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ISPRA: ecco com’è cambiato nel tempo il ruolo della geotermia tra le fonti energetiche italiane

«La quota geotermica mostra un andamento crescente nel lungo termine fino a un valore pressoché costante negli ultimi anni, poco superiore al 2%»

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«La quota geotermica mostra un andamento crescente nel lungo termine fino a un valore pressoché costante negli ultimi anni, poco superiore al 2%»


Nella sua ultima analisi storica del consumo di energia nazionale, condensata nel report Indicatori di efficienza e decarbonizzazione del sistema energetico nazionale e del settore elettrico, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) documenta che in Italia «le fonti di energia rinnovabile prevalenti sono state storicamente quella geotermica e idroelettrica, che dal 1990 al 2000 rappresentavano più dell’80% del consumo interno lordo di energia rinnovabile», seguite da biomasse e rifiuti.

Oggi però la situazione è molto diversa.

In anni più recenti anche l’energia solare ed eolica hanno assunto valori significativi, e nonostante la produzione geotermoelettrica sia cresciuta in modo sensibile il suo apporto percentuale è diminuito in modo netto.

Guardando alla produzione elettrica lorda per fonte a partire dal 1990, l’ISPRA mostra che la geotermia è passata dai 3,2 TWh del 1990 ai 6 TWh stimati per il 2020, quasi un raddoppio in trent’anni; ma nello stesso periodo l’eolico e il fotovoltaico sono passati dagli 0 ai 44,7 TWh.

«La quota geotermica – argomenta l’ISPRA – mostra un andamento crescente nel lungo termine fino a un valore pressoché costante negli ultimi anni, poco superiore al 2%. La produzione di origine eolica e fotovoltaica mostra una crescita esponenziale, coprendo complessivamente il 14,9% della produzione nazionale del 2019 (6,9% da eolico e 8,1% da fotovoltaico). L’energia elettrica prodotta da bioenergie (biogas, bioliquidi, biomasse e quota rinnovabile dei rifiuti) mostra un contributo relativo in costante crescita già a partire dalla prima metà degli anni ‘90 con una accelerazione che dal 2008 è particolarmente sostenuta e nel 2015 raggiunge il 6,9% della produzione elettrica nazionale».

Ciò non toglie l’importanza della produzione geotermoelettrica nel mix nazionale, non solo dal punto di vista quantitativo ma per le caratteristiche uniche di questa fonte rinnovabile in grado di fornire la potenza di carico di base che può bilanciare l’energia rinnovabile variabile come il sole e il vento: la sua altissima produttività e la possibilità di produrre energia h24, 7 giorni su 7 indipendentemente dalle condizioni meteorologiche, la rendono infatti altamente complementare alle fonti rinnovabili intermittenti.

Senza dimenticare che dalla geotermia si può ricavare – oltre all’elettricità – anche calore per usi diretti, dal riscaldamento e raffrescamento all’impiego nella filiera agroalimentare.

Il contesto toscano, dove si concentra l’intera produzione geotermoelettrica nazionale, mostra molto bene l’importanza locale di questa fonte energetica rinnovabile.

Dalla Relazione sullo stato dell’ambiente prodotta dalla Regione emerge come le fonti energetiche rinnovabili (FER) coprano «oltre il 40%» della produzione di elettricità «grazie soprattutto al contributo della geotermia», che contribuisce infatti per oltre il 70% alla produzione elettrica da FER;.

Più contenuto ma comunque rilevante il contributo di questa fonte sotto il profilo termico: in Toscana per quanto riguarda la produzione di calore da FER «la quasi totalità della produzione (79%) è ascrivibile all’energia da biomasse solide nel settore residenziale seguita, a grandissima distanza, dalla produzione di energia geotermica (9%) e dalla produzione di energia rinnovabile da pompe di calore».