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Per la coltivazione di un campo geotermico sono importanti le scelte industriali e il controllo continuo del giacimento

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Dopo aver illustrato il lavoro che sta dietro l’individuazione di un campo geotermico, Domenico Liotta, professore associato di geologia strutturale presso l’Università di Bari, intervenuto al seminario organizzato da CoSviG per i soci, ha spiegato quali devono essere i passi successivi

Fonte: Geotermia News

Autore: Redazione

Nel suo intervento – tenuto a Piancastagnaio al secondo seminario dei soci CoSviG- su “Il Calore della terra: conoscere per capire e condividerne l’uso”, Domenico Liotta, professore associato di Geologia Strutturale presso l’Università di Bari ha spiegato i passaggi essenziali che debbono essere condotti prima di optare per la scelta industriale di utilizzo della sorgente geotermica.
Dopo la ricerca per individuare il campo geotermico, dopo l’individuazione e la stima delle potenzialità, indagini che coinvolgono molte professionalità e richiedono una spesa non certo indifferente, si può passare alla fase di prospezione.
«E’ solo a questo punto –ha spiegato Liotta- che si procede con la realizzazione del pozzo di prospezione anche perché il sistema (di tipo invasivo) è anche molto costoso e si deve mettere in conto di spendere altri 5-6milioni di euro». «Se si trova vapore si entra nel campo della scelta industriale –ha spiegato- e bisogna allora stabilire se siamo in un sistema a vapore dominante o ad acqua dominante».
I giacimenti a vapore dominante sono i più adatti per la produzione di energia elettrica ma sono anche i più rari.
I campi di questa tipologia sono, ad esempio, quelli presenti a Larderello, ve ne sono negli USA e in Giappone.
I giacimenti ad acqua dominante sono più frequenti e possono essere a loro volta “ad alta”, “media” o a “bassa” entalpia. Nel primo caso possono essere ottenute temperature di 300 °C alla profondità di 2.000 metri. I principali giacimenti di questo tipo utilizzati per la produzione di energia elettrica sono in Nuova Zelanda, in Messico e negli USA, e, naturalmente anche sul Monte Amiata. I giacimenti a bassa entalpia (temperatura inferiore ai 100 °C) sono utilizzabili per usi termici come il riscaldamento. Le “medie entalpie” sono utilizzabili sia per produrre energia elettrica che per scopi termici. Giacimenti ad acqua dominante si trovano in Toscana, in Ungheria, e in Francia, particolarmente nella zona di Parigi.
«Con i campi ad acqua dominante il sistema industriale del ciclo binario funziona bene -ha detto Liotta- mentre non altrettanto si può dire con i campi a vapore dominante perché la reiniezione integrale del fluido estratto é ancora tecnologicamente difficile e molto costosa».
La scelta della tecnologia industriale deve dunque tenere conto di molte variabili: la stima della risorsa disponibile, la tipologia del serbatoio e la modalità di utilizzazione, e necessita –una volta fatta- di un controllo e monitoraggio continuo del campo geotermico al fine di ottimizzarne l’efficienza e la durata garantendone la rinnovabilità.
Tra le scelte rientrano, infatti, anche l’investimento economico e il guadagno atteso dall’energia prodotta che, deve quindi essere stimata.
A questo proposito Liotta ha portato ad esempio il caso di The Geyser, negli USA, in cui sono state operate scelte industriali sbagliate.
«Nel campo geotermico The Geyser, in California, si è scelto di fare tanti impianti da parte di altrettanti proprietari, arrivando ad una potenza di 2000 MW in un numero incredibile di pozzi singoli. Dopo circa 10 anni si è avuto prima un picco e subito dopo un calo di pressione, perché nessuno aveva tenuto sotto controllo la sostenibilità del campo».
«Per evitare l’esaurimento del campo geotermico dal punto di vista della produttività elettrica –ha continuato Liotta- si è dovuto prima reiniettare i fluidi poi, non essendo questo sufficiente a far risalire la pressione, si è stati costretti a deviare le acque di un vicino lago per arrivare alla produzione attuale di 1000 MWe che è comunque la metà della potenza installata».
A conclusione del suo intervento il geologo dell’Università di Bari ha quindi ricordato le tappe essenziali da compiere: «prima fra tutti la ricerca, l’individuazione e la stima delle potenzialità della risorsa geotermica che richiede molte ed esperte professionalità».
Dopodiché «le scelte industriali che dipendono principalmente dalle caratteristiche geologiche e da valutazioni economiche e tecniche».
Infine un elemento fondamentale da operare «è la reiniezione del fluido e il costante controllo della sostenibilità del serbatoio».
Conclusioni condivise dal presidente di CoSviG che ha posto l’accento sull’importanza di un «controllo pubblico dei pozzi e la necessità di un regolamento per recepire in maniera corretta il Dlgs. del 2010 sulla liberalizzazione della geotermia».
Ceccarelli ha poi indicato la volontà di CoSviG di lavorare per contribuire alla creazione di una filiera del settore geotermico «per evitare che si ripeta l’errore che si è verificato nel fotovoltaico dove la tecnologia e gli impianti sono stati acquistati in larghissima misura all’estero».
Il Presidente ha quindi ricordato l’attività di sperimentazione di una piccola utilizzazione geotermica locale (denominata “Milia”) che CoSviG sta cercando di realizzare a Monterotondo Marittimo partendo «dalla fase della ricerca per sviluppare l’intera filiera geotermica».