Lo afferma Jacques Varet, già Direttore del Servizio Geologico Nazionale Francese (BRGM), recentemente consulente esperto per le risorse geologiche e per uno sviluppo sostenibile e presidente del Comitato Tecnico per la Geotermia sull’Amiata
I settori di ricerca in cui si è impegnato Jacques Varet si collocano nell’ambito della vulcanologia, della petrologia, della mineralogia, della tettonica, della geodinamica e della geochimica dei magmi, specialmente in aree di rift.
In 45 anni di attività, oltre che in Francia e in Italia anche in molti Paesi di tutto il pianeta, ha accumulato esperienze nel sostegno allo sviluppo industriale geotermico ed alle politiche sociali in favore di questa energia; nella gestione della ricerca, a partire dalla ricerca geotermica di superficie allo studio delle potenzialità e della realizzazione della centrale. Ha inoltre gestito ed organizzato studi sull’impatto ambientale e sociale, inclusi gli aspetti relativi alla gestione sostenibile.
E’ autore di rapporti scientifici, libri e più di 200 pubblicazioni ed è editore di riviste sulle Geoscienze.
Ha partecipato, sia come membro che come Presidente, a diverse commissioni scientifiche nel campo dell’energia geotermica, tra cui il Comitato Tecnico per la Geotermia sull’Amiata.
Professore Varet, da dove deriva la motivazione per il suo coinvolgimento nel settore dell’energia geotermica?
«A parte ciò che deriva dal mio bagaglio scientifico e dalla necessità di sviluppare applicazioni provenienti della mia attività di ricerca, la mia principale motivazione è sociale e politica e quindi etica. Di fondo vi è quindi l’idea che la società debba realizzare lo sviluppo sulla base del migliore uso delle risorse locali, siano esse legate all’uomo o alla natura. Vi è quindi la necessità di rispondere ai bisogni attraverso il miglior utilizzo delle opportunità offerte dal luogo in cui si vive e nel rispetto dello sviluppo ecologico.
Per quanto riguarda lo sviluppo dell’energia geotermica, c’è la necessità di capire l’entità della domanda e di determinare il coinvolgimento delle amministrazioni nelle scelte: si tratta di stabilire la responsabilità e cioè di istituire autorità capaci di verificare lo sviluppo geotermico. Ciò implica informazione, formazione, creazione di figure professionali, politiche pubbliche di sostegno e condivisione dei rischi».
Lei è un esperto di fluidi geotermici a media e bassa temperatura. Ci spiega la differenza che c’è rispetto ai fluidi ad alta temperatura?
«Nella mia vita professionale ho dovuto sviluppare l’energia geotermica in Francia per rispondere alla richiesta di fornire il 30% di energia per il riscaldamento delle case, in contesti geologici caratterizzati da bacini sedimentari, sebbene la mia formazione culturale sia vulcanologica e quindi legata ai sistemi geotermici di alta temperatura. Tale attività è nata per le richieste delle amministrazioni comunali, che avevano l’interesse a ricercare risorse geotermiche nei loro territori, e ciò ha fortemente aiutato a ricercare schemi ingegneristici tali da favorire la produzione di energia sostenibile, non inquinante e che potesse essere distribuita fra coloro che ne fossero stati interessati. Tutto ciò è stato possibile attraverso la scelta tecnica di re-iniettare il fluido geotermico nel suo serbatoio di origine, dopo averne sfruttato le capacità caloriche.Nel caso dei fluidi geotermici di alta temperatura, l’assetto geologico di riferimento è più complicato ed il fluido geotermico è generalmente arricchito in elementi chimici che impongono una maggiore attenzione nello sfruttamento. Il miglior modo di sfruttare l’energia geotermica rimane quindi la pratica di re-iniettare il fluido, compreso quello in condizioni di alta temperatura, proprio come si tende a fare per altri fluidi geotermici di bassa temperatura ad esempio nei sistemi di raffreddamento o di riscaldamento, nella balneo-terapia, nell’uso diretto delle proprietà chimiche dei fluidi, ecc.».
Quali sono le differenti applicazioni dei due sistemi?
«Nel caso dei sistemi a bassa temperatura, ci sono dei limiti applicativi. I sistemi attuali possono svilupparsi solo se vi è un numero sufficiente di utenti presenti nel raggio di un kilometro o meno. Questa condizione giustifica il costo dell’impianto, ammortizzabile in 5-10 anni -ma con un tempo di sfruttamento molto più lungo- e quindi competitivo con la produzione di uguale quantità di energia ottenuta da combustibile fossile. Nel caso dei sistemi ad alta temperatura, c’è un maggiore vincolo geografico della risorsa geotermica determinato dalle peculiari condizioni geologiche che devono realizzarsi, ma un minor condizionamento legato alla domanda locale poiché l’energia elettrica può essere facilmente trasportata. Ritengo comunque, che in aree urbanizzate come quelle che abbiamo in Europa e quindi in Italia, non possiamo trascurare le richieste di energia che vengono dalla comunità locale, mentre sviluppiamo e miglioriamo i sistemi per la produzione di energia da sistemi geotermici ad alta entalpia. Si dovrebbe tendere all’ottimizzazione dell’intero ciclo di energia, producendo per esempio, sistemi di sfruttamento energetico in cascata».
