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Il futuro è verde, Profumo promuove le “smart cities”

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La DIRE ne ha parlato con il ministro dell’Università, il presidente di Legautonomie Filippeschi, e alcuni amministratori già impegnati

Fonte: Agenzia Dire

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Tecnologiche, confortevoli, sicure ma soprattutto sostenibili, in una sola parola “intelligenti”: sono le cosiddette “smart cities”, le città sulle quali si sta scommettendo, in Europa e nel mondo, per garantire uno sviluppo urbano equilibrato e sostenibile. Con l’iniziativa Smart Cities l’Unione Europea sta sostenendo le città europee di media grandezza che si impegnano a incrementare l’efficienza energetica dei propri edifici, delle reti energetiche e dei sistemi di trasporto in modo tale da ridurre, entro il 2020, del 40% le proprie emissioni di gas serra.
Il primo obiettivo da raggiungere per creare una vera “smart city” è una gestione ottimizzata delle risorse energetiche e del trasporto, in modo che le aree urbane diventino il più efficiente possibile, riducendo le emissioni di carbonio, i rifiuti, l’inquinamento e la congestione. Puntare sulle nuove tecnologie è dunque la linea seguita da alcune amministrazioni locali che stanno siglando accordi con grandi imprese del settore per ridisegnare le proprie città. La Dire ne ha parlato con il ministro dell’Università, Francesco Profumo, il presidente di Legautonomie, Marco Filippeschi, e alcuni amministratori già impegnati su questo fronte.
PROFUMO: ‘INVESTIAMO UN MILIARDO DI EURO’ – Quando si parla di comuni si pensa subito ai problemi finanziari che stanno vivendo. Ma mai come adesso bisogna investire in ricerca, in innovazione. Il governo sta pensando a finanziamenti su questo versante?
‘Il governo ha messo sul tavolo un miliardo di euro per il progetto smart cities. Si tratta di due bandi: uno da 260 milioni di euro per le regioni del Mezzogiorno, l’altro è da oltre 700 milioni per le Regioni del Centro-Nord. A fine giugno sarà pronto il piano complessivo con le risorse e i posti di lavoro che si potranno creare. Queste risorse serviranno da ‘palestra’ per il sistema italiano, in modo da poter concorrere in misura più competitiva quando, a partire dal 2014, l’Unione europea metterà a disposizione 11 miliardi’.
Una città può diventare intelligente? Come si possono integrare centri di ricerca con la vita delle amministrazioni?
‘Il progetto delle città intelligenti nasce da una più concreta attenzione ai bisogni reali e futuri dei cittadini, connessa con le nuove tecnologie capaci di migliorare i servizi alle comunità. Questa opportunità di sviluppo e maggiore benessere è stata colta dall’Unione europea, che intende investire sulle Smart cities come volano di sviluppo economico e miglioramento dei servizi al cittadino. Quando si parla di città intelligenti si fa riferimento a quel complesso di infrastrutture tecnologiche, materiali e immateriali che permettono il dialogo tra le istituzioni, i cittadini, i servizi e i bisogni. Sanità, cultura, pubbliche amministrazioni, lavoro, mobilità, accessibilità dei dati, ambiente ed energia sono gli ambiti che possono beneficiare delle innovazioni portate da un progetto simile. Alla base di tutto questo c’è la necessità di investire in ricerca e tecnologia. Esistono in Italia diverse sperimentazioni di successo che possono costituire un’ottima base di partenza attorno alla quale costruire modelli estensibili a tutto il territorio nazionale’.
C’è un modello di città che l’affascina?
‘Un modello concreto e unico non esiste ancora. Ma esistono ‘pezzi’ di città intelligente sperimentati in diversi contesti. Bisogna raccogliere queste esperienze e trasformarle in prototipi capaci di funzionare a livello nazionale. Dunque trasformare le sperimentazioni in un progetto-Paese. La città intelligente che ho in mente è quella che sintetizza tutte le caratteristiche che possono descrivere il progetto Smart City: una città interconnessa e tecnologica, ma anche sostenibili e sicura. Una città che, attraverso l’innovazione, produca nuove opportunità di sviluppo economico e coesione sociale per tutti’.
