Martignoni: «Esiste energia per raddoppiare la produzione, stiamo perdendo una grande opportunità»
Nei giorni scorsi la troupe di “Stasera Italia”, il noto talk show diretto da Barbara Palombelli su Rete 4, si è recato in visita nella Toscana dal cuore caldo per approfondire le possibilità di sviluppo sostenibile della geotermia, la fonte rinnovabile che più caratterizza la nostra regione.
Nel servizio, il giornalista Michel Dessì – accompagnato da Francesco Lazzeri, il responsabile Esercizio impianti delle centrali geotermoelettriche gestite da Enel Green Power – va alla scoperta del funzionamento di questi impianti, passando dal calore della terra che viene convogliato a una centrale per la produzione di energia al rilascio in sicurezza del vapore dalla relativa torre di raffreddamento.
Un’energia che non si traduce solo in elettricità, ma anche nell’impiego diretto di calore per la climatizzazione degli edifici come anche per rendere più sostenibili i processi produttivi locali, a partire dall’agroalimentare di qualità: è il caso di Vapori di Birra, birrificio artigianale pluripremiato da Legambiente per l’impiego del calore geotermico nel processo brassicolo, un approccio in grado di tagliare drasticamente i costi economici investendo in sostenibilità ambientale.
Eppure, nonostante questi impieghi virtuosi, dalla coltivazione sostenibile della geotermia potremmo ottenere molta più energia rinnovabile.
Anche se nel sottosuolo «esiste energia per raddoppiare la produzione, in realtà non riusciamo ad andare avanti a creare altri impianti», spiega ai microfoni di “Stasera Italia” Loris Martignoni, vicepresidente del Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche (CoSviG).
Ad oggi infatti la geotermia soddisfa il 30% circa della domanda di elettricità toscana (oltre a fornire 384 GWh di energia termica), ma le risorse geotermiche presenti nel sottosuolo, nell’area vulcanica amiatina come nell’area di Larderello, tecnicamente consentono il raddoppio della produzione geotermoelettrica toscana al 2050, consentendo dunque di coprire il 60% del fabbisogno regionale, con enormi vantaggi in termini di supporto all’indipendenza energetica – un aspetto particolarmente importante per il nostro Paese, che dalla Russia importa un quarto dei combustibili fossili che consumiamo –, oltre che di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
Il problema che frena la realizzazione di nuove centrali geotermoelettriche (l’ultima è stata costruita nel 2014, Bagnore 4) sta nelle molteplici sindromi NIMBY & NIMTO che si scagliano contro le rinnovabili, geotermia compresa, e nell’esasperante processo autorizzativo: come spiegato su “Stasera Italia” per creare un nuovo impianto servono sette autorizzazioni da parte di tre diversi ministeri, una commissione, le soprintendenze provinciali, la Regione e il Comune, e in media servono 10 anni.
«Stiamo perdendo una grande opportunità, è chiaro, mentre il mondo intero investe sulla geotermia», osserva Martignoni. Mentre l’Italia resta ferma, infatti, a livello globale si stima che nel solo 2021 siano stati installati nuovi impianti per la produzione geotermoelettrica pari a 246 MW.