«In questi anni troppi soldi delle famiglie e delle imprese sono stati impegnati non nella maniera migliore, per fare un’operazione troppo accelerata a prezzi troppo alti e con incentivi troppo più alti di quelli di altri paesi». Così il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera – che inizialmente ai più era parso un alfiere della green economy – promuove un passo indietro sugli incentivi alle energie rinnovabili, scornandosi con l’altro Corrado al governo, il ministro dell’Ambiente, Clini, che invece sostiene come c’è la possibilità di compiere «un errore strategico, rischieremmo di uscire dal settore delle rinnovabili mortificando la capacità innovativa del paese, penalizzando l’industria nazionale, aumentando la disoccupazione: sarebbe come abbandonare la telefonia negli anni Ottanta, prima del boom».
Il governo rischia dunque di ricadere in una sorta di incubo del contabile, con la frenesia di tagliare conti che rimangono invece vitali per il rilancio della green economy (nonché dell’occupazione) italiana. Con la tentazione di abdicare al ruolo di guida che il governo invece ci si aspetta che indossi. Come scrive oggi Guglielmo Ragozzino per il Manifesto, «ci vorranno anni e decenni per accompagnare il nuovo modo di vivere, produrre, spostarsi, ma prima si decide chi deve fare cosa, prima si fanno programmi e atti di governo, si semplifica la vita di tutti e i pericoli di non arrivare in tempo si riducono, almeno un po’».
Il governo non rappresenta però certo, e per fortuna, una solitaria stella polare da lasciar sola, per poi sperare nella bontà della via indicata. Lo dimostra una volta di più la riunione, tenutasi ieri a Roma, battezzata come gli "Stati generali delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica", un importante incontro promosso da Ises Italia e Kyoto Club. E proprio al direttore scientifico del Kyoto Club, Gianni Silvestrini (Nella foto), greenreport.it ha chiesto lumi sui risultati della riunione e sullo stato dell’arte del paese in fatto d’energia.
Quali ritiene siano le considerazioni finali e le prospettive più rilevanti emerse nel confronto di ieri, a Roma?
«Il primo ed importantissimo dato positivo è che è stato possibile rendersi conto di quanto sia importante e necessario fare massa critica da parte delle organizzazioni che sono parte integrante dello sviluppo delle energie rinnovabili nel paese. Proprio per questo è stato proposto di dare stabilità a questo tavolo di confronto estremamente positivo. Basti pensare che, se singolarmente c’è difficoltà a dialogare col governo, ieri all’incontro hanno partecipato ben cinque rappresentanti dei ministeri. E proprio da parte loro è arrivata una prima disponibilità ad alzare la soglia degli obiettivi già previsti per il 2020, dati i risultati ad oggi raggiunti per quanto riguarda le energie rinnovabili».
Solo note liete, dunque?
«Sono stati messi in evidenza anche limiti importanti: se tutti convengono che si debba e si possa diminuire gli incentivi alle energie rinnovabili, su questo punto è necessario andare avanti tramite un soft planning, traendo ispirazione da un modello già adottato in Germania. Al contrario, la subordinazione degli incentivi all’iscrizione degli impianti in appositi registri, rischia di paralizzare totalmente il settore.
Al momento, poi, al governo ci sono in ballo quattro decreti diversi. Se non è pensabile una promulgazione collettiva degli stessi, è certo che non si debbano trattare fonti energetiche rinnovabili diverse in modo distinto e frazionato: è necessaria una visione collettiva e una strategia energetica nazionale, più volte annunciata, che guardi al lungo periodo».
Secondo i dati Gse 2011, in Italia il 24% dell’energia elettrica viene ormai da fonti rinnovabili. Come reagiscono i big della produzione tradizionale di energia elettrica?
«Come mostrano le recenti dichiarazioni di Enel, la novità è che della mutata situazione cominciano a lamentarsi anche i grandi operatori. Ma questa è soltanto la dimostrazione che sta cambiando la pelle energetica del paese, e che non è possibile pensare di fermarci proprio ora che siamo ad un passo dall’obiettivo; in passato ci sono stati sbagli nella gestione degli incentivi alle rinnovabili, ma non dobbiamo adesso cadere nella tentazione di una loro riduzione in modo non intelligente. Tra tre-quattro anni il fotovoltaico sarà una tecnologia che potrà camminare da sola, ed a quel punto ci sarà produzione di energia "gratis" per il paese. Certo, dovranno essere contabilizzati altri costi – ad esempio, quelli per l’ammodernamento della rete elettrica nazionale – ma i vantaggi saranno netti. Già adesso il fotovoltaico ci garantisce un risparmio in bolletta».
Secondo l’Irex annual report 2012, le energie rinnovabili hanno portato tagli alla bolletta per 400 milioni, mentre i benefici totali per il paese sono stimati tra 22 e 38 miliardi da qui al 2030. Quando si parla piuttosto dei soli costi per la promozione delle rinnovabili, si cammina dunque su una gestione e diffusione dei dati approssimativa?
«È necessaria un’operazione all’insegna della trasparenza, che metta in evidenza tutti i costi e tutti i vantaggi delle energie rinnovabili: per valutazioni accurate servono tutti gli elementi dell’equazione. Per quanto riguarda, ad esempio, il peso sulla bolletta elettrica, più che alle rinnovabili bisognerebbe guardare all’incidenza del gas. La liberalizzazione del mercato relativo (per la quale lo scorporo Eni-Snam risulterebbe positivo) può contribuire ad abbassare la bolletta elettrica, scoraggiando posizioni di monopolio».
Il programma industria 2015, incentrato su settori come la mobilità sostenibile e l’efficienza energetica, sarà interessato direttamente dalla riforma degli incentivi?
«Industria 2015 era un’idea saggia di indirizzare imprese italiane su strade che sapevamo che sarebbero cresciute. Più di mille imprese avevano manifestato interesse. Ma il governo ha prestato troppa attenzione alla domanda di energia, più che dedicarsi anche al lato dell’offerta. Posto che stiamo affrontando una crisi climatica, oltre che energetica, lo sforzo da compiere è quello di offrire indicazioni di priorità, non solo pochi incentivi a pioggia: per percorrere questa strada non possiamo rinunciare alla ricerca, senza la quale non ci è possibile andare da nessuna parte».