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Geotermia a bassa entalpia, un potenziale in cerca di mercato

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L’ atteggiamento verso la geotermia, quella a bassa entalpia in particolare, è “simile a quello che esisteva dieci anni fa per le rinnovabili in generale”, spiega Carlo Manna dell’ENEA, “tante potenzialità che non si traducono in azioni concrete di investimento e mercato”.

Fonte: Canale Energia.com

Autore: Antonio Jr Ruggiero

Una scarsa attenzione nonostante “nel nostro Paese ci siano grosse competenze e conoscenze in questo settore”dovuta dal faro sempre accesso su altre fonti rinnovabili più semplici da capire per l’utente finale, come il fotovoltaico.

Questo il focus su un comparto spesso definito la “cenerentola” delle rinnovabili che a gran voce chiede di ottenere uno sviluppo adeguato, come emerso nel recente dibattito a Zeroemission 2012. Secondo lo studio dell’Unione Geotermica Italiana dal titolo: "Previsioni di crescita della geotermia in Italia fino al 2030", le risorse di media e bassa temperatura (T<80-90 °C), adatte per una serie di usi diretti, hanno una buona diffusione sul territorio nazionale. Inoltre, l’impiego di pompe di calore geotermiche consente di sfruttate risorse anche a temperatura inferiore (T<30 °C), che esistono quasi dappertutto, anche a piccola profondità.

Nell’ambito dello studio, in base alle caratteristiche geologiche del territorio italiano, al tipo di risorse geotermiche esistenti fino a 5 km di profondità, al probabile forte aumento dei prezzi dei combustibili fossili nei prossimi anni e ai miglioramenti attesi dalla tecnologia di utilizzazione del calore terrestre, è stato delineato lo scenario di crescita: “Sviluppo degli usi diretti 2010-2030 con relativi risparmi di petrolio e riduzione di CO2 emessa”. Tale scenario, prendendo in considerazione un trend di sviluppo economico-sociale su livelli correnti (quindi non ottimistico, con uso di tecnologie di produzione quasi soltanto mature e prezzi alla fonte del greggio al 2030 di 250 US $/barile, cioè circa tre volte più alti di quelli medi del 2010), attesta una crescita della potenza installata dai 1.000 del 2010 ai 7.400 MWth del 2030, con un incremento di risparmio per l’orizzonte finale fino a 1.560 kTOE/a di petrolio e 4.060 kTonnes/a di CO₂.

Per il contributo specifico dei differenti comparti degli usi diretti – si legge nel documento – (climatizzazione di ambienti, termalismo, usi agricoli, itticoltura, processi industriali e altri usi minori), si stima per tutti un importante incremento in valore assoluto; ma la climatizzazione di ambienti, già al primo posto nel 2010 con il 38%, diventerà più importante fino a costituire nel 2030 oltre il 60% del totale”.

Affinché i risultati attesi per i prossimi decenni possano essere raggiunti, il settore della geotermia deve superare il livello di conoscenza teorica e accademica ottenuto, seppur ottimo, per raggiungere una maggiore presenza di mercato. Secondo Francesco Rizzi (Istituto di Management  Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa): “L’andamento di mercato nel resto dell’Europa ci dà evidenza di come in Italia siamo all’inizio dello sviluppo di queste applicazioni che, pur essendo tecnologicamente mature, non hanno trovato in passato quell’impulso che altrove si è concretizzato. In tema di risorsa geotermica a bassa entalpia, dal punto di vista quantitativo il futuro può essere certamente roseo; se guardiamo al presente, invece, esistono dei problemi. L’iniziativa progettuale è principalmente pubblica, con difficoltà connesse al momento storico di scarsa capacità d’investimento, estensione delle reti, replica dei casi di successo. Esistono delle esperienze private, ma di soggetti che non hanno ancora una strutturazione interna tale da diventare driver di sviluppo per questa risorsa, essendo per lo più rallentati da inerzie di carattere amministrativo, regolatorio e di autorizzazione. Fortunatamente abbiamo anche casi di successo come per la Regione Lombardia. Uno dei problemi ulteriori è la scarsa circolazione dei dati e l’accesso alle informazioni, poiché gli installatori hanno una dimensione tale per cui l’investimento in conoscenza va oltre la loro capacità di spesa”.

Forti le previsioni di crescita e le scelte amministrative di riferimento per laLombardia.  Come spiega Stefania Ghidorzi del Cestec: “Lo scenario realistico di sviluppo delle rinnovabili nella regione – alla luce dell’evoluzione normativa e del Burden Sharing – delinea un ruolo di assoluto primo piano per le pompe di calore geotermiche, grazie anche ai recenti sviluppi normativi che rendono sempre più sfidanti gli obiettivi di copertura dei fabbisogni energetici degli edifici da fonti rinnovabili e all’orientamento del mercato immobiliare verso standard elevati di qualità energetica dei sistemi edificio – impianto. Il tutto, con semplificazioni burocratiche, come nel caso della realizzazione dei regolamenti per la disciplina degli aspetti tecnici e amministrativi connessi a installazione e autorizzazione delle sonde geotermiche”; o con la predisposizione del Registro Regionale delle sonde geotermiche, “un unico strumento user-friendly a disposizione per tutto il territorio regionale per il controllo e il monitoraggio degli impianti”.

La carte della geotermia in Italia evidenziano varie zone fruttifere in cui si possono applicare le diverse tecniche e tecnologie di sfruttamento. Interessante il caso della città di Roma, dove il potenziale geotermico elevato si scontra con l’applicazione in un contesto urbano affollato e una regolamentazione, soprattutto in tema di vettore termico idrico, non semplice da affrontare.

Secondo Roberto Mazza del Dipartimento Scienze Geologiche  Università Roma 3: “Il contesto romano è indubbiamente interessante dal punto di vista dell’uso geotermico a bassa entalpia. Le condizioni di presenza di acqua, temperatura, arrivo e individuazione di essa (si tratta di risorse a decine e non centinaia di metri di profondità), con una ricarica termica dal basso dovuta al contesto geologico della regione, ne fanno un’area d’interesse elevato. Esistono due tipologie si utilizzo: un primo con uso diretto dell’acqua e un secondo con degli scambiatori. Occorre non fare confusione e non considerare indistinte le due cose".

"Il problema della realtà romana – continua Mazza – nasce proprio dal fatto che in questo territorio la risorsa idrica è in un sistema critico. Tutto il dominio vulcanico peritirrenico, il settore che va dai confini con la toscana alla costa, ha delle buone prospettive di utilizzo geotermico, ma con una sofferenza degli acquiferi dovuta a siccità e a un utilizzo della risorsa idrica non particolarmente oculato negli ultimi venti o trent’anni. Si sono sviluppati vari tipi di usi, con elevati emungimenti, in risposta di molti bisogni. Dato ciò, nel territorio romano la soluzione a circuito aperto con estrazione e re-immissione dell’acqua è da scartare. Più applicabile la soluzione degli scambiatori termici. Esistono già delle applicazioni pratiche e si stanno valutando efficienza e impatti. Ciò dovrebbe interessare realizzazioni di piccola taglia soprattutto per i privati. Indubbiamente esistono già degli impianti che prevedono 150 – 200 sonde, ma non sono tutti attualmente in funzione”.