Si tratta del primo quadro analitico completo sulla presenza del tallio nelle acque superficiali e sotterranee, al quale si aggiungono i dati relativi alla presenza di questo metallo sia per quanto riguarda le emissioni che le condense delle centrali geotermoelettriche
Da quasi due decenni ARPAT effettua il controllo del sistema idrico dell’area geotermica amiatina attraverso il monitoraggio di 10 sorgenti, cui dal 2014 si è aggiunto un’altra campagna di controllo, effettuata insieme a Enel Green Power, portando a 31 il totale complessivo dei punti di prelievo.
Una rete che ha consentito la raccolta di un insieme di dati «che possiamo ritenere sufficienti – spiegano dall’Agenzia – per avere una quadro di sintesi oggettivo».
È in questo contesto che si sviluppa il nuovo rapporto Monitoraggio della qualità delle acque superficiali e sotterranee nell’area geotermica del Monte Amiata – anni 2002-2017, nato per verificare le concentrazioni di tallio presenti nel sistema idrologico del monte Amiata così da fornire all’Agenzia Regionale di Sanità (ARS) ulteriori dati che possano indicare o escludere eventuali fonti di contaminazione.
Secondo gli esiti preliminari dell’indagine InVetta condotta sull’Amiata da ARS (quelli definitivi sono attesi entro fine anno) il tallio e il mercurio nel sangue sono i metalli per i quali è stato osservato il maggior numero di superamenti del 95° percentile della popolazione di riferimento.
Sebbene il superamento del 95° percentile non sia direttamente associabile ad effetti avversi sulla salute, rimane la domanda: da cosa dipendono questi risultati?
Il nuovo lavoro di ARPAT rappresenta il primo quadro analitico completo sulla presenza del tallio nelle acque superficiali e sotterranee del monte Amiata, e offre dunque importanti spunti di ulteriore riflessione e approfondimento.
Inoltre, sono stati presi in esame anche i dati relativi alla presenza del tallio sia nelle emissioni delle centrali geotermoelettriche sia nelle condense circolanti di centrale che recapitano quest’ultime alla reiniezione.
Dal rapporto emerge che le acque superficiali e sotterrane del monte Amiata «possiedono un valore di concentrazione di tallio prevalentemente <0,1 µg/l», ovvero un dato largamente inferiore ai 2 µg/l individuati dall’Istituto superiore di sanità come valore limite valido sul territorio nazionale. In un solo punto, nella sorgente Pafs 2 Acqua Passante del Comune di Abbadia San Salvatore (SI), si è rilevato nelle acque un valore di tallio (circa 17 µg/l) ampiamente superiore al limite di legge che si mantiene costante nel tempo: la sorgente non fa parte della rete idrica locale, e le autorità competenti hanno già posizionato cartelli di non potabilità di queste acque. Rimane però la peculiarità, e l’ARPAT ritiene che queste acque «abbiano di fatto lisciviato, con buona probabilità, orizzonti o depositi mineralizzati costituiti prevalentemente da rocce contenenti minerali di ferro e mercurio, classici dell’area del monte Amiata. Non è un caso, infatti, che si riscontrino nei suoli analizzati intorno alla sorgente Acqua Passante valori di ferro di oltre 10.000 mg/kg e nelle acque di questa sorgente valori spesso superiori ai 200g/l. Si può ipotizzare quindi che, in associazione a minerali di pirite, possa essere presente nel sottosuolo anche della pirite tallifera che di fatto in ambiente acido cede tallio nei terreni e nelle acque circolanti».
Per completare lo stato delle conoscenze, come già accennato ARPAT ha verificato anche le quantità di tallio presenti sia nelle emissioni che nelle condense delle centrali geotermoelettriche (Bagnore4, Bagnore3, PC4, PC5, Rancia1 e Rancia2) e i dati di concentrazioni in aria ambiente determinati presso la stazione qualità dell’aria di Montecerboli: «L’analisi della concentrazione del tallio alle emissioni delle centrali geotermoelettriche evidenzia – dichiarano in proposito dall’Agenzia – che generalmente tali impianti non risultano fonti di produzione significativa di questo metallo».
Con più precisione, dai valori registrati «si evince che tutte le concentrazioni determinate, alle emissioni e nelle condense, sono risultate inferiori al limite di quantificazione analitica del metodo applicato (espresso come LOQ – limite di quantificazione) ovvero < 0,5µg/l (nella maggior parte dei casi il valore determinato sui filtri esposti risultava non distinguibile dal valore del bianco)».
Scendendo più nel dettaglio «tutti i risultati ottenuti risultano inferiori alla soglia di sensibilità del metodo (< limite di quantificazione), eccetto per il campione di gas-vapore in uscita dalla torre refrigerante della centrale di Bagnore4 Grp2 (aprile 2018). L’elaborazione del dato in concentrazione con la portata dell’aeriforme in uscita dalla torre, ha determinato un valore in flusso di massa di 0,03 g/h». Tenuti presenti i risultati fino ad oggi ottenuti, dall’Arpat osservano dunque che «si può ragionevolmente ritenere che le emissioni di tallio delle centrali geotermoelettriche siano non significative».
Lo stesso si può dire per la presenza di tallio in aria nelle aree geotermiche. Tutti i campioni raccolti presso l’abitato di Montecerboli (Comune di Pomarance) hanno dimostrato «concentrazioni di tallio inferiori alla sensibilità analitica del metodo applicato (espresso come LOQ – limite di quantificazione) ovvero < 0,5 µg/l (nella maggior parte dei casi il valore determinato sui filtri esposti risultava non distinguibile dal valore del bianco). Tenuto presente quanto sopra esposto, si può ragionevolmente ritenere che le concentrazioni in aria di tallio siano non significative».
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