Circa la metà dell’energia che consumiamo è per produrre calore, e la nuova normativa approdata in Gazzetta ufficiale potrebbe rivoluzionare l’apporto della geotermia
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il cosiddetto decreto Energia (decreto legge 1° marzo 2022 , n. 17), entrato in vigore il giorno successivo, che dispone Misure urgenti per il contenimento dei costi dell’energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali, favorendo anche l’impiego di una fonte rinnovabile come la geotermia.
«È da tempo che gli uffici ministeriali stanno lavorando ad un decreto che possa supportare lo sviluppo delle pompe di calore geotermiche, e ora ci sono gli elementi necessari per andare avanti», spiega Dario Bonciani, responsabile tecnico del CEGLab, il Laboratorio del centro di eccellenza per la geotermia di Larderello a marchio CoSviG: in quest’ambito, il Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche «sta lavorando a livello nazionale, in collaborazione con altri stakeholder del settore all’interno della Piattaforma geotermia, proprio per promuovere un riferimento normativo a livello nazionale che dia indicazioni per la posa in opera di sonde geotermiche destinate alla climatizzazione degli edifici».
E a conferma del lavoro svolto, va in questa direzione l’art. 15 del decreto approdato in Gazzetta che introduce nuove semplificazioni per l’installazione di impianti a sonde geotermiche a circuito chiuso, seppur ancora da stabilire con apposito decreto da parte del Ministero della Transizione Ecologica (MITE), atteso entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto.
Tale decreto dovrà infatti stabilire sia «le prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, ossia sonde geotermiche, destinati al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici e alla produzione di energia elettrica»; sia «i casi in cui si applica la procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, nonché i casi in cui l’installazione può essere considerata attività edilizia libera, a condizione che tali impianti abbiano una potenza inferiore a 2 MW e scambino solo energia termica con il terreno, utilizzando un fluido vettore che circola in apposite sonde geotermiche poste a contatto con il terreno, senza effettuare prelievi o immissione di fluidi nel sottosuolo».
Si tratta di un importante passo avanti per incrementare nel Paese l’impiego diretto della geotermia per la climatizzazione degli edifici, tramite pompe di calore che possono garantire sia il riscaldamento sia il raffrescamento degli ambienti, con impatti ambientali bassissimi e un costo economico molto ridotto per l’utente.
Cosa attenderci dunque dal decreto in arrivo dal MITE?
L’auspicio, sottolinea Bonciani, è che arrivi finalmente a definire «una regolamentazione tanto attesa dal settore, che oltre a prevedere una semplificazione dell’iter burocratico per realizzare una pompa di calore geotermica, dia maggiori certezze sulle procedure autorizzative e sulle caratteristiche che questi impianti devono avere. Finalmente infatti si avrà una normativa di riferimento nazionale in materia di pompe di calore geotermiche, con prescrizioni tecniche per la realizzazione di impianti efficienti, soprattutto per quanto riguarda quelli di maggiori dimensioni».
Uno sviluppo da non trascurare vista anche la crisi energetica che stiamo attraversando, con il conseguente caro-bollette determinato in primis da un forte rincaro di una fonte fossile come il gas naturale.
Al contrario, un recente studio condotto dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) mostra che le pompe di calore geotermiche sono la scelta più economica per sostituire le tradizionali caldaie alimentate a gas fossile, anche in Paesi freddi come Svezia, Francia, Danimarca, Germania, Regno Unito e Canada.
Se pensiamo che il 50% circa del consumo energetico a livello europeo ed italiano è rappresentato dalla domanda di calore, allora l’utilizzo del calore geotermico (inesauribile, costante, disponibile ovunque e a limitatissimo impatto) è di gran lunga la fonte rinnovabile più adatta a soddisfare questa domanda con il massimo rendimento; eppure ancora oggi il gas metano rimane la fonte energetica più utilizzata per il riscaldamento, mentre tutte le fonti energetiche rinnovabili (comprese le pompe di calore) forniscono in Italia solo il 20% circa dell’energia consumata nel settore termico.
Nel nostro Paese in particolare, il maggior consumo di combustibili fossili si registra proprio per gli usi termici negli edifici (55Mtep/anno), che sono responsabili della metà delle emissioni di CO2 – massimamente in ambito urbano –, eguagliando tutte quelle prodotte per la generazione di energia elettrica e nel settore dei trasporti.
Da quasi dieci anni la geotermia italiana sta contribuendo alla transizione ecologica del comparto con circa 11.000 TJ/a (0,26 Mtep/a) di energia termica utilizzata, ma senza incrementi significativi: eppure questo dato potrebbe aumentare di diverse volte nei prossimi dieci anni se gli impianti a geoscambio e le reti di teleriscaldamento riuscissero a decollare, contribuendo sia alla sfida climatica sia a quella della sicurezza energetica che l’Italia è chiamata oggi più che mai ad affrontare.
In attesa del riordino normativo che dovrebbe finalmente arrivare tramite decreto attuativo del MITE, cosa resta dunque da fare per promuovere concretamente la diffusione delle pompe di calore geotermiche nel nostro Paese? «Credo sia necessario – conclude Bonciani – istituire un apposito registro pubblico degli impianti presenti sul territorio nazionale: da una parte consentirebbe di dare maggiore visibilità e sicurezza nei confronti di questa tecnologia, mentre dall’altra fornirebbe informazioni preliminari sulle caratteristiche del sottosuolo che è necessario conoscere per realizzare nuovi impianti. Infine, è necessario che chi installa le sonde geotermiche sia un professionista qualificato».