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Il sole e il mercato: il caso Desertec

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Se la legge di Moore continuerà a funzionare anche col fotovoltaico si prevede che tra meno di dieci anni quella da solare raggiungerà, in termini assoluti, l’energia elettrica prodotta dal mondo con ogni mezzo nell’anno 2010.

Fonte: greenreport.it

Autore: Pietro Greco

Gli ingegneri guardano con fiducia al futuro del fotovoltaico. Dal 1975 a oggi la produzione di elettricità con celle solari al silicio raddoppia con andamento costante ogni 2,45 anni. L’andamento è quello tipico della cosiddetta "legge di Moore", che prevede un raddoppio della performance di una tecnologia più o meno ogni 2 anni. Non è una legge fisica. Ma sembra funzionare. È già successo con i computer: ogni due anni le prestazioni raddoppiano perché nel medesimo tempo si riesce a dimezzare il volume fisico dei transistor e, dunque, a occupare col doppio di elementi il medesimo spazio. Se la legge di Moore continuerà a funzionare anche col fotovoltaico si prevede che tra meno di dieci anni quella da solare raggiungerà, in termini assoluti, l’energia elettrica prodotta dal mondo con ogni mezzo nell’anno 2010.
Gli scienziati pensano che il solare sia uno dei settori in cui si può fare di più. Proprio la scorsa settimana la rivista Science ha pubblicato un articolo in cui si ipotizzano nuove celle fotovoltaiche realizzate non al silicio, ma con nanoparticelle al titanio e all’alluminio. La ricerche dimostrano che è possibile migliorare le performance, almeno in prospettiva, abbattendo i costi.
Ma l’economia dell’innovazione, anche nel solare, non è così lineare. Abbattere i costi, per esempio, non è un valore in sé. Non lo è stato, come riporta la rivista Nature nel suo ultimo numero, per i dirigenti della , che hanno deciso di uscire dal progetto .
L’idea di questo progetto è abbastanza semplice. L’Europa tutta intera consuma, ogni anno, 4.000 terawattora di energia. Sul Sahara e sui paesi del Medio oriente il Sole invia ogni anno sottoforma di radiazione una quantità di energia pari a 630.000 terawattora. Basterebbe, dunque, catturare una piccola frazione di questa energia, lo 0,6%, per "risolvere" il problema energetico del Vecchio Continente.
Tra il dire e il fare, è il caso di dirlo, ci sono di mezzo il deserto e il mare (Mediterraneo). Ma non sono ostacoli insormontabili. Basta ricorrere a due tecnologie già esistenti: una per la cattura e l’altra per il trasporto dell’energia.
Per la cattura non occorrerebbe coprire tutto il Sahara o il deserto arabico di specchi: basterebbe, per soddisfare tutta l’attuale domanda di energia del mondo, una superficie pari a quella dell’Austria. E basterebbe ricoprire un quarto di quella superficie, una regione non più grande della Puglia (qualcuno dice non più grande della Basilicata) per catturare una quantità di energia pari alla domanda dell’intera Europa. Basterebbe, naturalmente, una superficie poco più grande per soddisfare la domanda di energia degli stessi paesi della «fascia del sole». Perché il Progetto  prevede la compartecipazione paritaria di tutta l’area euromediterranea alla grande "rete elettrica intelligente".
Già perché l’energia catturata col sistema  dovrebbe entrare in un grande paniere dove convergono altre fonti rinnovabili (eolico, maree) disperse in tutta l’area a nord e a sud del Mediterraneo e distribuita mediante tecnologie già esistenti secondo una razionalità affidata a una rete intelligente.
Molte grandi aziende, soprattutto tedesche, si sono consorziate per portare avanti il progetto e realizzarlo entro il 2050. Tra queste c’è la . Un’azienda molto grande con una forte vocazione per le energie rinnovabili. Ha appena vinto una commessa per 44 grandi turbine eoliche che dovranno consentire al Marocco di generare col vento 6 Gigawatt di energia elettrica entro il 2020. Una rete eolica, sia detto per inciso, che dovrebbe entrare a far parte della grande rete intelligente euro mediterranea.
Ebbene, la  è tra i fondatori del progetto . Ma pochi giorni fa ha deciso di uscire, entro l’anno, dal consorzio. Il motivo? Il costo delle celle solari è crollato del 65%, grazie all’offerta cinese, e l’azienda non trova più convenienza nell’impresa.
Malgrado il fotovoltaico sia un settore che gli ingegneri e gli economisti ritengono interessante, i politici che si occupano di ambiente addirittura essenziale  e che gli scienziati promettono di rinnovare.
Ufficialmente la notizia della rinuncia  non modifica più di tanto il progetto. Le altre aziende co-fondatrici si dicono pronte più che mai a portarlo avanti. Tuttavia non c’è dubbio che il colpo sia duro. Di qui la domanda: è possibile lasciare alle sole forze di mercato, che rispondono a logiche contingenti, la realizzazione di un progetto strategico come  che dovrebbe risolvere, addirittura, il problema energetico di due continenti e mezzo (Europa, Africa e Asia occidentale)?