L’Italia grazie alla geotermia che utilizza i fluidi ad alta temperatura esistenti in Toscana è ai vertici mondiali per l’uso di questa risorsa e per la tecnologia utilizzata. Per i fluidi a medie e basse temperature, in base alle conoscenze che si hanno, quali sono secondo lei le prospettive, in Italia e in Toscana?
«Considerando l’esperienza storica della Toscana nella geotermia, sia l’amministrazione regionale che quelle locali dovrebbero essere orgogliose di aver ricevuto un tale “dono” dalla Natura e che tutti dovrebbero rendersi conto di quanto sia importante promuoverne lo sviluppo. Rimango sempre personalmente meravigliato nel considerare le potenzialità dell’energia geotermica, in particolare in Toscana dove è notevole la qualità della risorsa rispetto a quelle disponibili nell’Europa continentale. E‘ quindi responsabilità degli enti locali, sia pubblici che privati, preoccuparsi dei nuovi sviluppi della geotermia. Il coinvolgimento di tutti coloro che sono interessati al tema delle risorse geotermiche implica che vengano considerati tutti gli aspetti energetici e non solo quelli relativi alla produzione di energia elettrica. Il caso della “Laguna Blu” in Islanda spiega come una struttura di balneo-terapia possa diventare luogo turistico a partire da fluidi geotermici di alta temperatura, sfruttati per la produzione di energia elettrica».
L’attuale quadro normativo e di incentivi in Italia può agevolare secondo lei lo sviluppo del settore legato ai fluidi di medie e basse temperature?
«Il fatto che, attualmente, lo sviluppo dell’energia geotermica in Italia sia nelle mani dell’Amministrazione regionale, certamente aiuterà sia per definire un nuovo sviluppo geotermico in Toscana e nel resto d’Italia, sia per definire una diversificazione dello sviluppo energetico in funzione delle esigenze delle comunità locali. Questo implica, per le Regioni, l’esigenza di sviluppare l’informazione per tutti (ed in maniera particolare per gli Enti pubblici e privati interessati) sull’energia geotermica e sulle sue applicazioni; significa definire sempre meglio la risorsa geotermica, attraverso una sempre maggiore conoscenza dell’assetto geologico, degli aspetti geochimici e geofisici, e dei dati provenienti dai pozzi profondi. Le conoscenze dovrebbero essere patrimonio di un ente pubblico e non solo degli operatori privati. Infine significa definire un reale e competente controllo pubblico sulle installazioni industriali in modo da assicurare uno sfruttamento eco-compatibile e sostenibile della risorsa geotermica».
In termini di impatti ambientali e di accettabilità sociale vi sono delle differenze tra le applicazioni dei due sistemi?
«Questo punto è già stato affrontato nelle precedenti risposte. Ambedue i sistemi, benché differenti sia per le condizioni geologiche che per la realizzazione e sfruttamento industriale potrebbero, secondo me, essere simili nella gestione locale, nelle soluzioni tecniche fondamentali (per esempio nell’uso della re-iniezione), nella definizione dell’interesse sociale e pubblico e nella ricerca di ulteriori e futuri sviluppi».
In base alla sua esperienza come presidente del Comitato Tecnico per la Geotermia sull’Amiata crede che sarà possibile e come ricomporre la frattura tra una parte della società che vive quel territorio e la geotermia che è una fonte strategica di energia per la Regione Toscana?
«Credo di aver già risposto precedentemente. Devo aggiungere che l’esperienza del CTGA è stata per me molto istruttiva, sebbene non sempre semplice né produttiva come inizialmente speravo! E’ mia opinione che la Regione Toscana abbia necessità di definire un nuovo organismo che possa contribuire, in termini scientifici e tecnici, a sostenere le scelte amministrative. La Regione Toscana ha necessità di sviluppare quindi proprie capacità tecnico-scientifiche per far crescere l’informazione, definire le risorse geotermiche, gestire ed interpretare i dati geotermici relativamente allo sfruttamento del serbatoio e all’impatto ambientale. Tutto ciò con l’obiettivo di offrire un solido e autorevole riferimento per tutti gli interessati alle risorse geotermiche, sia del settore pubblico che privato, anche allo scopo di aumentare la loro capacità di realizzare impianti».