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FER: costi o benefici?

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Uno studio dell’Osservatorio Internazionale sull’Industria e la Finanza delle Rinnovabili (OIR) presenta dati che, proiettati nel futuro fanno propendere la bilancia dalla parte dei benefici per 79 miliardi di Euro.

Fonte: Rinnovabili e Territorio

Autore: Redazione

LOsservatorio Internazionale sull’Industria e la Finanza delle Rinnovabili (OIR) di AGICI-Finanza d’Impresa ha recentemente presentato a Milano una ricerca, commissionata da APER, ANEV e Enel Green Power da cui emerge che, nel quadriennio 2008-2011, i costi delle energie rinnovabili in rapporto ai benefici ottenuti sono stati assai meno onerosi per la bolletta degli italiani di quanto sostengono invece in molti, compresa l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG).

Il saldo è negativo se l’analisi si ferma al 2011, diventa invece positivo se l’analisi si spinge agli obiettivi previsti al 2020.

A fronte del significativo sviluppo delle rinnovabili che si è registrato nell’ultimo decennio, se da una parte si sono ottenuti consistenti benefici, non solo di natura ambientale, quali lo sviluppo dell’industria delle rinnovabili che a sua volta ha generato lavoro e competenze, sostenuto la bilancia commerciale con l’estero, promosso approvvigionamenti energetici sicuri e a prezzi prevedibili, ed ha originato miglioramenti tecnologici alla base della progressiva riduzione dei costi di generazione, il controllo del settore –spiega l’OIR- si è tuttavia dimostrato inefficiente e gli oneri di incentivazione già impegnati, benché le recenti riforme prevedano un tetto ai sostegni, continueranno a gravare sulle bollette dei consumatori per molti anni. “Si è così sviluppato –si legge nel rapporto- un vivace dibattito sui reali costi e benefici delle rinnovabili spesso condizionato pregiudizialmente, con scarso rigore scientifico e sempre focalizzato su temi importanti ma spesso parziali (ad es. emissioni o occupazione)“.

Il rapporto valuta quindi l’andamento delle voci costi/benefici derivanti dallo sviluppo delle FER elettriche italiane nel quadriennio, e i risultati attesi per il periodo 2012-2020, considerando le singole filiere e proiettando i risultati al 2030.

Ne emerge che effettivamente la politica sulle rinnovabili tra il 2008 e il 2011, determina un saldo negativo per circa 3 miliardi di euro (130 milioni di euro l’anno), ma il quadro assume un aspetto decisamente positivo se, come base delle proiezioni, si considera il raggiungimento degli obiettivi del Piano di Azione Nazionale al 2020 e del IV Conto Energia che indica, per il FV, il raggiungimento di 23 GW al 2016 e di 30GW al 2020.

Per ogni filiera sono quindi individuati i benefici in termini di emissioni di CO2 e di ossidi di azoto, mancato import di combustibili fossili, costo opportunità di importazione di combustibili fossili, nuova occupazione, appiattimento curva della domanda, export netto di componenti, royalties, IMU, e i costi in termini di incentivi erogati, consumo carburante, costo opportunità importazione combustibile, intermittenza e importazione componentistica, da cui per il quadriennio considerato emerge un saldo negativo pari a circa 3 miliardi di euro, essendo 103.530 i miliardi in termini di benefici contro 106.546 miliardi di costi.

Il dato globale –scrive OIR- è condizionato dalle varie filiere. Geotermico e eolico producono i maggiori benefici netti anche grazie alla industria esportatrice. Il fotovoltaico ha un saldo negativo per l’inefficace controllo degli oneri di incentivazione, per riferimenti normativi incostanti e sub-ottimali (Salva Alcoa) nonché per il robusto import di componenti nel 2010 e ancor di più nel 2011. Si noti che il fotovoltaico genera i benefici lordi massimi. Per le bioenergie il saldo è poco sopra la pari: pesa il forte sviluppo di impianti ad oli vegetali il cui import grava sui conti”.

Nell’ipotesi di perseguimento degli obiettivi suddetti (PAN e IV Conto Energia) si avrebbe però un rovesciamento con un saldo netto tra il 2012 e il 2020 di 79 miliardi a favore dei benefici ottenuti, rispetto ai costi sostenuti.

Un netto miglioramento del trend attuale da imputare –secondo l’OIR- in gran parte ad un maggiore controllo degli oneri di incentivazione, soprattutto per il fotovoltaico, accanto all’incremento dell’export “Made in Italy” e dei notevoli risparmi nell’importazione delle fonti fossili.

Analizzando voce per voce ne emerge che gli effetti positivi sono molto più significativi di quanto normalmente ritenuto sia per l’impatto occupazionale, diretto e indiretto che potrà contare su 130.000 nuovi addetti dal 2011 al 2020 soprattutto nel settore FV; nell’export dei manufatti che crescerà di 3 miliardi di euro l’anno e nella diminuzione della dipendenza energetica del Paese.

A tutto questo si devono poi aggiungere i benefici derivanti dalla riduzione delle emissioni climalteranti, dal momento che il raggiungimento degli obiettivi al 2020 consentirà di evitare immissioni di CO2 in atmosfera di ben 30 milioni di tonnellate all’anno.