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Geofluidi, emissioni naturali di gas serra e terremoti in Italia

«L’Italia è una delle aree del mondo con il più alto rilascio di anidride carbonica e metano a causa di meccanismi naturali», spiega un nuovo studio INGV

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«L’Italia è una delle aree del mondo con il più alto rilascio di anidride carbonica e metano a causa di meccanismi naturali», spiega un nuovo studio INGV


Il nuovo studio The seismotectonic significance of geofluids in Italy, pubblicato su Frontiers in Earth Science da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) indaga le interazioni tra la sismotettonica e i diversi geofluidi in Italia – che a seconda delle specifiche caratteristiche possono o meno essere impiegati dalle tecnologie geotermiche – con lo scopo di comprendere le relazioni esistenti tra i terremoti, la sismotettonica e le emissioni di fluidi naturali (sorgenti termali, gas serra come CO2 e metano, vulcanelli di fango).

Lo studio, come dettagliano dall’INGV direttamente due co-autori della ricerca, è stato condotto a scala nazionale e può contribuire da un lato alla quantificazione delle emissioni di gas serra, e dall’altro a migliorare la comprensione dei processi tettonici che danno luogo ai forti terremoti, partendo da un dato assodato dalla letterature scientifica: «L’Italia è una delle aree del mondo con il più alto rilascio di anidride carbonica e metano a causa di meccanismi naturali», che avvengono indipendentemente dall’azione umana sui geofluidi presenti nel sottosuolo.

Per prima cosa i ricercatori hanno sviluppato uno schema semplificato relativo al regime tettonico dominante a scala nazionale, separando le aree a prevalente dominio estensionale dalle aree a prevalente regime compressivo.

In particolare, le aree in estensione sono state a loro volta suddivise in due sottocategorie: da una parte le «aree peri-tirreniche pianeggianti e collinari di Toscana, Lazio e Campania, dove la crosta è soggetta a estensione attraverso il suo stiramento e assottigliamento e dove si verificano rari terremoti di magnitudo moderata», dall’altra le «aree montuose della dorsale appenninica, dove la crosta è soggetta a sollevamento regionale ed estensione e dove esiste un potenziale per forti terremoti».

I risultati della ricerca indicano che le sorgenti termali e le emissioni di CO2 «sono decisamente prevalenti nelle aree tirreniche di assottigliamento crostale e, quando sporadicamente presenti nelle aree interne dell’Appennino, si localizzano per lo più ai margini delle grandi faglie normali», mentre – al contrario di quanto usualmente ritenuto – le emissioni di anidride carbonica «interessano solo marginalmente le aree in estensione attiva oggi sede di forti terremoti quali quelli del 24 agosto e del 30 ottobre 2016».

All’opposto, le emissioni di metano sono «rare nelle aree tirreniche e nelle aree montuose interne appenniniche, ma caratterizzano gli ambienti del pedeappennino e della Pianura Padana, sedi di terremoti compressivi di magnitudo moderata, quali quelli che hanno colpito l’Emilia nel 2012».

In conclusione, secondo lo studio dei ricercatori INGV il rilascio di geofluidi naturali in Italia sembra essere controllato da due processi indipendenti: il primo è «la deformazione tettonica in atto, come indicano la concentrazione di emissioni di CO2 e sorgenti termali in aree di assottigliamento crostale e la concentrazione di emissioni di CH4 in aree compressive»; il secondo deriva dall’esistenza di «discontinuità crostali profonde ereditate dalla lunga storia geologica della penisola, testimoniata dalla presenza di emissioni di CO2 nelle aree interne dell’Appennino e dei vulcani di fango, che si collocano con sistematicità lungo importanti strutture trasversali alla catena appenninica, anche se spesso non immediatamente percepibili dalla geologia di superficie».