FILIPPESCHI: RICONVERSIONE TOTALE – ‘L’importanza decisiva e straordinaria di un grande progetto, per rendere le citta’ dei laboratori di eccellenza’. Cosi’ Marco Filippeschi, presidente Legautonomie e sindaco di Pisa, intervistato dalla Dire sul progetto ‘Smart City’. Quello per le ‘Citta’ intelligenti’ e’ un progetto dell’Unione europea per garantire uno sviluppo urbano equilibrato, tecnologico e interconnesso, ma anche confortevole e sostenibile.
Come si declina un progetto del genere?
Per i comuni la riconversione dev’essere totale e riguardare tutti gli aspetti. Non parliamo solo di energie, ma di aspetti che entrano in tutti i campi della qualita’ della vita del cittadino. Le politiche dei sindaci devono trasformare le citta’ in grandi laboratori di eccellenza. Nel resto dell’Europa se ne parla di piu’ e gia’ da tanto, non si puo’ rimanere indietro su questo tema.
Il progetto si inserisce sul solco del traguardo del ’20-20-20′, ovvero l’idea che i Paesi Ue riescano a ridurre le emissioni di co2 del 20% entro il 2020. Molti esperti dicono che e’ un traguardo impossibile, non e’ che la green economy rischia di essere piu’ una moda che un’idea concreta?
La sfida e’ riuscire a farcela in alcune citta’ che hanno gia’ imboccato il sentiero virtuoso. Centinaia di comuni hanno aderito al progetto, ma in pochi hanno presentato un piano di sostenibilita’. Io comunque sono ottimista, ci sara’ una spinta dei cittadini dei comuni limitrofi alle citta’ virtuose, per adottare le stesse soluzioni di questi centri e livellare a rialzo la qualita’.
Il ministro Profumo ha annunciato due bandi del Governo per un totale di un miliardo di euro a favore delle ‘Smart cities’ italiane. Sono sufficenti?
Ovviamente no. Il problema poi e’ se questi fondi vengono distribuiti a pioggia senza tenere conto dei comuni che hanno realmente un potenziale virtuoso. Sentir dire che possono concorrere tutti e’ potenzialmente pericoloso. Bisognerebbe favorire chi ha gia’ progetti concreti. E poi coinvolgere i privati, farli concorrere con partnership ad una citta’ intelligente.
Cosa sta facendo il Comune di Pisa per diventare una citta’ intelligente?
Noi abbiamo lanciato un vero e proprio piano regolatore digitale. Dalla fibra ottica alla infomobilita’, con dei sensori che misurino costantemente e in tempo reale i flussi del traffico in entrata e in uscita. Arriveremo ad una nuovo modo di interfacciarsi con il cittadino. Vogliamo dislocare in molti punti dei totem attraverso i quali sara’ possibile recuperare documenti e inviare e ricevere informazioni. Il sistema dei parcheggi, poi sara’ fortemente informatizzato, con l’attivazione di una tessera munita di chip che potra’ essere rinnovata online.
PISSARIELLO (Genova): GUARDARE PIU’ IN LA’ – ‘Lei deve sapere che ci hanno fatto l’esamino:gli altri Paesi hanno votato per decidere se far partecipare le citta’ italiane ai loro progetti comuni’. Cosi’ Paolo Pissarello, vicesindaco di Genova, dopo l’exploit del capoluogo ligure al bando europeo ‘Smart cities’. Progetto con il quale l’Unione intende finanziare uno sviluppo urbano interconnesso e ecosostenibile.
Come si declina un progetto cosi’ ambizioso?
Beh, per noi e’ si e’ trattato senza dubbio di un tema di grande interesse, che ha coinvolto profondamente la pianificazione comunale. Le amministrazioni devono essere capaci di guardare piu’ in la’. Su queste logiche bisogna ragionare seriamente Ragionamento serio che si inserisce sul solco del traguardo del 20-20-20, ovvero l’idea che i Paesi dell’Unione europea riescano a ridurre le emissioni di co2 del 20% entro il 2020. Eppure molti esperti dicono che e’ un traguardo impossibile, non e’ che la green economy rischia di essere piu’ una moda che un’idea concreta?
