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L’Italia si riscalda a legna e brucia

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Boom di stufe e camini. Più importazioni di combustibile vegetale.

Fonte: La Nazione

Autore: Achille Perego

L’HANNO già chiamata la rivincita della legna o la riscoperta del fuoco. Perché in tempo di crisi e di costi delle bollette andati alle stelle, ma anche di attenzione all’ambiente, gli italiani hanno pensato bene di coniugare risparmio ed eco sostenibilità ritornando a utilizzare la cara, vecchia legna dei nonni per riscaldare non solo le case in montagna o di campagna ma anche quelle in città. Così, di fronte alla difficoltà delle famiglie ad arrivare a fine mese e all’aumento insostenibile del prezzo dei combustibili, il ritorno del freddo, rileva uno studio della Coldiretti, ha fatto accendere quest’anno oltre sei milioni di camini e di stufe, sia per riscaldarsi, sia per cucinare. Un vero e proprio record che ha reso necessaria l’importazione di ben 3 miliardi di chili di legna da ardere nel corso di tutto il 2012 (più 26% solo nei primi sette mesi, secondo l’Istat, rispetto a dieci anni fa) che saranno bruciati per riscaldare le case mentre dal 2002 si è praticamente dimezzato il consumo di gasolio da riscaldamento (meno 49% nei primi nove mesi dell’anno). Tanto che l’Italia è diventato il primo importatore mondiale di legna da ardere nonostante la presenza sul nostro territorio di 10,4 milioni di ettari di superficie forestale (12 miliardi di alberi), in aumento del 20% negli ultimi vent’anni.
IL PRIMO boom delle stufe a legna si è verificato nel 2006, in concomitanza con l’impennata dei prezzi di gasolio e metano. E sempre sei anni fa c’è stato anche il grande salto del pellet, arrivato in Italia alla fine degli anni Novanta, ma fino ad allora poco utilizzato. Oggi, secondo i dati riferiti da Annalisa Paniz dell’Aiel (Associazione italiana energie agroforestali) all’ultima fiera Progetto Fuoco di Verona, si vendono 2 milioni di tonnellate di questi cilindretti di segatura pressata ed essiccata (un quarto prodotti in Italia) e oltre 16 milioni di tonnellate di legna e cippato (trucioli e scarti di legno) da ardere. Il pellet e gli enormi progressi tecnologici delle stufe di cui siamo primi produttori e consumatori europei (188mila vendute nel 2011 per un parco nazionale-stufe di un milione e 561mila unità, destinate a salire a 3,6 milioni nel 2020) e delle caldaie (15.600 oggi e almeno 30mila sempre nel 2020) ha spinto il ritorno al legno. Avvicinandoci a Paesi come l’Austria (dove il 40% delle famiglie intende passare dal riscaldamento tradizionale alla stufa) o la Germania dove da sempre è diffusa la cultura della legna da ardere.
Le moderne stufe e impianti (anche per riscaldare l’acqua calda e farla girare nei caloriferi o diffondere il calore nell’aria) a pellet partono con l’accensione elettronica e si caricano automaticamente comprando il pellet in sacchetti da 15 chili ma il 10% viaggia in autobotti che riforniscono (come avviene con il gasolio) le caldaie degli edifici più grandi. E se l’efficienza energetica delle moderne stufe e caldaie (per la cui installazione fino al prossimo giugno vale la detrazione fiscale del 50% per spese fino a 98mila euro) ha permesso una diminuzione delle emissioni nocive, inquinando meno rispetto agli altri combustibili, consente anche risparmi dal 30-40 fino al 60-70% sulla bolletta. Secondo i calcoli del Gad (Gruppo apparecchi domestici) di Aiel, si spendono 175 euro per produrre un Mwh (megawattora) di calore con il Gpl, 112 con il gasolio, 73 con il metano, 50 con i sacchi di pellet e 41 con il pellet sfuso per scendere a 37 euro con la legna da ardere e a 30,5 con il cippato.
FATTI quattro conti, su una spesa media di circa 2.000 euro per riscaldare un appartamento, con il pellet si risparmiano 600-700 euro e con la legna almeno mille rispetto al metano consentendo in tre-quattro anni di rientrare dall’investimento, tenendo conto che una buona stufa costa sui 2000-2.500 euro, ma si può partire anche dalla metà.