Le emissioni sono sottoposte ad un sistema di monitoraggio in continuo, a sua volta valutato dall’Agenzia Regionale: una garanzia senza la quale la centrale non sarebbe incentivata
Tra i molti primati conseguiti dalla geotermia toscana la centrale Cornia 2, realizzata a Castelnuovo Val di Cecina, rappresenta una delle ultime e più ambiziose innovazione tecnologiche: inaugurato ufficialmente nel 2016, è il primo impianto al mondo a integrare le risorse geotermiche con biomasse a filiera corta.
Un risultato premiato quest’anno anche da Legambiente nell’ambito del suo report Comuni rinnovabili 2019, e che gode di incentivi dedicati a sostenere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili dal decreto del ministero dello Sviluppo economico 06/07/2012: un sostegno, però, tutt’altro che automatico, in quanto legato al rispetto delle condizioni dettate dal successivo decreto 14/04/17 in termini di sistemi di analisi/monitoraggio alle emissioni, nonché dei dati di monitoraggio relativi ai valori medi mensili degli inquinanti (ossidi di azoto, ammoniaca, monossido di carbonio, anidride solforosa, carbonio organico totale e polveri), rilevati ed elaborati in conformità alle prescrizioni dello stesso decreto.
E a garantire il rispetto della normativa è l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (ARPAT), in qualità di ente pubblico deputato all’effettuazione dei controlli.
Il Gestore dei Servizi Energetici (Gse), in base ai risultati delle verifiche di ARPAT, si occupa poi della quantificazione e del pagamento del premio tariffario.
Come dettaglia oggi proprio l’ARPAT «l’art. 9 del decreto 14 aprile 2017 prevede che, per l’accesso al premio, il gestore di impianti, con potenza termica nominale superiore a 15 MW, debba monitorare le emissioni utilizzando un Sistema di Monitoraggio delle Emissioni (SME) in continuo conforme alla norma UNI EN 14181, oltre alle prescrizioni previste dal Dlgs 152/06 e dalle norme regionali. Nella Provincia di Pisa è presente la centrale geotermica Cornia 2 il cui Gestore, Enel green power Spa, ha richiesto l’accesso al premio tariffario per l’impianto a biomasse a servizio della stessa» e dunque, a seguito della richiesta di accesso al premio tariffario, ARPAT nel mese di agosto 2018 ha avviato la verifica iniziale di idoneità del sistema di monitoraggio delle emissioni in continuo: il primo passaggio di un lungo iter che continua ancora adesso.
«L’esito positivo della verifica iniziale è stato comunicato da ARPAT al gestore dell’impianto ed a GSE. A partire dal mese di novembre 2018 il gestore ha iniziato l’invio periodico (bimestrale) dei dati di monitoraggio SME, che vengono verificati da ARPAT nelle modalità previste dal Decreto 14/04/2017 ed i cui esiti vengono inviati al gestore dell’impianto ed a GSE per la corresponsione del premio tariffario. La normativa prevede controlli successivi, presso l’impianto, finalizzati – precisa ARPAT – ad accertare la corretta applicazione nel corso del tempo delle procedure di calibrazione/taratura, garanzia di qualità dei dati e validazione delle misure e conformità alla normativa tecnica e nazionale».
Si va dalla verifica della congruenza tra i dati al minuto e le concentrazioni medie mensili con la valutazione dell’indice di disponibilità mensile delle medie orarie, all’accertamento del rispetto dei valori limite di emissione mensili (riportati nella Tabella al punto 1 di Allegato 5 DM 06/07/2012), all’acquisizione di chiarimenti e integrazioni quando se ne ravvisi la necessità.
In questo modo è l’organismo pubblico a monitorare la regolarità di un impianto che porta significativi benefici in termini di sviluppo sostenibile del territorio e innovazione tecnologica: alla centrale geotermica è stata infatti affiancata una piccola centrale alimentata a biomasse vergini di “filiera corta”, di origine forestale, prodotte in un raggio di 70 km calcolato in linea d’aria dalla collocazione dell’impianto, con un’attenzione particolare alla gestione e alla manutenzione della aree boschive: grazie alla biomassa, il vapore in ingresso alla centrale è surriscaldato per passare da una temperatura iniziale compresa tra i 150 e i 160° a una di 370 – 380°, cosicché aumenta la potenza netta per la produzione di elettricità sia per la maggiore entalpia del vapore, sia per il rendimento del ciclo legato alla minore umidità nella fase di produzione. Con una potenza di 5 MW incrementa la producibilità dell’impianto di oltre 30 GWh/anno e complessivamente l’operazione consente un risparmio ulteriore di CO2 che supera le 13.000 tonnellate annue; molto importante anche la ricaduta occupazionale che, tra gestione diretta e indiretta per il reperimento della risorsa nel processo di filiera corta, conta circa 30 addetti.
Secondo Legambiente tutto questo permette «un uso efficiente delle risorse residue dell’agricoltura e delle foreste e l’utilizzo di colture in aree marginali, nonché una maggiore attenzione al patrimonio forestale con prevenzione del danno idrogeologico. L’impianto di Cornia 2 è l’unico impianto misto geotermico/biomassa fino ad ora realizzato ed è esempio di completa integrazione tra le due fonti».