Sinceramente neanch’io credo che si riesca a raggiungere il traguardo richiesto dal ’20- 20- 20′. Per quanto riguarda i comuni poi, in parecchi hanno aderito a questa iniziativa, ma quando poi vai a vedere quali piani hanno stilato vedi che non sta venendo fuori niente. Diciamo che il rischio che molti amministratori abbiano aderito per andare dietro ad una moda e’ alto. Purtroppo si fa fatica a cambiare certi sistemi di lavoro in Italia. Poi accadono cose strane…
Quali cose?
Ti accorgi che certe amministrazioni del sud chiedono 5 milioni per il car sharing e ti chiedi se abbia veramente senso. Io penso che trasformarsi in una ‘Citta’ intelligente’, significhi prima di tutto avere un quadro complessivo sul sociale e su problemi effettivamente concreti da trasformare in risorse. Sono passati pochi giorni dall’en plein di Genova al bando europeo Smart cities, vi hanno approvato tre progetti su tre in collaborazione con altre citta’ europee del calibro di Goteborg, Amsterdam e Copenhagen. Citta’ che nell’immaginario collettivo rappresentano esempi di buona amministrazione, agli antipodi di quella italiana…
Ma infatti c’hanno fatto l’esamino prima di farci entrare. Devi sapere che gli altri Paesi hanno votato per decidere se far partecipare le citta’ italiane ai loro progetti comuni. Alla fine pero’ sono rimasti soddisfatti. Loro sono molto bravi per quel che riguarda la logica ‘verticale’: vai a Copenhagen e ‘bam’, questi ti dimostrano come si risolve la mobilita’. Noi abbiamo dato il nostro contributo portandoli ad un ragionamento piu’ ‘orizzontale’ e olistico, pianificando gli interventi con un grosso lavoro di ricerca che e’ passato dalle nostre universita’. Il ministro Profumo ha annunciato due bandi del Governo per un totale di un miliardo di euro a favore delle ‘Smart cities’ italiane. Sono sufficienti?
Diciamo che si tratta di progetti che oltre al sostegno dei governi e dell’Unione europea, hanno bisogno dell’intervento dei privati. Sono cose che funzionano se si instaura un meccanismo virtuoso, se l’interesse privato porta al bene pubblico.
LAVOLTA (Torino): SARA’ UNA CITTA’ ELETTRICA – ‘Contiamo di trasformare Torino in un vero e proprio hub di veicoli elettrici per il trasporto pulito delle merci’. Cosi’ Enzo Lavolta, assessore allo Sviluppo economico e ai Lavori Pubblici di Torino, intervistato dalla Dire sul progetto ‘Smart City’. Quello per le ‘Citta’ intelligenti’ e’ un progetto dell’Unione europea per garantire uno sviluppo urbano equilibrato, tecnologico e interconnesso, ma anche confortevole e sostenibile.
Pochi giorni fa si e’ svolto a Torino il convegno ‘Le smart cities dell’Anci. Un progetto-paese per le città ad alto potenziale di innovazione’. Cosa ne e’ emerso?
Ormai e’ chiaro a tutti che il cambiamento climatico e’ la maggiore sfida che noi tutti siamo chiamati ad affrontare. Attraverso l’Unione europea adesso abbiamo l’occasione di pianificare una strategia comune per molti sistemi locali. L’alta adesione ai piani per l’energia sostenibile, pone il nostro Paese nella direzione giusta. Il ministro Profumo ha annunciato due bandi del Governo per un totale di un miliardo di euro a favore delle ‘Smart cities’ italiane. Bastano?
La citta’ intelligente e’ quella che utilizza meglio i propri soldi, senza sprechi. Questo pero’ non e’ sufficiente. Noi come Comune abbiamo chiesto di escludere dal patto di stabilita’ questa tipologia di interventi.
Cosa sta facendo il Comune di Torino per diventare una citta’ intelligente?
Torino ha gia’ avviato progetti di questo tipo. Prevediamo di ridurre del 40 per cento le emissioni di co2. Si tratta di 567 mila tonnellate di emissioni in meno. Altri piani sono orientati allo sviluppo del fotovoltaico e del solare, e poi abbiamo messo su un tavolo con commercianti e autotrasportatori per il trasporto di merci a basso impatto ambientale. Contiamo di trasformare Torino in un vero e proprio hub di veicoli elettrici per il trasporto pulito delle merci.