per usi diretti (Cina, USA, Giappone, Islanda e Germania); tuttavia, nella maggior parte del mondo tale sviluppo è stato lento. Questo non è sorprendente, in quanto i combustibili fossili sono il concorrente principale, così come gli alti costi di investimento iniziali legati ai progetti geotermici.

A partire dal 2005 circa gli usi diretti del calore geotermico hanno iniziato a crescere decisamente, soprattutto nell’ambito del riscaldamento degli edifici ed anche con alcune importanti applicazioni nei teleriscaldamenti urbani, tra gli usi diretti, quello per la climatizzazione degli ambienti è divenuto quantitativamente il più importante.

Utilizzando i 587.786 TJ/anno di energia consumata nelle applicazioni geotermiche dirette nel 2015 (vedi Tabella 2), il risparmio sarebbe compreso fra 140 e 280 milioni di barili di petrolio o tra 21 e 42 milioni di tonnellate di petrolio all’anno. A questo proposito, come termine di paragone vale la pena ricordare che 280 milioni di barili sono circa tre giorni di consumo mondiale di petrolio.

Anche con riferimento alla generale tendenza verso la decarbonizzazione dell’atmosfera, raccomandata a livello globale dagli Accordi internazionali sui cambiamenti climatici, è facile prevedere che, per il riscaldamento di edifici ed altri ambienti, almeno nei prossimi 10-15 anni, si verificherà anche in Italia una sistematica notevole contrazione dell’uso di combustibili fossili, con una conseguente significativa crescita del ricorso al calore geotermico a bassa temperatura. Dopo tale periodo, a partire dal 2030 circa, è plausibile prevedere una flessione dei tassi di crescita nel comparto di climatizzazione degli ambienti con calore terrestre, fino alla loro stabilizzazione, su valori più contenuti ma sempre positivi.

I benefici della geotermia oggi sono sotto gli occhi di tutti. Produrre energia elettrica, riscaldare e raffreddare gli ambienti, l’acqua o altri fluidi per diversi processi con il calore della Terra, invece che con combustibili fossili, comporta anzitutto un risparmio diretto sulla bolletta energetica degli utenti, oltre che contribuire alla diminuzione delle emissioni di biossido di carbonio e ed altri gas responsabili dell’effetto serra. Questo rappresenta non solo un impegno virtuoso, mirato al rispetto delle condizioni ambientali future, ma anche un dovere attuale, assunto come vincolo esplicito a partire dalla sottoscrizione degli Accordi per il contenimento dei cambiamenti climatici.


Loredana Torsello, Responsabile Progetti Internazionali e Strumentali CoSviG Scrl

Dario Bonciani, Coordinatore CEGLab di CoSviG Scrl


Bibliografia

  Loredana Torsello, Dario Bonciani