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Quinto conto energia: Il legno storto non si raddrizza

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Le associazioni delle rinnovabili criticano i decreti sugli incentivi appena approvati: «Non accolte le nostre proposte»

Fonte: greenreport.it

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Il Quinto Conto Energia e il provvedimento sulle rinnovabili elettriche sono ufficialmente legge.
Gli obiettivi restano il  raggiungimento ed il superamento degli  obiettivi richiesti all’Italia dall’Unione europea,  riducendo il carico sulle bollette e sulle imprese con  un sussidi che secondi il governo è «Moderno, sostenibile ed equo».
In una nota congiunta i ministri Clini e Passera hanno sottolineato che nelle ultime settimane sono state apportate modifiche  che integrano in parte i pareri dell’Autorità per l’Energia e della Conferenza Unificata e tengono conto delle mozioni parlamentari e dei suggerimenti delle associazioni di categoria delle rinnovabili. «I decreti – dicono Passera e Clini  – pongono le basi per uno sviluppo ordinato e sostenibile delle energie rinnovabili, allineando gli incentivi ai livelli europei e adeguandoli agli andamenti dei costi di mercato delle tecnologie (calati radicalmente nel corso degli ultimi anni). Si introduce inoltre un sistema di controllo
e governo dei volumi installati e della relativa spesa complessiva (aste per impianti grandi e registri per impianti di taglia media)».
Ma il testo approvato non sembra convincere né le associazioni né i politici che più si sono battuti per il mantenimento degli incentivi per le rinnovabili. A caldo il senatore Pd Francesco Ferrante (nella foto) aveva detto: «Il legno storto non si raddrizza. Il punto a mio parere è che, sia con il V conto energia sul fotovoltaico, con gli assurdi registri, sia con il decreto non fv, di nuovo con registri e aste, si è  scelto un meccanismo che non promuove anzi ostacolerà  lo sviluppo di un settore che invece andava accompagnato con dolcezza per quel breve tratto che lo avrebbe portato alla grid parity e quindi a nessun incentivo. Si è scelta una strada diversa e questo è  un errore grave sia perché perdiamo tempo nei confronti con i nostri competitori internazionali, sia, ed  è ancor più  triste, perché il settore delle rinnovabili svolgeva una funzione anticiclica importante in fase recessiva e ora invece rischia di essere effetto moltiplicatore della stessa con le tante annunciate richieste di cassa integrazione.
Oggi, con la speranza che nonostante le scelte di una politica, che si è rivelata ancora una volta inadeguata a cogliere le opportunità  del cambiamento, il settore riesca comunque a sopravvivere, crediamo si debba lavorare da subito per un quadro nuovo di regole che già  dal prossimo anno, con la nuova
legislatura, permetta la diffusione delle rinnovabili attraverso la rivoluzione della rete e consenta che le fonti del futuro possano da subito esprimere tutte le loro potenzialità. Intanto nelle prossime settimane cercheremo di evitare che anche sulle termiche il risultato sia analogo».
Le Associazioni di categoria più che scontente sembrano arrabbiate. Secondo il presidente di Aper Agostino Re Rebaudengo, «Seppur con grave ritardo nella loro emanazione, finalmente gli operatori possono conoscere i contenuti definitivi dei decreti che ridisegneranno il settore delle rinnovabili nel loro complesso, uscendo così da una situazione di totale incertezza che durava ormai da troppo tempo. Ad una prima analisi, e riservandoci commenti approfonditi e puntuali in seguito, apprendiamo che, nonostante qualche lieve miglioramento, le numerose proposte sollecitate da Bruxelles, così come  le richieste esplicitamente avanzate sia dalla Conferenza Unificata sia da Aper, non sono state accolte se non in minima parte.
Permangono infatti dei gravi elementi che ci preoccupano, a partire dall’assenza di un periodo transitorio adeguato a tutelare gli investimenti in corso fino alla mancata opportunità di sviluppo per le filiere produttive. Soprattutto rileviamo che non è stata prevista alcuna reale misura di semplificazione volta a ridurre gli "extra costi" subiti dal settore a causa della burocrazia, ma addirittura sono stati introdotti ulteriori meccanismi quali le aste, i contingenti annuali di potenza per i nuovi impianti e per i rifacimenti di quelli esistenti, l’introduzione dei registri anche per gli impianti di piccola taglia. Nessun accenno infine a politiche di supporto per il raggiungimento della grid parity: stupisce che i provvedimenti non contemplino infatti la possibilità dell’innalzamento del limite dello scambio sul posto e l’implementazione dei Seu, che potrebbero al contrario rappresentare un nuovo paradigma di sviluppo per la generazione distribuita.
Misure queste ultime che contrastano palesemente con gli obiettivi europei sia in tema di energie rinnovabili sia di efficienza energetica, e ancor di più con quelli di recupero di produttività del nostro Paese. Siamo un settore industriale di primaria importanza per il tessuto economico italiano: i continui e repentini cambi delle regole del gioco e la mancanza di una lungimirante politica energetica nazionale rischiano di portare alla crisi anche il nostro comparto che al contrario, fino ad oggi, ha garantito sviluppo e occupazione».
Per il presidente di Ises Italia, Giovanni
Battista Zorzoli, «Il rifiuto del Governo di accogliere la quasi totalità dei miglioramenti al V Conto Energia e al Decreto sulle altre rinnovabili elettriche, proposti dalle Regioni e dalle associazioni di categoria, non si giustifica con la conclamata volontà di dare priorità alla promozione delle rinnovabili termiche e dell’efficienza energetica. Se questo fosse l’obiettivo, perché i relativi provvedimenti che, ai sensi del Decreto 28/2011, dovevano essere varati entro settembre dello scorso anno, ancora non sono pronti e supereranno quindi il già inqualificabile ritardo con cui è stato emanato il decreto sulle altre rinnovabili elettriche? Perché non si è dato vita nemmeno al fondo di garanzia, essenziale per lo sviluppo del teleriscaldamento a biomasse? Anche l’affermazione di voler lasciare maggiori margini di incentivazione all’efficienza energetica e alla produzione di calore è contraddetta non solo dall’esiguità degli incentivi specifici e del loro ammontare complessivo, che si ritrovano nelle bozze di decreto attualmente in circolazione, ma anche dal rifiuto di accettare le proposte di modifica ai decreti appena emanati che – ed erano la maggior parte – riguardavano esclusivamente la riduzione/eliminazione di ostacoli burocratici, al fine di ridurre i costi indiretti e di privilegiare le reali scelte imprenditoriali rispetto a manovre meramente speculative.
Invece di un diniego, un Governo realmente interessato ad aumentare gli incentivi alle rinnovabili termiche e all’efficienza energetica a tali richieste avrebbe potuto contrapporre lo scambio fra la riduzione dei costi indiretti, prodotta dalle semplificazioni burocratiche, e una riduzione di pari entità agli incentivi per il fotovoltaico e le altre rinnovabili elettriche. Da questa vicenda ricevono un duro colpo non solo le prospettive di tutte le rinnovabili, ma, deprimendo un settore che negli ultimi anno ha svolto una funzione anticiclica, anche quelle di rilancio dell’economia italiana».