“Questi decreti ci sono piombati addosso improvvisamente e non abbiamo avuto alcun sentore di quello che si stava definendo. I ministeri ci hanno sempre tenuto all’oscuro dei contenuti. Ora come Regioni andremo alla Conferenza Unificata con un nostro parere condiviso e proveremo a trattare per correggerli”. E’ quanto ci dice Gian Carlo Muzzarelli, Assessore alla Attività Produttive della Regione Emilia Romagna, intervistato da Qualenergia.it in merito ai decreti sulle rinnovabili elettriche e sul fotovoltaico, che sono stati presentati pochi giorni fa alle Regioni per un loro parere che dovrà essere fornito il pomeriggio del 9 maggio. L’Assessore Muzzarelli era presente anche nel secondo incontro degli “Stati Generali delle Rinnovabili e dell’Efficienza energetica” e non fu affatto tenero nei confronti del Governo, segnalando il fatto che questi decreti, così concepiti, potranno avere una ricaduta negativa molto forte sull’industria locale.
Assessore, lei quindi conferma il suo parere negativo sui decreti ministeriali?
Credo che i decreti proposti potrebbero fare veramente male alla nostro tessuto imprenditoriale e ad un intero comparto che è diventato molto significativo anche nella nostra regione. Da un punto di vista tecnico l’obiettivo del Ministero dello Sviluppo Economico di ampliare gli obiettivi per le rinnovabili elettriche, da portare fino al 35% per il 2020, è qualcosa che andrebbe condiviso con le Regioni. Noi pensiamo che bisogna certamente alzare l’asticella su questa nuova produzione energetica, ma è necessario essere coerenti. Se si vuole indicare un nuovo target sfidante bisognerebbe mettere in campo tutte le risorse disponibili per avvicinarci all’Europa, non solo in termini di dimensione dell’aiuto o dell’incentivo, ma anche sulle regole e la tempistica. Possiamo anche arrivare ad un livello più basso di incentivi, come in Germania, ci dicono dai Ministeri, ma dobbiamo copiare quel paese anche nei metodi, nei comportamenti e nei tempi. Ad esempio, non ci si può mettere un anno per allacciare alla rete un impianto fotovoltaico.
Quali margini di manovra pensate di avere come Regioni, dopo il primo incontro con i Ministeri per la presentazioni dei decreti?
Ho notato una chiusura da parte dei ministeri che non ritengo positiva. Ci vorrebbe maggiore disponibilità verso le autonomie locali, così come verso le imprese serie. Noi faremo tutto quello che sarà possibile per cercare di ottenere alcuni risultati. La prima cosa da ricercare è la stabilità del sistema incentivante. Poi punteremo a chiedere una maggiore semplificazione per i piccoli impianti, compreso il fatto di escludere dai registri gli impianti realizzati per la pubblica amministrazione.
Ad esempio sui limiti di potenza degli impianti da mettere al registro quanto sarebbe giusto chiedere ai ministeri?
Non ci abbiamo ancora pensato, perché al momento siamo tutti al lavoro per analizzare i decreti. Ma, ad esempio, sul fotovoltaico non possiamo proprio pensare ai 12 kWp. Dovremmo arrivare almeno a 100 kW, meglio sui 200 kW. Vorremmo anche che si sviluppasse una filiera produttiva nazionale del fotovoltaico, anche per rispondere a quella sciocca polemica che alcuni fanno affermando che con gli incentivi abbiamo dato i soldi ai tedeschi e ai cinesi. Secondo questa logica potremmo dire che da tempo stiamo dando denaro ai russi, e non solo, per il metano, e ai paesi arabi per il petrolio. Vorrei capire qual è la differenza. Ma una differenza c’è. I moduli FV che noi produciamo sono realizzati con tecnologie avanzate e riteniamo quindi che sia importante sviluppare una filiera nazionale ed europea e sostenerla, non per sussidiarla, ma per renderla competitiva sul mercato globale.
Alcuni aspetti critici che vorrete evidenziare?
In Regione abbiamo stipulato un accordo con le nostre multiutility per utilizzare le discariche o le ex cave al fine di installare impianti fotovoltaici. Ora non si capisce perché non sia più possibile metterli in queste aree, vista anche l’opportunità di evitare l’utilizzo di terreno utile. Inoltre puntiamo a reinserire nel decreto del quinto conto energia il bonus per la sostituzione dell’amianto con il fotovoltaico. E’ un punto importante, tanto che in Emilia Romagna abbiamo sviluppato politiche ad hoc, come un bando di 13 milioni di euro per la bonifica, con risultati veramente significativi. Ma ora bisogna spingere tutti nella stessa direzione se si vuole continuare su questa strada.
Una impalcatura normativa e incentivante come quella proposta dai recenti può creare gravi pregiudizi alle politiche settoriali delle Regioni?
Le Regioni si trovano in difficoltà quando non ci sono regole chiare. Chiediamo allora che queste vengano definite prima di tutto in tempi rapidi. Se poi questi decreti verranno corretti, potremmo anche accelerare su questi settori. In Emilia Romagna c’è già in cantiere una strategia specifica, con un piano energetico e un primo piano triennale. Abbiamo superato i due gigawatt di potenza in energia rinnovabile, oltre agli interventi sul risparmio e alle altre iniziative settoriali. Vogliamo prevedere un percorso equilibrato di incentivazione, con dinamiche moderne per la trasformazione di un pezzo importante dell’economia.
Nell’ultimo anno gli unici comparti che hanno registrato una reale crescita sono quelli delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, ha detto l’Assessore Annarita Bramerini della Regione Toscana. Può dirsi la stessa cosa anche per la sua Regione?
Dobbiamo considerare che oggi in Emilia Romagna quantifichiamo intorno alle 2000 imprese e ai 240mila posti di lavoro il comparto che può essere compreso nel settore delle rinnovabili e, più in generale, nella green economy. E’ per questo motivo che siamo preoccupati. La partita che si sta giocando non è di poco conto.