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Viaggio dentro la centrale geotermica

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Come funziona e quali rischi e opportunità offre Bagnore 3. Il Tirreno entra in esclusiva nell’impianto di Arcidosso

Fonte: Il Tirreno, Cronaca di Grosseto

Autore: Fiora Bonelli

Costruita lontano dai centri abitati, nel bel mezzo del verde della campagna fra Arcidosso e Bagnore, la centrale geotermica di Bagnore 3, che tanta polemica suscita da anni, a chi percorre la provinciale Arcidosso-Roccalbegna si presenta da lontano con i suoi inconfondibili pennacchi di fumo. Se ne parla continuamente di questa geotermia, che diventa mostro mortale oppure motore possibile di sviluppo della zona. Se ne parla molto, a proposito e a sproposito. Per questo abbiamo voluto toccare con mano ed entrare nel sancta sanctorum del cuore di Bagnore 3. Se si eccettuano le occasioni ufficiali della “centrale aperta”, entrare a Bagnore 3 è praticamente impossibile. Su appuntamento, qualcuno ti deve aprire il grosso cancello che si richiude subito alle tue spalle. E una volta dentro bisogna che qualcuno ti guidi e ti spieghi. Martedì mattina, a Bagnore 3 c’era Massimo Montemaggi in persona, responsabile geotermia di Enel Green Power col suo staff. Ed è lui che si è messo a disposizione per una visita e per rispondere a qualche domanda. La prima: questa è una centrale di ultima generazione? «Ogni centrale ha caratteristiche legate al periodo della sua costruzione – spiega Montemaggi – e questa risponde a pieno a standard attuali. Tanto che se la centrale di Bagnore 4 nascerà, sarà come questa, anche se perfezionata, con sistemi affinati, ma praticamente basata sugli stessi principi. Bagnore 3 ha, fra l’altro, un Amis che abbatte mercurio e idrogeno solforato. Per Bagnore 4, se la faremo, è stato previsto un altro Amis. Ma c’è necessità di trattare anche l’ammoniaca e dunque installeremo a Bagnore 4 un ulteriore abbattitore anche per l’ammoniaca, che servirà tutte e due le centrali». Praticamente si riesce a trattare e abbattere gran parte delle sostanze delle emissioni. Alcune, però, non sono regolate da norme, come il boro e l’ammoniaca, appunto. E si parla di tonnellate di sostanze inquinanti. «Per questo – spiega Montemaggi – vanno controllati con cura. Lavoriamo costantemente a cercare modi per ridurli e tenerli sotto controllo. Sono sostanze trascinate dal vapore che ricade in un raggio vicino alle torri di raffreddamento. Ma, in buona sintesi, noi abbattiamo le emissioni di gas per più del 90 per cento. Per questa ragione, e anche per il fatto che la geotermia si manifesterebbe ugualmente in modo naturale anche senza la presenza di impianti, possiamo affermare che la geotermia di Enel Green Power non fa emissioni aggiuntive come avviene in altri processi di combustione. E teniamo conto che Enel è leader nel settore, con un complesso geotermico fra i più grandi del mondo». Detto questo, però, chi controlla i controlli dell’azienda stessa? «La nostra è una politica di totale trasparenza. L’Arpat ha sempre, in ogni momento, accesso ai nostri dati. Il nostro modo di operare si è modificato. È una cultura che cambia, adesso i dati sono pubblici, noti e visibili nei monitor di diversi comuni. Abbiamo certificazioni di eccellenza, come quella Emas e Iso 14 2001». A guardare la centrale viene da chiedersi: quali sono, per la popolazione amiatina, le opportunità di crescita legate alla geotermia? Anche qui la risposta la dà Montemaggi: «Per Bagnore 4 si è valutato la ricaduta occupazionale di 90 persone, fra dirette e indirette. Il potenziamento della cessione di calore a prezzi favorevolissimi per i clienti, quasi a costo zero, per teleriscaldamenti, agroalimentare, infrastrutture per il territorio. Un incremento dei contributi, complessivamente 40 milioni di euro entro la scadenza della concessione». L’occupazione finisce con la fine della costruzione della centrale? «In parte. A lavori finiti – spiega Montemaggi – ci saranno una cinquantina di addetti fra diretti e indiretti, anche grazie a un progetto misto geotermia-biomasse. Ma resta tutta la parte della manutenzione per l’imprenditoria locale, e restano i nostri contributi per i comuni che li possono impiegare come input per iniziative anche lavorative». Al momento i dipendenti in loco sono 42 fra Bagnore e Piancastagnaio e sono in atto corsi di formazione per creare liste di figure a cui attingere. Ma l’Amiata cosa ci guadagna da questa ulteriore cessione delle proprie risorse? «La costruzione di Bagnore 4 può essere un punto di svolta per lo sviluppo della montagna e per tutto il tessuto economico locale. Un investimento di 130 milioni di euro non è cosa da poco per contribuire ai 5 miliardi di kwh annui che producono il 25% del fabbisogno toscano, con gli oltre 90 occupati per 5 anni tra addetti diretti e indiretti, oltre ad ulteriori 50 assunzioni nell’indotto geotermico toscano entro l’estate 2012 e 600 milioni di euro di investimenti nel prossimo quinquennio».