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Media, bassa e bassissima entalpia: il calore della terra immediatamente sfruttabile

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L’uso termico oltre che elettrico della risorsa geotermica, è un asse strategico per la Regione Toscana, alla luce degli obiettivi posti dal decreto burden sharing

Fonte: GeotermiaNews

Autore: Redazione

La liberalizzazione del settore dell’attività geotermica introdotta dal Dlgs 22/2010 ha posto alla Regione Toscana l’esigenza di confrontarsi con una grande quantità di permessi di ricerca per le attività geotermiche: sono 52, infatti, i permessi richiesti presentati di cui 7 ancora all’esame della struttura regionale.

I dati li ha forniti Aldo Ianniello, Dirigente del Settore Energia, Tutela della Qualità dell’Aria e dall’Inquinamento Elettromagnetico e Acustico della Regione Toscana, intervenuto al seminario organizzato da CoSviG per i propri soci, lo scorso 28 settembre, ad Arcidosso.

Ianniello, nel descrivere il quadro di riferimento normativo ha, infatti, evidenziato che con il Dlgs 22/2010 le funzioni di rilascio e controllo relative a permessi di ricerca e concessioni di coltivazione di risorse geotermiche in terraferma, sono delegate alle Regioni.

Rimangono in capo al ministero dello Sviluppo Economico con il coinvolgimento della Regione interessata i procedimenti relativi a giacimenti di interesse nazionale e i permessi per i progetti pilota ad emissioni nulle.

La media temperatura, per la sua propensione all’uso termico oltre che elettrico della risorsa geotermica, diventa quindi un asse strategico per la Regione Toscana, alla luce degli obiettivi che ci pone il decreto burden sharing dello scorso 15 marzo.

Secondo il decreto che ripartisce tra le regioni gli impegni che dovremo assolvere come Paese, per rispettare la strategia 20-20-20 varata dall’Unione Europea nel 2007, la Toscana dovrà coprire con fonti rinnovabili il 16,5% del fabbisogno energetico al 2020.

«Questo ci costringe a impegni piuttosto gravosi – ha detto Ianniello anche perchè le Regioni che non rispetteranno gli obiettivi saranno commissariate e sottoposte all’obbligo di acquisto di certificati Verdi per supplire alla quota mancante.»

Quali sono le tecnologie per l’utilizzo della media e bassa entalpia lo ha spiegato Maurizio Vaccaro, del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia e dei Sistemi (DESTEC) dell’Università degli Studi di Pisa.

Elemento essenziale per l’individuazione della corretta tecnologia è comunque la caratterizzazione delle risorse –tema definito “multidisciplinare”- da cui discende la classificazione dei serbatoi geotermici, è necessario conoscere la tipologia di fluido estratto e non solo la gradazione di temperatura. Così come la valutazione delle potenzialità geotermiche non è solo legata alla potenzialità intrinseca alla risorsa ma anche alle tecnologie utilizzate. «Comunque sia –ha spiegato Vaccaro- la fascia che va da 50 a 150 °C è quella di maggior distribuzione statistica a livello globale».

La tecnologia di riferimento per l’utilizzo delle risorse a media temperatura è il ciclo binario, in cui tutto il fluido estratto viene reiniettato per motivi tecnologici, ambientali e normativi e di conseguenza non vi sono emissioni né liquide né gassose.

«Per garantire la rinnovabilità della risorsa –ha spiegato Vaccaro- è necessario un approccio integrato tra tecnologia e caratteristica della risorsa stessa».

Diventa allora fondamentale nei sistemi binari la strategia di reiniezione: i serbatoi vanno cioè ricaricati avendo l’accuratezza di non raffreddare troppo il serbatoio di prelievo, ponendo attenzione alle metodologie della reiniezione stessa.

Sulla bassa entalpia, Maurizio Vaccaro, ha spiegato il funzionamento delle pompe di calore geotermiche, che operano sia con prelievo di fluido sia senza.

Le pompe che funzionano senza prelievo di fluido hanno il vantaggio di mantenere il range di temperatura del terreno costante, anche se non tutti i terreni sono ugualmente efficienti dal punto di vista termico: «per cui -ha raccomandato- è importante conoscere preventivamente le caratteristiche termiche del terreno scelto».

Su questo è stato molto esaustivo Alessandro Sbrana, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Pisa, che ha spiegato come in termini di gradiente termico del terreno «molte piane della Toscana sono molto interessanti perché si trovano già 22 °C a meno 100 metri di profondità e comunque 15 °C ci sono praticamente ovunque».

Alessandro Sbrana, che è anche uno degli esperti di Energea, la nuova società nata dalla fusione di CITT e CEGL, con il compito (affidatogli dalla Regione Toscana) di incentivare il trasferimento tecnologico in materia di energie rinnovabili, ha illustrato poi un modello di elaborazione di tutti i dati conoscitivi a disposizione in grado di ricostruire un’immagine tridimensionale del sottosuolo e fornire informazioni di dettaglio sulla presenza della risorsa geotermica, così da individuarne meglio le possibili utilizzazioni.

«Questo modello verrà impiegato nell’ambito di un progetto pilota -ha continuato Sbrana- per lo sviluppo di una metodologia innovativa per le valutazioni qualitative delle risorse geotermiche a bassissima, bassa e media temperatura della piana di Pisa, ma potrà essere applicato anche in altri territori. Ad esempio nella piana di Grosseto, dove ci sono temperature più alte a minori profondità, potrebbe essere da subito replicabile».

I dati raccolti potrebbero essere utili per la definizione dei regolamenti urbanistici delle amministrazioni locali, così da ampliare l’uso dei sistemi di utilizzo della bassa entalpia, che potranno dare un valido contributo al raggiungimento degli obiettivi.

«La vera forza della tecnologia –ha detto Sbrana- è il doppio uso della risorsa per il riscaldamento e il raffrescamento» infatti «i nuovi progetti europei parlano di sistemi di accumulo».